Regia di Anna Novion
con Ella Rumpf, Clotilde Courau, Jean-Pierre Dorroussin, Julien Frison, Sonia Bonny
In sala dal 28 marzo
Cammina per i corridoi della Scuola Normale Superiore fissando da dietro gli occhiali un punto che vede solo lei, calza pantofole di panno verde, “perché sono comode”, spiegherà poi come se fosse la risposta più ovvia del mondo. Margherita è indifferente al mondo che la circonda e alle convenzioni sociali, potrebbe essere una mistica medioevale ma la sua visione non è Dio, bensì la soluzione del Teorema di Goldbach, ancora oggi una meta agognata da ogni matematico. La protagonista del film di Anna Novion, è una dotata studentessa di matematica e la sua passione-ossessione è così radicata e potente da far pensare che sia affetta dalla sindrome di Asperger. Con la sua camminata infantile, rigida e impacciata, così diversa dalla disinvoltura seduttiva delle sue coetanee, sembra voler tenere lontani gli altri, i maschi soprattutto, perché la cura di sé e la femminilità sono una distrazione dal suo unico obiettivo che è anche un dovere, un riscatto.
La matematica è un campo ultra-competitivo. I ricercatori sanno di appartenere ad una élite e nei momenti di massima concentrazione è facile sbandare, persino ammalarsi, perché si è barricati, isolati in un mondo incomprensibile per gli altri.
Avere scelto una protagonista così anomala e aver osato filmare lavagne coperte di eleganti formule simili a geroglifici è sorprendente, anche perché la sfida è riuscita e la personalità di Margherita non solo incuriosisce lo spettatore ma lo fa affezionare a questa ragazza così eccentrica, così come si viene stregati dalla forma delle formule paragonabili a un’opera d’arte. Essere riuscita a raccontare il fascino misterioso della matematica, la bellezza della ricerca e averla resa contigua alla poesia è un’altra delle scommesse, vinte, del film.
Il viaggio della nostra eroina, come ogni viaggio che si rispetti, è però irto di ostacoli, il professore da cui si aspetta una comprensione paterna la tradisce, il grande giorno della dimostrazione della tesi davanti a un’aula gremita di studenti naufraga per un banale errore ed ecco che l’orgogliosa Margherita butta all’aria tutto, lascia la scuola e affronta il mondo, trovandosi a dividere la casa con una ragazza che è quanto di più lontano si possa immaginare da lei: una ballerina. Una donna che fa affidamento sul corpo quando per Margherita è sempre esistita solo la mente e anzi il corpo le è sempre apparso un impaccio e un impiccio per i suoi obiettivi. Le granitiche certezze e i muri che aveva costruito come difesa si sfarinano quando dovrà affrontare la vita pratica e lo farà con azioni tanto razionali quanto buffe, sia nella ricerca del piacere che nel nuovo mestiere, perché si manterrà col mah-jong, un gioco d’azzardo che ha qualche somiglianza col poker e in cui i matematici eccellono.
Un film eccentrico, quello della regista francese che ci ha lavorato per anni, con la stessa ossessione che la sua protagonista dimostra per la sua materia di studio, e ha voluto come consulente una vera matematica, Ariane Mézard. Gli attori hanno frequentato la Scuola Normale Superiore per familiarizzare con l’ambiente. Tutte le formule sulle lavagne sono esatte, anche se noi, comuni mortali, non avremmo certo notato la differenza se fossero state vergate a caso. Quello che colpisce in questo lavoro così particolare è anche la capacità di raccontare la bellezza della matematica, la sua eleganza, la sua arte: risolvere un teorema è paragonabile alla progettazione di un palazzo, alla pittura di un affresco, alla scrittura di un buon libro. O alla realizzazione di un bel film. Ancora più interessante poi riuscire a fondere l’aspetto scientifico col romanzo di formazione.
Margherita, interpretata in modo così convincente da Elle Rumpf da averle fatto vincere il César (l’Oscar francese) come miglior rivelazione femminile, è un’eroina che si ritaglia un suo spazio assolutamente originale fra le donne del cinema più recente.