Questa è la storia di Paola Falomi, cortonese che dalla sua passione giovanile per la moda è passata ad una vita dedicata ai fragili. Sposata con tre figli lavora al momento a Sansepolcro in Valtiberina
Sei stata brava da giovane a disegnare modelli. Com’è che hai cambiato completamente l’orientamento della tua vita?
In effetti ho sempre avuto una passione per la moda, ma in generale per la decorazione e l’arte. Quando frequentavo la scuola dell’obbligo ( dove le discipline artistiche sono presenti), mi dilettavo a disegnare. Disponevo di materiale idoneo, grandi blocchi di carta da schizzi, difficili da reperire.
La mia città è gemellata con una università americana e gli studenti che frequentavano . Arte lasciavano il materiale che non potevano trasportare al ritorno. Pertanto mi potevo permettere di lavorare come una vera stilista. Ho scoperto che anticipavo le mode, un pò come accade oggi con la street fashion. , anche se non ero mai soddisfatta del mio lavoro.
Parallelamente cercavo di creare uno stile per la mia persona, pur nella ristrettezza di risorse , questo mi riusciva molto bene, anche se a volte apparivo ridicola e appariscente. Ho avuto la fortuna di incontrare bravissime sarte, una di queste era la madre di una mia compagna di scuola, che non chiedeva compenso e mi confezionava capi bellissimi.
Molte altre soluzioni erano frutto di aggiustature di abiti di famiglia, oppure dismessi dalle amiche, altri cominciavo a crearli dopo aver imparato i rudimenti del cucito. Le più fortunate erano le bambole, con cui ho giocato fino a grande, soprattutto per vestirle in modo originale.
La vita poi è andata in un’altra direzione: gli insegnanti delle scuole medie mi consigliarono di intraprendere studi classici, visto che avevo una buona attitudine allo studio e che la mia vena artistica poteva essere coltivata anche in futuro. Non andò cosi, anche perchè continuai per poco a disegnare, poi questa pratica fu congelata, un pò per il grande impegno del liceo, un pò perchè nessuno manifestava interesse per quanto producevo, almeno lo faceva in modo distratto.
E dopo il liceo sei riuscita a coltivare la tua passione?
Alla fine della scuola superiore , volendo conseguire un titolo spendibile nel mondo del lavoro, soprattutto seguendo i consigli di persone adulte non proprio bene informate, iniziai a frequentare la facoltà di scienze politiche, con indirizzo poiltico sociale, perchè il mio intereesse era rivolto alla interprtazione dei processi tipici dell’età contemporanea. . Nella pratica, però, dovetti fare i conti con discipline che richiedevano la frequenza assidua alle lezioni, mentre mi dividevo tra laavoretti e altre occupazioni.
Così, visto che da sempre ero incuriosita dal lavoro sociale, mi iscrissi al corso, afferente alla stessa facoltà, ma con durata triennale. Conseguito il titolo mi sono specializzata in programmazione , organizzazione e valutazione dei servizi sociali, ho poi completato gli sstudi con la laurea magistrale, recuperando i vecchi crediti, poi ho coronato il sogno di frequentare il corso in mediazione familiare. Ora che sono a posto con la formazione professionale, scelgo ogni anno di approfondire interessi diversi: lingue straniere, sport particolari (ho fatto per 8 anni danza orientale) partecipazione attiva alla vita politica e, naturalmente, non è mancata la pittura.
Ed ora quindi cosa fai?
In questo momento storico son Responsabile di unità funzionale, quindi ho un incarico organizzativo e gestionale del servizio sociale. Fino all’anno scorso lavoravo sul campo, alla asl, mi occupavo di salute mentale , anziani non autosufficienti, disabili, inoltre avevo un incarico di coordinamento di due strutture per anziani, gestite sempre dall’azienda. La competenza della asl sono i servizi che richiedono una alta integrazione tra sociale e sanitario,, quindi sia a livello istituzionale, cioè con i servizi dei comuni della zona socio sanitaria, sia a liveoo operativo, attraverso lo strumento delle èquipe multidisciplinari.
Quindi una vita rivolta verso gli altr?
Occuparsi degli altri è soprattutto una missione, ma anche un dovere personale. La fatica e il rischio burnout dipende dalla mancanza di una formazione accurata, serve una cornice normativa e la padronanza delle discipline per la gestione delle relazioni umane. poi occorre lavorare sulle emozioni e sulla risonanza, quindi non è un lavoro semplice.. La gratificazione è immensa, quando vedi i rrisultati di un intervento che, spesso, dura anni.
La tua vita avrebbe potuto muoversi in altre direzioni..
La mia vita potrebbe essere diversa, in quanto le occasioni di declinarla in altri modi si sono presentate, ma non le ho colte, quindi doveva andare così. Posso affermare che il mio lavoro risente positivamente della mia creatività e il mio stile, sempre più sobrio , non passa inosservato.
2 commenti
Bellissima storia! Quella di una “donna vera” che ha messo a frutto le sua capacità per il bene sia della famiglia, che della società. Anche a costo di mettere da parte qualche sogno di gioventù…
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