E così, quest’anno, le persone LGBT di origine ebraica non parteciperanno al Pride nazionale. Nessun divieto esplicito, ma un clima non sempre favorevole ha convinto la comunità ebraica a disertare l’appuntamento.
Questi episodi si sono intensificati negli ultimi anni anche in occasione di altri eventi (si pensi al 25 Aprile) e oltre i confini italiani, come nelle Università americane più «liberal». I luoghi dell’inclusione e della libertà stanno insomma diventando sempre più ostili nei confronti degli ebrei – non degli israeliani -, per quanto illogico possa sembrare. L’intervista ad Aurelio Mancuso, ex-presidente Arcigay, qui riportata, ne illustra i (preoccupanti) motivi.
Ma la realtà è molto più variegata delle approssimazioni mediatiche. Lo dimostra una pagina, «Progressive Copts»: ortodossi arabofoni della diaspora o, forse, dell’esilio. Professare il cristianesimo in Africa e Asia, striscia di Gaza compresa, è infatti divenuto un rischio mortale, benché alla wokeness occidentale non importi nulla.
I Progressive lottano per tutti/e, a cominciare dai fratelli e sorelle omosessuali. Lo fanno in nome della loro fede, per correligionari e non. Lo fanno da lontano, perché nei paesi d’origine l’omosessualità viene punita con il carcere o la morte, anche «per procura» come attesta la vicenda di Sarah Hegazi, giovane egiziana che questi attivisti hanno commemorato ieri sera a Toronto (stamane all’una, ora italiana). Di Sarah, lesbica e musulmana, ci occupammo qui https://www.dols.it/2020/06/16/sarah-che-correva-con-noi/ .
Da un lato l’Occidente orgogliosamente scristianizzato, che esclude in nome dei diritti; dall’altro il coraggio di quanti/e, da una condizione precaria, difendono la dignità del prossimo in nome della loro fede. (Ricordiamo che dieci giorni fa, a Milano, è stata vandalizzata la mostra «Vite fuorilegge» sulla dura condizione delle minoranze sessuali nei paesi africani, cfr. il comunicato in questa pagina.)
Trovate la differenza