Regia di Margherita Vicario
con Galatea Bellugi, Carlotta Gamba, Veronica Lucchesi, Maria Vittoria Dallasta, Sara Mafodda, Paolo Rossi, Elio, Natalino Balasso, Anita Kravos, Vincenzo Crea
In sala dall’11 aprile
Tre stelle e mezzo
Margherita Vicario ha 36 anni, è la nipote di Marco Vicario, regista e produttore di 7 uomini d’oro che poi sposò Rossana Podestà, in un sodalizio sentimentale e professionale frequente nel cinema degli anni 60. Margherita non ha però bisogno di esibire i suoi natali, perché come attrice, cantautrice, musicista e regista ha saputo farsi conoscere e questo suo primo lungometraggio, presentato al Festival di Berlino, ci fa pensare che sentiremo parlare molto di lei in futuro.
Gloria! è un film sorprendente e ambizioso, ha il ritmo vivace di un minuetto che fa colonna sonora a un’atmosfera di orgoglio femminile misterioso e magico, come se le adolescenti di Picnic a Hanging Rock si fossero trasferite in un orfanotrofio veneziano del 1800.
Cimentarsi con un film in costume dimostra una buona dose di coraggio, puntellarlo poi di suggestioni pop ispirate ai lavori di Sofia Coppola e Susanna Nicchiarelli lo fa diventare temerario e scegliere per protagonisti maschili uomini da cabaret come Paolo Rossi, Natalino Balasso e Elio delle Storie Tese irradia sul progetto una spolverata di follia.
Di orfanotrofi finanziati da nobili generosi ce n’erano molti all’epoca e in alcuni le ospiti imparavano assieme all’economia domestica anche la musica ma nessuna di queste ragazze, neppure quelle col maggior talento sono mai uscite dall’anonimato. Ed è proprio a queste artiste sconosciute che il film vuole rendere omaggio, regalando loro quello che in vita non sono riuscite a conquistare.
Teresa è la serva, la ragazza più maltrattata, da tutti conosciuta come La Muta, perché le donne devono solo tacere. Ignorata da tutti ha una grande sensibilità, è bravissima coi bambini e ha il dono dell’orecchio assoluto. Per lei il mondo è musica e nella sequenza d’apertura vediamo il mondo chiuso dell’orfanotrofio coi suoi occhi: ogni azione, dalla preparazione dei pasti alla pulizia degli spazi al lavaggio della biancheria concorre a comporre un’unica sinfonia. Perché ogni suono e anche ogni rumore se lo ascolti nel modo giusto può diventare musica.
Il maestro è un prete (Paolo Rossi), prepotente, meschino e con molti scheletri nell’armadio. Autoritario e violento insegna a suonare gli strumenti umiliando ogni alunna e il suo umore peggiora quando gli viene chiesto di comporre le musiche per un concerto in onore di Pio VII, fresco di nomina papale che a breve sarà in visita a Venezia.
Se il sacerdote manca di ispirazione ne hanno però in abbondanza le sue allieve, soprattutto Teresa che scopre nelle cantine un prezioso pianoforte e inizia senza conoscere nulla di note né di spartiti a scoprire la bellezza che scaturisce dai tasti. A lei si uniranno altre quattro allieve, legate in un rapporto dove complicità e invidia vanno di pari passo, sentimenti che sapranno stemperarsi in una sorellanza femminile quando arriva il momento di far fronte comune.
Non voglio dire nulla di più sulla trama, dove a ritratti dickensiani si alternano sentimenti alla Jane Austen e le parole di Mademe de Staël, ma ancora di più la voglia di piegare la Storia ai nostri desideri. Quello che vuole raccontare Margherita Vicario non è la Storia come è andata ma come avremmo voluto che andasse, memore della lezione di Tarantino da Bastardi senza gloria in poi.
Leggerezza, musica, vivacità, sogno, voglia di riscatto, orgoglio femminile e l’attenzione pittorica per le inquadrature fanno del film della giovane regista una piccola perla.