INCOMPRESI, IMBECILLI
di Max Bonfanti, filosofo analista
Che i muri delle nostre città e non solo quelli, siano diventati lavagne alla mercé di chiunque voglia sfogarsi è un dato di fatto, chi siano invece coloro che si sfogano sui muri è meno evidente.
Si dice sempre che non si debba fare d’ogni erba un fascio ed è giusto che sia così, quindi anche in questo caso è bene non generalizzare.
Il fenomeno non è nuovo, un tempo, quand’ero ragazzino i muri recavano scritte fatte col gesso, quando c’era, oppure con i pezzi di mattoni rossi trovati in giro per le strade; il loro significato era immediato: viva milan, viva inter, abbasso questo o quello o meglio ancora viva la figa. Bei tempi!
Ora le cose sono cambiate, non si scrive più col gesso ma con le costose bombolette spray e le scritte son per lo più incomprensibili ai più, ma molto chiare a chi le deve capire: forme, loghi che rappresentano qualcuno, che lo identificano e fanno dire “guarda che bravo, dov’è riuscito a scrivere”. Ma andiamo con ordine, questi ultimi rappresentano solo una categoria, quella degli incompresi e frustrati con la sottospecie degli imbecilli, cioè coloro che imitano imbrattando senza neppure sapere cosa fanno, credono che siano solo sgorbi fini a se stessi e per questi c’è solo la speranza che crescendo, magari con l’aiuto di un buon educatore, migliorino. I primi, invece, quelli appartenenti alla categoria degli incompresi, hanno avuto un’infanzia difficile, non potevano neppure fare la pupù dove volevano che subito qualcuno glielo proibiva, fosse solo quello, erano pure ignorati dai genitori troppo presi a lavorare com’erano. Ora finalmente possono imbrattare tutti i muri che vogliono e ci lasciano pure la firma come per dire: guardate, sono io, esisto! Diciamo che per questi un buon educatore non sarebbe sufficiente, avrebbero bisogno di un buon analista, poveri ragazzi. Poi ci sono i vandali per i quali tutto va bene, l’importante è lordare e distruggere, anche questo è un modo, seppure molto puerile e primitivo, per dimostrare la propria esistenza in mancanza di altre qualità. Costoro non si accontentano dei muri ma lordano i cartelli stradali, le piantine della metropolitana e tutto ciò che gli capita a tiro. Direi che per essi sarebbe utile il dantesco contrappasso per analogia. Rimangono i writers, i graffitari e gli artisti.
I writers, ossia quelli che scrivono qualcosa dal contenuto intelligibile segnano il limite di demarcazione, una sorta di spartiacque tra quelli bisognosi di un trattamento ri-educativo e l’inizio di chi possiede un certo senso artistico; potrebbero rappresentare una sorta di limbo. Le ultime due categorie, graffitari e artisti, in realtà vicini idealmente, si distanziano dalle precedenti in quanto non si limitano a coprire i muri ed altre superfici idonee con le loro opere, ma, per esprimere la loro presenza su questo mondo estrinsecano sentimenti e sensazioni più vicini al senso comune di arte: sono gli autori dei murales, si ispirano alla graffiti–art, il movimento artistico nato negli anni ’80 negli Stati Uniti e tra questi bisogna riconoscere che ci sono dei veri artisti.
Questo breve excursus nel mondo dei consumatori a go go di bombolette spray credo possa rispondere, almeno in parte, a coloro i quali si chiedono il senso delle scritte, dei disegni e degli scarabocchi; la speranza è che questa riflessione possa essere utile per un cammino verso una maggiore sensibilizzazione fautrice di un rapporto più civile con la Res Publica.