‘‘Di cibo e di amore” è l’ultimo libro di Marta Ajò.
Ne ha scritti molti altri e su questo magazine da tempo interviene con le sue opinioni politiche sulla parità di genere.
Ho letto volentieri il suo libro: è una storia di noi donne e mamme piena di dolore e consapevolezza. Tocca un problema che affrontano molte genitrici (e genitori) che hanno figlie che, rifiutando il cibo, conducono in continuo la loro vita in bilico tra vita e morte.
A risentirne per prime, proprio loro, le madri che le hanno nutrite con il latte (al seno e artificiale) poi con le pappine e poi coltivando e nutrendo il loro intelletto.
Percepiscono che il rifiuto del cibo è come rigettare loro stesse. Si sentono colpevoli, cercano di curarle, imboccarle, essere loro vicine sperando con la loro presenza di sollevare loro il morale e condurle fuori dalla malattia.
Ma anche l’amore che mettono a disposizione in ogni modo queste madri, spesso riceve un altro rifiuto da parte della figlia. Anche se esse stesse farebbero di tutto per la figlia malata, rinunciando anche alla propria vita di ogni giorno. Forse e addirittura, preferirebbero vederla morta piuttosto che svanire nel corpo e nella mente un po’ alla volta.
L’ ‘autrice conferma che nel libro non c’è nulla di autobiografico, ma credo che per essere così dolente, il suo romanzo riporti molto del vissuto di qualcuno da lei conosciuto e vicino.
Dunque iI terreno di confronto in questo romanzo si agita attorno ciò che producono realmente cibo e amore, in quali modi essi possano alimentare corpo e anima, in quali modi possano trasformarsi in dolore.
Molto difficile uscire dalla malattia di cui soffre la figlia, che entra ed esce continuamente dagli ospedali. Problematiche di cui si fa carico la madre, sola davanti a questo grande ostacolo da risolvere. Il padre non appare mai come se i figli non si facessero in due.
Entrambe le protagoniste cercano entrambe di sopravvivere: anche la madre ha le sue fragilità e non ha nessuno a cui appoggiarsi.
E’ un romanzo forte e delicato pieno di consapevolezza da parte dell’autrice e di scoperte emotive spesso inaspettate.
Sullo sfondo del libro c’è la Roma colma di macchine , di traffico e di indifferenza della gente come succede spesso in molte metropoli.
Quella di Marta una narrazione di donne molto libera sia nella struttura che dagli stereotipi.
E’ un libro che invita alla lettura per la sua scorrevolezza e profondità. Il finale poi è aperto alla speranza.