VIAGGIO A CUBA – febbraio 2024
di Rossana Piasentin da roxabroad.blogspot.com
Parte 1: La Habana
Erano un po’ di anni che accarezzavo l’idea di fare un viaggio a Cuba e finalmente, a febbraio di quest’anno, sono riuscita a programmarlo. Ho scelto di soggiornare in hotel e non in casas particulares e di affidarmi alla guida esperta di più autisti che mi hanno accompagnato per le strade, a volte molto sconnesse e mal segnalate (ho visto pochissimi cartelli stradali) in tutto il soggiorno, lasciandomi il tempo di parlare con la guida, di approfondire la storia e l’economia cubana (cosa non semplice) e di godermi il paesaggio.
E quindi eccomi qui, rientrata alla base, con tante cose da raccontare su Cuba… che non so da dove iniziare.
La Habana è grande e la parte splendida, anche se a tratti fatiscente, è Habana Vieja.
Alcune delle costruzioni sono state ristrutturate utilizzando colori vivaci che già da soli rendono allegra la via, altre invece no, ma ne percepisco comunque il fascino.
Girando per le strade (ho superato me stessa, 11,8km!) si incontrano persone sorridenti che ti approcciano e ti propongono cose o attività che, se non ti interessano, declini senza che insistano come mi era capitato, ad esempio, in Egitto o in Marocco. L’arte di arrangiarsi è necessaria per vivere a Cuba. Uno stipendio medio basta per 1 giorno, poi la gente si deve inventare qualche espediente per arrotondare. Il governo fornisce tessere (libretas) per acquistare il cibo a costo di lunghe code in negozi dove spesso scarseggia la merce e chiude un occhio sulle occupazioni abusive di case fatiscenti dove però la luce e l’acqua (più o meno) ci sono. Chi sta bene é chi lavora con i turisti o chi fa il taxista, che fino a una certa ora lavora per lo Stato e poi per sé stesso.
La musica è nell’aria. Davanti ai bar, in cui spesso ci sono band che suonano, la gente balla, da sola o in coppia e segue il ritmo di una musica allegra e coinvolgente che ti costringe a muovere piedi e fianchi e a sorridere.
Ecco perché Habana Vieja, nonostante le sue casa diroccate, non mi ha fatto tristezza, come invece era successo a São Luís in Brasile (ma di questo parlerò altrove) ma, al contrario, mi ha affascinata.
In questa stagione il tempo cambia velocemente, inutile guardare le previsioni, ho capito che al mattino dovevo uscire attrezzata per affrontare tutte le variabili climatiche, dal sole cocente alla pioggia torrenziale con tempesta di vento annessa, e anche il giro per La Habana con una delle splendide macchine decapottabili è andato bene …a metà
Per le strade de La Habana
Molo di attracco delle grandi navi da crociera, quando Obama aveva aperto le frontiere con Cuba. Adesso è in disuso, all’interno c’e un mercato con banchetti che offrono gli stessi manufatti e un grande spazio dove i bimbi giocano a pallone, soprattutto quando piove.
Un grattacielo moderno, meno fascinoso delle costruzioni antiche e il Malecón, il lungomare de La Habana
Se mi chiedete dove ascoltare musica mentre si mangia o soprattutto si beve qualcosa, beh ci sono due risposte giuste: El Floridita e La Bodeguita del Medio, due luoghi storici, frequentati da Hemingway (oltre che noto scrittore, noto bevitore). Come sono entrata al Floridita, è stato subito amore: musica coinvolgente, ritmi latini, gente che balla e daiquiri a profusione. Del resto é stato inventato qui negli anni 30 dal proprietario del bar. Hemingway ne era gran consumatore e si dice abbia detto “My mojito in La Bodeguita, my daiquiri in El Floridita”
Un’altra cosa mi ha colpito a La Habana: il Parque Almendares, con piante secolari e soprattutto strani tipi che seguono la religione Joruba e praticano riti con galli e altre stranezze. Scopro che, in questo sincretismo religioso, gli schiavi neri avevano trovato delle corrispondenze tra i nostri santi e le loro divinità, così San Lazzaro era il loro Babaluayè. Insomma era un modo per seguire la religione cristiana a cui erano costretti e non abbandonare le loro credenze che invece li facevano sentire liberi. Ancora oggi si fanno riti uccidendo delle galline. Se hanno le penne bianche, sono riti “buoni” se hanno le penne scure, beh, allora sono un po’ come le macumbe e sui sentieri che ho percorso ho trovato penne sia bianche che nere….
