di Mariacristina Paselli (lifecoach)
Dal 17 febbraio al 16 giugno è aperta a Bologna, nella splendida cornice di Palazzo Pallavicini, la Mostra “STREGHERIE”.
Si articola in dieci stanze scenari, partendo dalla tradizione mitologica per arrivare alla definizione di strega in epoca moderna. La visita inizia facendo vivere allo spettatore un vero processo per stregoneria del 1539.
Le donne accusate di stregoneria venivano sottoposte a processi sommari e dopo terribili torture sempre venivano condannate, erano giudicate streghe e morivano arse vive sul rogo. In questo modo ne morirono a migliaia in Italia e in Europa.
La storia della stregoneria ha origini molto interessanti e tragiche.
Già il termine “strega” ancora oggi è dispregiativo, significa femmina malvagia, cattiva e maligna.
Alcuni studiosi affermano che le streghe erano semplicemente donne rimaste vedove quindi senza mezzi di sussistenza, in quanto col matrimonio la loro dote veniva interamente versata dalla famiglia d’origine al marito che la inglobava nei suoi beni o donne ripudiate dallo sposo. Queste, non avendo altra scelta né possibilità di vita,si ritiravano a vivere in piccole comunità interamente femminili, ai confini del contado, confini che erano caratterizzati da boschi o radure.
Donne sole, nubili o vedove, sterili, povere, vecchie, straniere, depresse, guaritrici, malinconiche, la casistica poteva essere varia, erano tutte donne senza uomini, senza protezione, erano spesso giovani, ma anche in età avanzata ed erano considerate delle streghe.
Nei boschi imparavano a curarsi e a curare la gente che si rivolgeva loro con le erbe, vivevano la notte, il giorno si nascondevano in rifugi occasionali o grotte, si aggregavano in piccole comunità solo femminili composte da tante come loro,estromesse e isolate dal gruppo sociale dominante.
Era facile quindi vederle accendere, nei freddi inverni, fuochi improvvisati e sottrarre pazienti ai medici ufficiali, le cui cure erano troppo costose per la gente comune, molto povera.
Rappresentavano quindi una temibile concorrenza e formavano un gruppo sociale fortemente alternativo, coeso, solidale, divergente e socialmente altruista.
Ragione per cui troppo spesso finivano bruciate nelle piazze con l’accusa di avere legami col maligno. Non era pensabile che una donna potesse conoscere i rimedi della medicina né potesse sopravvivere da sola ai margini della società, senza la protezione di un padre o fratello o marito, comunque di un essere maschile.
Oggi che la società maschilista sta subendo un certo declino si teme ancora la donna sola o single e la si considera con diffidenza e qualche sospetto.
La single spesso è una donna che non si attiene ai modelli tradizionali, è autonoma e si gestisce, non rientra in canoni consolidati, economicamente è indipendente e può scegliere anche di essere madre senza avere accanto un uomo.
Tutto questo può far paura perché questo modello femminile non è sempre socialmente accettato e riconosciuto.
Anche le donne sole tra il 1200 e il 1600 erano modelli non riconosciuti dalla società quindi venivano emarginate e eliminate.
Oggi anche le donne che rifiutano di continuare il legame con un marito o fidanzato e preferiscono star sole, spesso vengono uccise perché non è data loro la libertà di decidere quando e chi amare o non amare.
M.Lagarde definisce il femminicidio una forma estrema della violenza di genere contro le donne, prodotta dalla violazione dei diritti umani in ambito pubblico e privato attraverso varie condotte misogine come i maltrattamenti, la violenza fisica, psicologica, sessuale, educativa, sul lavoro ed anche economica.
Ci siamo evoluti, ma abbiamo ancora molta strada da fare per ottenere la parità di genere.
Noi streghe non ci innamoriamo: lo vieta
Il giuramento a Lilith
Nemica di Adamo. Ce lo impedisce
il più austero dei voti:
quello della libertà. La storia decise
che la libertà spettava agli uomini, alle donne
una porzione piccina,
il minimo per respirare. Perciò molte donne
si fecero streghe:
per avere più libertà.
(Da “Il latte buono” di Anna Ventura)