Nell’ultimo periodo, sui social, si stanno evidenziando due tendenze: quella proveniente da Oltreoceano delle Trad Wives, donne che raccontano la loro vita di casalinghe entusiaste che si occupano esclusivamente di marito, figli e casa, con un rassicurante stile anni 50 e l’altra costituita da ragazze molto giovani e popolari sul web che, in qualità di influencer, esaltano e promuovono come unico valore quello della bellezza, quale chiave per essere scelte e mantenute largamente da un uomo facoltoso.
Nell’ultimo periodo, sui social, si è fatto notare un trend proveniente da Oltreoceano: quello delle Trad Wives, donne che raccontano la loro vita di casalinghe entusiaste che si occupano esclusivamente di marito, figli e casa, con uno stile patinato e rassicurante che ricorda molto quello delle donne anni cinquanta.
Accanto a tale tendenza se ne evidenzia un’altra, più nostrana di ragazze molto giovani e popolari sul web che, in qualità di influencer, esaltano e promuovono come unico valore quello della bellezza intesa nel senso più esteriore, omologato, mercificato e deanimizzato.
Tale culto dell’esteriorità ha come fine principale l’essere scelte da un uomo facoltoso che le ripaghi generosamente per tanta magnificenza, foraggiandole con denaro a sufficienza per non lavorare e continuare ad occuparsi del proprio aspetto, elargendo al contempo dispendiosi regali per mantenere alto il di lei “slancio” nei suoi confronti.
“E’ normale che provveda a me”, affermava una di queste ragazze dopo essersi fatta videoriprendere mentre procedeva ad acquisti in costosissime boutique di moda ed aver effettuato il computo delle spese astronomiche per le sue necessità estetiche in altri: “Perché dovrei alzarmi la mattina presto per guadagnare 1400 euro (ad occhio e croce il costo della fibbia di una delle sue borse griffate) come fa mia madre”, ignorando che la genitrice può già vantare una posizione di privilegio rispetto alle tante persone che un lavoro non riescono a trovarlo o all’esercito di ragazze laureate e sfruttate per anni facendo le stagiste.
Un’ altra creator molto giovane e più alla buona cercava di trasmettere alle coetanee il senso del proprio valore personale, non accettando un invito da un uomo che non fosse ad una cena lussuosa di cui doveva accollarsi lui rigorosamente il costo, in quanto lei per uscire spendeva tale cifra per le unghie, talaltra per l’abito, per la piega ai capelli, etc etc.
Lasciando da parte una sensazione di smarrimento che può cogliere di fronte ad una tale contabilità dell’incontro, mi domando come mai non l’abbia neanche sfiorata il pensiero del rischio che potrebbe correre ad uscire per la prima volta a cena con qualcuno che non conosce bene nonché quello relativo alla prevedibile aspettativa del dopocena da parte di lui visto il neanche tanto implicito gioco delle parti insito nella dinamica posta in essere.
Questi aspetti, un tempo, venivano esaustivamente affrontati dalle madri in quella trasmissione imperfetta, ma piena di amorevole sollecitudine e buon senso che costituiva una forma nucleare e domestica dell’invocata e odierna educazione all’affettività.
Ma che fine ha fatto quel lessico familiare con cui si evidenziava l’importanza del tempo per la conoscenza, del rispetto dell’intimità propria e dell’altro e del valore dei sentimenti? Passerà in testa a molti. Rimanderei ad ulteriore approfondimento necessario; certo che qualcosa di deflagrante deve essere accaduto, se per una ragazzina il focus di un appuntamento con un rappresentante dell’altro sesso non è conoscersi e provare qualcosa di autentico, quanto intessere una strategia di seduzione ispirata da una malintesa e tragica affermazione di sé, legata al denaro di lui e agli equilibri di potere tra i generi.
In mezzo a questo mare mediatico, vi sono tante manifestazioni di oggettivazione ed autoggettivazione femminile osservabili già nella prima infanzia attraverso i processi di adultizzazione e sessualizzazione delle bambine che, in età pediatrica, compaiono in video mentre si truccano, vestono ed atteggiano come delle adulte, sviluppando una vera e propria ossessione dell’apparire, divenendo dipendenti dal consenso esterno ed esposte al pericolo di adescamento ed abuso.
Cosa dire poi dell’imposizione di canoni estetici innaturali, insani, strangolanti e centimetrici che provocano in milioni di donne una potente insoddisfazione per la propria immagine corporea, inducendole a ricorrere alla chirurgia estetica per cambiare il loro aspetto, creando in sala operatoria una sorta di metafemmina scheletrica, senza età, con grandi protesi applicate e volto gonfiato?
Il tutto per diventare l’oggetto del desiderio maschile ed essere scelte tra tutte, il che rappresenta non uno, ma l’unico obiettivo di tante ragazze che crescono immerse in una sottocultura di matrice patriarcale ma dal volto social.