Chissà che rito stavano facendo a quel bimbo con una cuffietta che gli copriva la testa…
Parte 2: Inizia il viaggio con i racconti mentre si raggiungono Viñales e Cienfuegos
La strada è lunga e abbastanza dissestata, dovrebbe essere l’autostrada! Vedo gente sotto i ponti che aspetta un passaggio con il pullman (sempre che passi) o con l’autostop (a pagamento, a discrezione), infatti molti mostrano il denaro che hanno in mano tendendo il braccio. Insomma, invece del classico pollice, qui c’e la banconota.
Ovviamente c’è uno stop in una coltivazione di tabacco dove i sigari sono fatti tutti a mano. Per quello costano cifre senza senso: 15$ l’uno per quelli grandi. In realtà la guida mi spiega che quello è un ottimo prezzo perché fuori costano più del doppio. Mi regalano un sigarillo da signora, e mi consigliano di fumarmelo in hotel con un buon bicchiere di rum, cosi fanno le vere cubane!
Il viaggio prosegue e sul margine dell’autostrada si vedono delle piccole casette colorate nella vegetazione: sono le posadas, volute da Fidel perché le persone senza casa avessero un posto dove poter fare l’amore. Certo non erano gran cosa, dice la guida, ma era pur sempre meglio di niente.
E, altra scoperta sempre a lato dell’autostrada, un villaggio (bruttino, fatto di case cubiche che niente hanno a che vedere con quelle vecchiotte ma comunque fascinose dell’Avana) costruito dalle brigadas. Queste erano formate da persone che partecipavano alla costruzione come secondo lavoro. Se, alla fine, avevi lavorato bene, Fidel ti regalava uno degli appartamenti, ma era un po’ una lotteria, quindi potevi aver lavorato bene ma non ricevere il premio. La guida diceva che moltissime persone partecipavano a queste brigadas, anche lui ci aveva provato ma non era bravo.. quindi niente casa.
Alla fine si arriva nella valle di Viñales, patrimonio dell’Umanità. Punteggiata da buffe colline a forma di panettone chiamate mogotes. Il panorama incredibile. È l’unica zona di Cuba con fenomeni carsici e, come tutte le zone carsiche che si rispettano, anche qui c’e un fiume ipogeo da navigare!
Rientrando a La Habana, ci fermiamo per vedere un gigantesco graffito che si trova sul fianco del Mogote Dos Hermanas, è il murale de la Prehistoria di Viñales e racconta l’evoluzione: si vedono popolazioni indigene, dinosauri e molluschi. E’ un’opera progettata dall’artista cubano Leovigildo González Morillo, un allievo di Diego Rivera ma realizzato dai contadini. Ci hanno impiegato circa 5 anni per concluderlo.
Cienfuegos è una cittadina pulita e ordinata con una passeggiata piena di negozi (sembra di essere in riviera!)
e con il Teatro Tomas Terry, un gioiellino dell’architettura caraibica dove Caruso cantò l’Aida. Per averlo a Cuba gli avevano offerto una cifra stratosferica, pare 10.000$, mai nessuno aveva percepito simili cachet.
A proposito del fatto che a Cuba ci si deve arrangiare per sopravvivere, tenendo presente che lo stipendio base è 1400 cup al mese (pari, al cambio ufficiale, a poco più di 10 euro), a Cienfuegos sono entrata in un negozio governativo, quindi con prezzi controllati e ho fatto qualche foto per ricordarmi i costi delle cose:un divano 46.125 cup (369 euro)due sedie in paglia di Vienna 16.800 (134 euro)un letto da bimbi 13.080 (105 euro)
Alcuni di questi oggetti sono nuovi e altri usati (tipo le sedie e il lettino).Altra cosa, a Cuba non si può comperare nulla a rate, o hai quello che ti serve per pagare o non comperi, vale per tutto: case, macchine, mobili…
Ci sono poi negozi particolari come il Progreso Cubano, dove puoi andare a fare acquisti se per caso sei stato pagato, per un tuo lavoro, in valuta pregiata, supponiamo dollari. Questi dollari non vanno sul tuo conto normale, ma vengono trasformati i MLC (moneda libremente convertible) previa decurtazione da parte del governo del 30/40%, che puoi spendere solo in certi negozi, dove peròacquisti quantità precise di cose, come si vede nel tabellone appeso fuori dal negozio.
