di Gianna Melis
Non è la Festa della Donna, ma la Giornata internazionale della donna o meglio ancora la Giornata internazionale dei diritti delle donne.
Negli Stati Uniti viene celebrata dal 1909, in alcuni paesi europei intorno al 1911, in Italia venne celebrata la prima volta l’8 marzo del 1922. Purtroppo ora sta diventando la Festa della donna, al pari della festa del papà e dei nonni, dimenticando che è nata come Giornata internazionale dei diritti delle donna, perché la ricorrenza non è una festività, ma una giornata che deve invitare a una riflessione sull’importanza della lotta per i diritti delle donne.
L’8 marzo deve restare la giornata delle donne che lottano per la loro emancipazione, per le conquiste sociali, economiche, politiche e per non dimenticare le battaglie ancora aperte sull’uguaglianza di genere, le discriminazioni sul lavoro e fuori, i diritti ad essere o non essere madre e la violenza quotidiana sulle donne. Secondo le previsioni -ottimistiche – dell’ONU se tutti gli stati si impegnassero si potrebbe raggiungere la parità di genere entro il 2030.
Purtroppo ora l’8 marzo è diventato il giorno in cui le donne si trovano con le amiche per andare insieme in pizzeria o al cinema. Gli uomini regalano alle donne i mazzetti di mimose profumate e per un giorno vogliamoci tutti bene. Non è così che si deve celebrare l’8 marzo.
Non si può dimenticare che la pandemia ha acuito i divari di genere e le donne hanno pagato il prezzo più alto, ad esempio rinunciando al lavoro per sopperire ai carichi familiari e di cura.
Festeggeremo l’8 marzo quando saranno riconosciuti i nostri diritti, quando non dovremo più scegliere fra lavoro e figli, quando le nostre libertà, come il diritto all’aborto sicuro e il diritto a uscire la sera senza rischiare la vita non saranno più messi in discussione, quando da anziane potremo sentirci ancora parte della collettività, quando potremo vivere in luoghi sicuri con servizi adeguati. E quando gli uomini si assumeranno la responsabilità di cambiare la cultura sessista e patriarcale e capiranno che la violenza non è amore e che se una donna dice NO è NO.
Non regalateci mimose, vogliamo i diritti.