Che vengano allora percepite come più felici le Trad Wives e sia questo il motivo del loro successo in rete? Che la vera realizzazione delle donne si realizzi con l’essere finalmente paghe perché incastonate dal matrimonio in dimore perfette e vite prevedibili in cui il brivido competitivo più perturbante che si può provare è quello suscitato da chi avrà organizzato il buffet migliore per le festicciole dei figli o da colei che sostiene meglio il ruolo della tuttofare per favorire la carriera del marito?
La realtà, come sempre, propone una complessità che richiede una lettura più approfondita. Le Trad Wives costituiscono la risposta alla crisi delle donne in carriera americane, per cui l’affermazione sul lavoro in ambienti dominati da un antagonismo spietato è divenuta invivibile. Tale consapevolezza, coniugata all’adesione a più recenti spinte conservatrici, ha determinato l’idealizzazione del periodo del boom economico del dopoguerra, ben rappresentata dalla serie culto “Happy Days”, il cui titolo è infatti esemplificativo della narrazione di un tempo felice, in cui la vita era semplice, programmabile e programmata anche attraverso i ruoli uomo/donna stereotipati e ben definiti, ma che disgraziatamente manteneva saldamente il genere femminile in una posizione di sudditanza.
Nel nostro Paese, in cui la donna non ha mai neanche intravisto il livello di emancipazione raggiunto oltreoceano, sta incrementando un femminile che annaspando in un mare di precarietà, non solo lavorativa, ma anche culturale, familiare, relazionale e sociale, appare indifferente al cammino per le pari opportunità e che dunque da una parte si anestetizza consacrandosi all’effimero e dall’altra, investendo sull’esteriorità, spera nel traffichino di turno che, oltre al denaro, le consegni una opportunità di facile collocazione nel circo mediatico, chimera che le è stata venduta come unica possibilità di svoltare la propria vita.
Come spiegare quindi alle ragazze più semplici, quelle provenienti da ambienti sfavoriti, che questa trappola luccicante spacciata per affermazione è una forma di cannibalismo della loro gioventù e bellezza, per quel poco che durano?
Ma che anche regina della casa, moglie e madre soggetta all’uomo per il mantenimento proprio e della prole è uno stereotipo non meno rischioso di quello dell’amante mantenuta – oggetto del desiderio, entrambi ruoli in cui sono state inchiodate le donne dalla notte dei tempi per asservirle al maschile?
Come non mostrare e dimostrare loro che quella spacciata per evoluzione sia in realtà una pericolosa involuzione?
È indubbiamente un compito scomodo ed arduo, che chi tra noi ha preparazione e consapevolezza deve assumersi nell’interesse delle più giovani, perché indietro non solo non si può, ma non si deve tornare.
2 commenti
Di Marisa Ayrildi
Marisa Ayroldi
Non credo sia un ritorno alle origini.
Il fenomeno delle trad wife riguarda donne bianche, con curriculum professionali importanti, benestanti che utilizzano i social, tik tok in particolare e attraverso di essi fanno business.
Non a caso vengono definite casalinghe 2.0.
Oltreoceano, a certi livelli, la competizione nelle corporation tra donne e donne rispetto agli uomini, è sfiancante.
Probabilmente la deriva conservatrice è terreno fertile per fare scelte che mettono al riparo da una vita stressante.
Non a caso la principali rappresentante di questo fenomeno è Estee Williams che vive in Virginia, Stato governato da un esponente di un partito di destra.
Non credo che le trad wife di oggi siano minimamente raffrontabili con quelle degli anni 50 e credo anche che le donne si siano un po’ stancate di questo mito del multitasking che in realtà è un boomerang che costringe a fare salti mortali e a rinunciare a molto per sé stesse.
Preoccupante il fatto che il fenomeno sembra stia prendendo piede anche in Europa.
Non mi avventuro nel tema delle Influencer e del loro approccio pragmatico ma decisamente demoralizzante del rapporto con gli uomini.
Troppo complicato da affrontare su fb
“Lasciando da parte una sensazione di smarrimento”
smarrimento? SMARRIMENTO??
Dopo anni di durissime lotte e di conquiste più che faticose che hanno richiesto persino referendum, ci ritroviamo al Pleistocene. Questo non è smarrimento. Questo è AMAREZZA. Non parlo da nazifemminista (che citiamo in onore dell’analfabetismo funzionale) ma da filosofa umanista che fa di ogni sua giornata la prova concreta che l’amore esiste. Quello vero, non quello da discorsi cattofideistici multitasking e nemmeno quello da amoralistica e demoralizzante influenzatrice. E per chiudere in bellezza, citiamo Caparezza, Un vero uomo dovrebbe lavare i piatti: Non sei un uomo se non guidi le macchine grosse / sei un gay se ti metti a piangere / Non ascoltare questi maldicenti / Non si va avanti con la forza, ma con la forza degli argomenti / Non ascoltare questi mentecatti / Un vero uomo si dovrebbe alzare per lavare i piatti.
Anche perché il maschilismo estremo uccide e le donne di cui parla l’autrice sono le prime a essere maschiliste.