Oltre a tutto ciò ci sono negozi privati dove ovviamente puoi trovare di tutto, basta pagare.
Ah, a La Habana avevo fatto foto agli scaffali di una farmacia, desolantemente vuoti, ecco perché qualche donna per strada mi ha chiesto non soldi ma paracetamolo… oggi me lo porto nella borsa.Insomma, non semplice vivere qui, se sei un cubano..
Parte 3: Trinidad
Trinidad, altro Patrimonio Umanità. Cittadina fondata nel 1514 dagli spagnoli, veramente una delizia. Le strade del centro storico sono tutte a ciottoli, la vita scorre lenta (anche perché è impossibile correre, su queste strade), poche macchine, qualche moto, biciclette o carretti trainati da cavalli. Insomma si ripiomba indietro negli anni, alla vita coloniale, quando Trinidad era fiorita sfruttando gli schiavi nelle coltivazioni di canna da zucchero. Ci sono molte case dei ricchi proprietari terrieri, oggi diventate musei e anche ricordi su come erano trattati gli schiavi…
Una cosa mi ha colpito a Trinidad, tutte le case (nella parte del centro storico), anche quelle normali, intendo non appartenute a nobili, hanno dei pavimenti incredibili: le piastrelle colorate creano disegni splendidi.
Il giro nella parte nuova della città fa passare un po’ la poesia. Le case sono meno in ordine e ritroviamo quei “cubotti” costruiti dalle brigadas, con un murale (un po’ sbiadito, a dire il vero) che inneggia alla rivoluzione.
Parte 4: Cayo Santa Maria
Lungo la strada mi fermo a quella che è stata la grande piantagione della canna da zucchero della famiglia Iznaga Masnaga al tempo degli schiavi e salgo su un’alta torre costruita vicino alla residenza dei padroni che così potevano controllare il lavoro degli schiavi. La visione dall’alto in effetti è a perdita d’occhio, potrebbe essere bellissima, ma mi fa tristezza pensare alla funzione di questa costruzione. Oggi sulla strada per raggiungerla ci sono tanti banchetti di donne che offrono i
loro manufatti: tovaglie, gonne, camicie e una quantità di abitini per bimba, tutto rigorosamente bianco ma ricamato di tutti i colori. Mi informo, il prezzo è di 10 euro o 10$ (qui a Cuba hanno lo stesso valore), non resisto e ne compero 2 per le nipotine, facendo la felicità della signora che li vendeva.
Altra fermata d’obbligo a Santa Clara per visitarela Plaza de la Revolución
dove Fidel teneva discorsi anche di 4/5ore (aiuto! Penso…) e dove c’è il memoriale del Che con la sua tomba e quelle di altri rivoluzionari. Si deve entrare togliendo il cappello (gli uomini), un visitatore è stato redarguito perché lo aveva in testa, non si può parlare né fotografare per rispetto. C’è anche un museo con foto, lettere, armi e oggetti appartenuti a lui e a qualche soldato delle brigate, molto interessante. Da giovane, quando ancora non aveva quella barba un po’ da capretta, era veramente bello con un viso moderno. La sua vita è stata dedicata alla guerriglia. Dopo Cuba e l’amicizia con Fidel, è stato inviato a combattere in Angola, Congo e Bolivia sempre con l’intento di liberare le popolazioni. Però ha sempre trovato un grande problema nel comunicare e spesso i locali non lo capivano e quindi non lo aiutavano come lui si sarebbe aspettato.
Dopo aver dimostrato all’ingresso che avevamo una prenotazione confermata,
l’arrivo al Cayo Santa Maria avviene percorrendo il Pedraplén, una quarantina di ponti che uniscono diversi isolotti. La strada sembra correre al livello del mare e non è sospesa sull’acqua come mi sarei aspettata.
