Decido che ho voglia di qualcosa di buono.
Solitamente non mi siedo a mangiare al ristorante a pranzo. Quasi mai quando giro per lavoro.
Forse il fatto di trovarmi qui e non altrove mi ha fatto oggi cambiare le mie abitudini.
Scelgo un piccolo ristorante in un piccolo vicolo.
E’ in quel momento che incrocio il suo sguardo.
Sorridente e a suo agio nella camicia bianca e i pantaloni scuri mi suggerisce il tavolino sotto il pergolato. Accetto.
Lui mi precede, sposta la sedia per rendermi più agevole sedermi, sistema il piccolo vaso di basilico al centro del tavolo in legno, quasi a darmi un ulteriore benvenuto con quel gesto d’attenzione.
Le porto dell’acqua fresca e il menù, dice con tono cordiale.
Annuisco.
Torna dopo un minuto e sorridente mi racconta anche le specialità del giorno.
Specifica che usano solo prodotti freschi e biologici.
Che molti sono locali.
Sottolinea che essendo un piccolo ristorante e’ più facile essere sostenibili.
Intanto io opto per il polpo alla griglia e un’insalata verde.
Chiedo dell’acqua gassata. Bevo solo acqua, aggiungo.
Lui toglie il bicchiere del vino dal tavolo.
Torna con la caraffa d’acqua del ristorante e mi versa il primo bicchiere.
Mentre si allontana lo osservo.
Arrivano altri clienti e lui li accoglie.
Prepara il loro tavolo come ha fatto con me.
Porge il menù. Sorride sempre con garbo.
Torna all’interno ed esce col cestino del pane per me e per gli altri.
Prende l’ordine della coppia.
Poco dopo arriva con i miei piatti.
Mi porge il polipo e l’insalata e dice: ora le porto il nostro olio extravergine.
Mi racconta che si tratta di una cultivar locale e che lo chef lo consiglia anche sul polpo.
Il fatto che il ristorante sia cosi’ attento all’olio extra vergine d’oliva mi fa felice. Gli racconto che l’Evo e’ la mia “ossessione e passione”, oltre che parte del mio lavoro.
Mi ascolta. Racconta che lo chef e’ davvero attento alla qualita’.
Chiedo se possibile avere dell aceto balsamico e lui risponde con immediata sollecitudine.
Poi prende la comanda dell’altro tavolo.
Nel frattempo arriva anche un piccolo gruppo di persone e lui va loro incontro.
Il rituale si ripete senza un momento di confusione.
Siamo tutti a nostro agio.
Ed è merito suo.
Del cameriere.
Certo il mio polpo è ottimo, perfetta la cottura, impiattamento instagrammabile.
Ma io posso gustarmelo perché qualcuno me lo ha servito caldo, al momento giusto, senza trascurare alcun dettaglio. Perche’ mi ha fatta sentire bene, perche’ a ogni richiesta lui era li, pronto a sorridere e rendere il mio pranzo una sosta perfetta.
Concludo chiedendo un caffè espresso e il conto.
Il caffè mi viene servito con un cioccolatino artigianale su un piattino decorato.
Il conto dentro una scatolina a forma di scrigno in legno.
Pago con la carta e lascio al cameriere la mancia che merita.
Lo ringrazio.
Lascerò una bella recensione al ristorante.
Certo merito di chi lo gestisce, la scelta dei dettagli, la qualità delle materie prime, bravo lo chef.
Ma il cameriere è il vero valore aggiunto.
E’ lui che ha dato un volto e ha interpretato la personalita’ del ristorante.
Lo ringrazio personalmente.
E ancora una volta penso che “il cameriere” non è un lavoro come un altro. Non è un ripiego. Non è meglio di niente. E’ un gran lavoro. E’ un ruolo centrale per un ristorante che sia grande o piccolo, che sia un’attivita’ indipendente o parte di una big company.
Lo dico da imprenditrice che a Londra ha anche un piccolo bistro, e da avventore di centinaia di ristoranti nel mondo.
E non è soprattutto come l’ho sentito definire oggi su fb da uno studente aspirante mba (cosa potrà mai dirigere nel suo futuro se non capisce quanto sia fondamentale il ruolo del cameriere nella value chain di un ristorante ? ) un lavoro del cacchio (lui e’ stato piu’ rude).
E’ per questo che oggi ho deciso che quella che da un po’ mi frullava come idea, ora merita di diventare un progetto concreto.
In Italia abbiamo scuole di specializzazione come gli istituti alberghieri.
Dovremmo saper valorizzare “il cameriere”.
In molti vogliono fare gli chef perché finiscono in tv.
E forse chissà magari qualcuno diventerà famoso.
Io voglio parlare del Cameriere e del maitre di sala.
Raccontare il valore di una professione tanto banalizzata, ingiustamente.
Nel Regno Unito, dove vivo e faccio impresa, la Brexit ha cambiato il volto al mondo dell’hospitality.
Da sempre molti italiani sono emigrati in UK per lavorare presso ristoranti, pizzerie, hotel. Era un’emigrazione facile all’interno delle regole europee.
Oggi le cose sono cambiate. La scelta che ha portato alla Brexit non e’ qui oggetto di discussione. Indietro non si puo’ andare. Pero’ merita attenzione il fatto che stando cosi’ le cose occorra fare formazione e creare nuove professioni. Il Waiter potrebbe essere una di queste. Mestiere antico che ha bisogno di un approccio contemporaneo. E per favore, non riduciamo tutto a una mera questione di “salario”. Cominciamo dal creare una nuova cultura.
Selena Pellegrini
Co-Founder Food All Lab ltd
Egro’ London
1 commento
brava Selena…senpre avanti nl futuro