di Pina Arena
Era programmato da sei mesi l’avvio del decimo corso di formazione-docenti della Fnism di Catania (federazione nazionale insegnanti della scuola) sui temi della parità di genere, il decimo in dieci anni, per il 22 novembre, prima della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, per far sentire che di violenza e disparità bisogna parlare a scuola tutto l’anno, non solo in una giornata istituzionale.
S’intitola “Sguardi diversi per educare alla parità”.
Abbiamo sempre considerato “giusto” questo progetto di formazione-docenti , che fa incontrare a Catania, insegnanti di scuole italiane di diversi ordini e gradi, nato dalla ventennale sperimentazione di didattica della differenza di genere che un gruppo di insegnanti conduce a scuola, ponendo al centro la riflessione sui saperi.
L’ondata di indignazione e sgomento sollevata dal femminicidio di Giulia Cecchettin lo ha reso ora “necessario” per tante ragioni: per riiflettere su un bollettino di guerra che ci riguarda tutte e tutti, non si ferma, anzi si espande, entra anche nelle nostre scuole, nelle nostre aule; per ritornare sul tema-chiave del ruolo della scuola, educatrice di ragazze e ragazzi che saranno donne e uomini; per confrontarci su un’ indefinita educazione sentimentale che potrebbe e dovrebbe aiutare a destrutturare il disastro millenario del potere patriarcale.
Oggi torniamo a chiederci cosa avremmo potuto fare, cosa potremmo e dobbiamo fare perché la violenza contro le donne non entri nelle vite delle nostre ragazze, delle nostre figlie, nelle nostre vite.
Ora, qui, ce lo chiediamo da donne e uomini di scuola.
La Violenza contro le donne è una responsabilità sociale. È responsabile non solo chi agisce violenza ma anche chi non la vede o finge di non vederla, chi non la riconosce, chi tace, chi la nega, chi crede che non lo riguardi, che non sia affar suo.
La violenza sulle donne è un problema culturale e per questo chiama in gioco la scuola ed il suo ruolo: la scuola come luogo in cui i saperi aprono immaginari, educano emozioni e sentimenti, costruiscono relazioni\esperienze; la scuola come luogo in cui si costruiscono identità, che vorremmo libere, consapevoli e responsabili.
Se la violenza sulle donne è figlia di una millenaria cultura patriarcale, serve una rivoluzione culturale che senza scuola non può farsi e in cui la scuola deve avere un ruolo centrale, ma in cui ogni altro soggetto, politico o sociale, e la famiglia per prima, deve fare la propria parte, senza delegare, senza caricare o scaricare sulla scuola il proprio mandato, le proprie inadempienze, inadeguatezze e fragilità.
La scuola che lavora sulla parità di genere, contro la violenza sulle donne, c’è, ma opera a macchia di leopardo, con nessuna o poche risorse, spesso in forma volontaria, in nicchie di solitudine che scalfiamo con azioni formative spesso volontarie, riconoscendoci, tessendo reti informali, sperimentando il nuovo, provandoci.
Ma non basta. Serve far sistema, servono interventi strutturali che non devono lasciare indietro quello che è stato costruito, specialmente nell’ultimo ventennio. Non si riparte da zero.
Serve raccogliere le buone pratiche. Disseminarle e farne tesoro, aprire nuove collaborazioni, coinvolgere chi si apre ora a questa attenzione.
Ora La morte di Giulia , anche con la sua evidenza mediatica, sembra aver aperto una breccia: la riflessione sulla violenza maschile contro le donne è entrata per un giorno in tutte le scuole, da nord a sud , la lettera di Elena è stata letta in assemblee studentesche di mezza Italia, un minuto di silenzio è diventato urlo di denuncia in alcune università e in tante scuole; la violenza di genere è diventata oggetto urgente di dibattito politico, corre sui social .
Ma il punto non è solo che se ne parli, ma come e con quale linguaggio se ne parla.
Che non sia una vampata! Dipende anche da noi: chiedere e pretendere che sia l’inizio di una nuova rotta.
La nostra risposta, ora, è questa: un percorso di formazione-docenti, che ci accompagnerà per cinque mesi, da novembre ad aprile, per aprire, oltre lo sguardo unico patriarcale , sguardi diversi sui saperi che la scuola veicola: sul racconto del contributo delle donne alla storia e che la storia ha oscurato, zittendole, annullando il loro sguardo diverso, la loro visione di sé, del mondo e il loro contributo al mondo.
Pensiamo ad una scuola in cui l’educazione dei sentimenti e alla relazione non deve essere relegata ad un’oretta aggiunta, ma deve essere un progetto grande, strutturato e permanente al quale ogni insegnante e ogni insegnamento deve poter dare il suo contributo di saperi e immaginari; in cui l’educazione dei sentimenti passa attraverso il racconto mitologico, la fiaba, la letteratura, l’arte, la filosofia; la consapevolezza della fragilità dei diritti e delle riemergenti discriminazioni attraverso la storia e la geografia; il diritto di parità attraverso le storie delle donne di scienza e delle matematiche; una scuola in cui devono essere pane quotidiano la riflessione sul linguaggio sessista e l’uso consapevole e responsabile dei social anche in ottica di genere.
Con il nostro corso Intendiamo aprire spazi di riflessione in diversi ambiti disciplinari, che possano poi nutrire percorsi curricolari e di cittadinanza pari e tradursi in input e sollecitazioni per ripensare i centri del nostro insegnamento, espanderli con prospettive nuove: sono coinvolte le discipline dell’area storico-letteraria (parleremo di lettura e biblioteche in ottica di genere, della storia che ha fatto del corpo delle donne bersaglio e oggetto di violenza; della memoria femminile da far rivivere anche nei luoghi della città ); dell’area socio-linguistica (parleremo del sessismo linguistico attraverso i social; dei diritti delle persone nella famiglia che cambia e della fragilità genitoriale); dell’area scientifica (parleremo delle scienziate ambientaliste e dell’impegno delle donne per la cura dell’acqua); dell’area sociale (parleremo di violenza contro le donne, della responsabilità maschile e del progetto-pilota Pari Amore); dell’area tecnologica e informatica (parleremo di AI e capitalismo digitale in ottica di genere); parleremo, con Wikidonne, di espansioni digitali verso universi femminili prima innominati.
Una lezione peripatetica per la città, in ottica di genere, concluderà il percorso formativo per far emergere storie e sguardi di donne nello spazio che viviamo e per suggerire l’idea di un viaggio di formazione da fare insieme. Chi vorrà partecipare sarà accolto in questa esperienza di scuola, perché, come dice Luisa Muraro, scoprire e far scoprire e “sentire partendo da sé, che le donne esistono per se stesse, non come seconde, pari o complementari degli uomini, non solo cambia le donne, ma anche gli uomini, cambia la rotta e lo sguardo di ogni ragazza e di ogni ragazzo”. Cambia il mondo o, almeno, ci prova.