E qui inizia la mia vacanza di relax, fatta di bagni, sole e tramonti, seguendo il ritmo delle maree e passeggiando sulla lunghissima spiaggia che mette in comunicazione diversi hotel (che per fortuna non si vedono).
Devo dire che, all’arrivo il mare non sembrava per niente caraibico, era arrabbiatissimo perché c’erano state perturbazioni importanti. Sulla spiaggia abbiamo trovato coralli strappati dalla forza delle onde e anche una quantità di caravelle portoghesi che mi hanno fatto letteralmente passare la voglia di fare anche un piccolo bagno.
Ma poi il tempo è migliorato e le acque si sono calmate, i colori dono diventati quelli tipici, e ho fatto pace con l’oceano.
Parte 5: Notizie pratiche
Gli hotel, anche di categoria alta, non sono paragonabili ai nostri. Se si soggiorna a La Habana, all’Iberostar Parque Central (posizione ottima per muoversi a piedi nella parte vecchia) fatevi dare stanze nella parte vecchia (quella che sta sopra la hall centrale, per intenderci) che pero è stata ristrutturata di recente e quindi tutto funziona bene, mentre nella parte che loro chiamano ‘nuova’, le stanze sono piuttosto vecchie e rovinate. Tra l’altro, per raggiungere questa parte, si deve fare un tunnel sotterraneo o altrimenti uscire dall’hotel e rientrare in un’altra hall nella strada di fianco.
Non si mangia particolarmente bene a Cuba, la cosa migliore è la ropa vieja una specie di stufato di straccetti di carne (maiale o pollo o altro) accompagnati di solito da patate dolci e congris (un riso con fagioli neri). Se però a La Habana volete provare una cucina di livello superiore, il ristorante Ivan Chef Justo (costa quasi come in Italia), propone piatti particolari e innovativi e si può anche cenare sulla terrazza, posto delizioso.
La musica è ovunque, ma se si vuole ascoltare bevendo daiquiri e ballando tra i tavoli, allora è d’obbligo El Floridita, se invece si preferisce il mojito, allora andate alla Bodeguita del Medio.
Se cercate una guida che parli italiano e che sappia tutto, ma proprio tutto della storia cubana, chiedere di Alvaro all’agenzia cubana Por Cuba, si sono dimostrati efficienti ed affidabili.
A Trinidad soggiornare all’Iberostar Gran Trinidad, piccolo e tenuto benissimo.
Al Cayo Santa Maria ero al Melia Buenavista, niente di spettacolare ma, da quanto ho visto, il meglio sul Cayo anche perché ha tre spiagge: una per aspettare la puesta del sol, il tramonto tra musica e bicchieri di spumante, una per godersi il mare (che però è un po’ basso) e un’altra per nuotare, a scelta.
Cambiare pochi soldi, non servono più di tanto perché tutti preferiscono essere pagati in euro o dollari. Per di più il cambio ufficiale è decisamente poco vantaggioso, in compenso cambiare per strada (le offerte sono frequenti) è pericoloso. E’ stata la prima cosa che mi ha detto la guida!
Considerazioni
Questi 15 giorni di viaggio sono stati un’esperienza. Non ero andata a Cuba per il mare (ne ho visti di molto meglio, anche in Italia) ma per conoscere un Paese che mi sembrava ancora vivere nel ricordo del Che e di Fidel e per capire come la popolazione si rapportava a questo ricordo.
Beh, c’è grande rispetto per il passato, ma l’apertura all’iniziativa privata, attuata per permettere la sopravvivenza, sta dando un colpo micidiale all’economia che ora è al collasso. Chi può, tenta di andarsene: le ragazze sorridono spesso ai turisti anche in età, perché li vedono come possibili aiuti per una vita migliore in altre parti del mondo, i ragazzi vanno in Messico e da lì tentano di entrare negli USA clandestinamente, sperando nella fortuna. Se vengono presi, c’è il carcere e poi il rimpatrio.
Pare ci sia corruzione al governo e le elezioni non sono viste come una possibilità di cambiare le cose.
Detto questo ci tornerei? Direi di si, mi manca tutta la parte centro orientale da visitare e i cubani sono solari, nonostante tutti i loro problemi.