Regia di Christophe Honoré
con Chiara Mastroianni, Catherine Deneuve, Fabrice Luchini, Nicole Garcia, Benjamin Biolay, Melvil Poupaud, Hugh Skinner e Stefania Sandrelli
In sala dal 23 maggio
Tre stelle
Una camera d’albergo fa da sfondo a un provino cinematografico. Chiara Mastroianni e Fabrice Luchini inscenano un dialogo sotto lo sguardo severo della regista Nicole Garcia, tutti nei panni di loro stessi.
La regista non è convinta e, con qualche imbarazzo, spiega a Chiara che la vorrebbe più Mastroianni (quindi più indolente) e meno Deneuve (invece seducente e vitale). L’attrice replica: “E se fossi solo Chiara?”. Da qui il déclic che dà il via al film e alla trasformazione di Chiara in Marcello. Parrucchino corto e scuro, gli inconfondibili occhiali cerchiati di nero di Otto e mezzo, il cappello a tese larghe, abiti maschili con cravatta sottile nera rubati al marito Benjamin Biolay ed ecco che, ormai cinquantenne e sempre più somigliante al padre, Chiara si trasforma nel divo della Dolce vita Non un semplice travestimento, ma un’identificazione totale, un’immersione che è fisica ma soprattutto psicologica in quell’uomo che così tanto ha segnato la sua vita.
Uno strano film questo di Christophe Honoré che mescola vita vissuta e finzione senza soluzione di continuità e anzi le parti inventate sembrano ancora più vere di quelle reali. Come se alle origini ci fossero stati lunghi colloqui in odore di psicanalisi fra il regista, Chiara e Catherine Deneuve (anche lei protagonista, nel ruolo di se stessa), durante i quali le due donne hanno raccontato il rapporto così importante nelle loro vite. Mastroianni ha sposato la Deneuve, ma solo al cinema, in tre film e forse la “polpetta” (come i genitori chiamavano affettuosamente Chiara) avrebbe preferito che fosse successo nella realtà e che quelle nozze fossero durate per sempre. In ordine sparso nelle due ore di film si ripercorrono storie e luoghi dell’amore nato sul set della Cagna, di cui erano protagonisti Catherine e Marcello. Chi conosce la storia dei due attori non solo quella professionale ma anche quella privata riconoscerà mille dettagli, capirà tutte le citazioni e i rimandi, di cui la pellicola è infarcita in modo quasi ossessivo. Persino un episodio che sembra inventato, l’inserto di un soldato malinconico che sul ponte aspetta un amore forse perduto riecheggia invece la storia di Le notti bianche, che Mastroianni girò con Visconti.
Sono passati cento anni dalla nascita dell’attore della Dolce Vita e fra i tanti modi che si potevano pensare per omaggiarlo certo questo scelto da Christophe Honoré, regista sensibile e sentimentale, è insolito e ha richiesto la totale fiducia e collaborazione fra il regista e tutti gli attori, che, lo ripetiamo, mettono in scena senza rete loro stessi (a parte Hugh Skinner nel ruolo del soldato inglese).
Curiose e tenere le reazioni della corte di Chiara di fronte alla sua trasformazione. Fabrice Luchini, meraviglioso come sempre (potrebbe davvero fare qualunque cosa sullo schermo e noi gli daremmo fiducia totale) la accetta e tratta la nuova Chiara come Marcello, felice di poter frequentare un mito del cinema che non aveva mai avuto la fortuna di incontrare. La madre, che spicca per sicurezza (ed è così nella vita vera) a fronte della fragilità di Chiara, sta vicina alla figlia in modo altalenante e alla fine accetta il gioco della nostalgia e con sincerità confessa anche i momenti difficili di quel grande amore, con un uomo meraviglioso, ma anche bugiardo e infedele. Il marito cantante, Biolay, assiste dubbioso ma non contrasta il momento onirico della moglie, mentre il fidanzato dei tempi del liceo, Melvin Puopaud con spirito cartesiano vuole che la sua amica la faccia finita il prima possibile con quella che per lui è una discesa nella follia.
Chiara consegna al regista tutta la sua fragilità, si denuda nel travestimento e forse alla fine di tutto potrà finalmente non essere più né Deneuve, né Mastroianni, ma solo Chiara. E noi spettatori ripercorriamo tutto quello che abbiamo visto, convinti che fosse tutto vero, comprese le case (di sicuro lo è il palazzo dove la Deneuve e Mastroianni vivevano) e i luoghi italiani su cui si chiude il film, l’immancabile Fontana di Trevi (con un guizzo da commedia all’italiana) e la spiaggia di Formia tanto amata da Mastroianni e densa di ricordi malinconici ma che forse permette a Chiara (a cui ormai vogliamo bene e con cui siamo solidali) di fare pace con quell’eredità così pesante.