Ai primi di giugno 2024, per puro caso, passeggiando in zona Sassi a Torino, vedo in corso una visita di Open House a una villa che occhieggia subitanea da dietro un giardino troppo particolare per essere ignorato. Mi trovo in via Borgofranco 25/17. Chiedo al gruppetto in attesa al cancello aperto di cosa si tratti e mi viene subito spiegato essere la villa trasformata in museo da Andrea Luzi, figlio dell’architetto Elio Luzi. Nel verde della collina torinese, tra il 1961 e il 1965, Elio Luzi e Sergio Jaretti hanno costruito due ville sorelle. «Si tratta dei due più importanti architetti del Dopoguerra» dice il volontario. Chiedo se posso partecipare alla visita. Mi accoglie volentieri, sorridente. Il sorriso è ciò che caratterizza i volontari dell’organizzazione, oltre alla loro preparazione specifica in-site.
Chi è Luzi?
Nell’attesa, mi racconta che Elio Luzi, dopo la laurea in Architettura al Politecnico di Torino nel 1953, inizia il sodalizio con il compagno di studi Sergio Jaretti Sodano, che sposerà la sorella di Elio, realizzando per prima la Casa dell’obelisco in piazza Crimea 2 (1954-59). Il legame pressoché continuo con l’Impresa Manolino conduce alla realizzazione di edifici non seriali, che giocano su articolazioni e sfalsamenti volumetrici, a cui si accompagna un’intelligente interpretazione dei regolamenti edilizi e l’uso di materiali tipici della tradizione piemontese, come il mattone faccia a vista usato irritualmente “di quarto”, come elemento di tamponamento.
Che però, mi spiega il figlio Andrea, intervenuto in quell’istante, «non ripara esattamente dal freddo. Anzi, rende le abitazioni gelide e che necessitano dunque di un over riscaldamento.» Il volontario riprende la narrazione, spiegando che dopo la separazione dei due percorsi professionali, Luzi realizza tanti progetti differenziando anche l’ubicazione (Claviere, Monginevro, Bardonecchia), in collaborazione con altri progettisti. I nuovi progetti sono sempre caratterizzati dalla rivisitazione degli archetipi e dall’approccio anticonvenzionale.
Scatole magiche
Andrea mi fa accedere al suo regno dal giardino, dove mi spiega di aver realizzato tre scatole magiche alla cui apertura inizia l’ingresso narrativo, pieno di suggestioni creatrici di immagini vivide. Nasce la fantasticheria dei figli di Luzi correre nudi nel giardino, nascondersi tra le canne di bambù, giocare con una pianta dai fiori fallici. Evidentemente, lo spirito anticonvenzionale dell’architetto si traduce anche nell’educazione filiale. Mi fa poi accedere all’interno.
Fonte d’ispirazione per il futuro
La casa presenta soluzioni costruttive innovative e di charme, perché qualificata da “salti di spazio”: si passa dinamicamente da un ambiente all’altro, con parti a sbalzo e rientri, scale interne e sopralzi imprevedibili. Una risposta dei due architetti alle esose richieste di oneri urbani da parte dell’appiattente piano regolatore. Andrea apre un’altra scatola magica che narra la casa. Ma ormai sono presa da ciò che vedo e le orecchie diventano sorde.
L’erede mi spiega di aver aperto «… i numerosi tubi di cartone conservati nelle cantine della tenuta nostra tenuta a Clavesana. I ritrovati tesori di carta, disegni, schizzi, memorie di una vita professionale di 60 anni di mio papà li ho inquadrati ed esposti in verticale» e intanto con gesto largo abbraccia lo spazio intorno a noi. Ammiro la ricerca continua di “sogni di bellezza” contenuti in architetture che, Andrea Luzi, attraverso il Comitato promotore Fondazione Luzi Architettura, ha portato alla luce per cogliere la gioia, il genio e la complessità che hanno sempre animato il lavoro del padre.
La casa è più un museo che un’abitazione. Spontaneamente la paragono al Vittoriale dannunziano, colma com’è di oggetti da collezione. Casa Luzi è fonte di ispirazione per le generazioni future di architetti e costruttori di città.
Carta bianca
Va anche detto che Elio Luzi, insieme all’altro architetto suo cognato Jaretti, ha avuto dallo stato italiano carta bianca per ricostruire la Torino degli Anni del Boom. Nelle settimane seguenti, passeggiando per Torino, ho riconosciuto la loro mano nelle Torri Pitagora in corso Siracusa 158 (1963-68), in case ad appartamenti di Corso Orbassano 268 (1961-63), in quella via Curtatone 3 (1962-65), anche in via Breglio/via Bibiana (1962-72), nella Torre Mirafiori in corso Unione Sovietica 413 (1970-74), nell’edificio per residenze e servizi in strada del Drosso 132-140 (1970-74).
Aste
«E dire che Torino a maggio 2023 ha rischiato di perdere la mia “Casa sulla cascata” » mi rivela in un orecchio Andrea. «Per colpa di una truffa.» Sì, perché sulla “Casa sulla cascata” torinese (ispirata all’architettura di Frank Lloyd Wright*) ha gravato negli anni precedenti la scure di una vendita all’asta. «La casa di mio padre sarebbe dovuta andare all’asta per colpa di una truffa che ho subito, purtroppo all’epoca non era vincolata dalla Soprintendenza, chissà se mi arriverà un’offerta da privati…»
Diversamente, potrebbe finire in mano a qualche speculatore immobiliare ed essere snaturata, magari suddivisa in più unità immobiliari e coperta con un “cappotto” esterno che rovinerebbe la sua estetica originaria. «Sarebbe davvero un delitto!» commento, mentre dal terrazzo vedo passare il trenino che va a Superga.
*citazione da Maria Luisa Barelli e Davide Rolfo
Torino necessiterebbe di un centro studi sull’architettura che il mondo potrebbe invidiare ai torinesi. L’archivio della facoltà di Architettura del Politecnico non può ampliare la sua collezione per mancanza di spazio. E vengono dall’estero per consultarlo! Esiste perfino un docufilm per conoscere Elio Luzi che individua il percorso interiore e cittadino attraverso le forme architettoniche per narrare l’architetto e la città di Torino. “ELIORAMA” (Italia 2006, 40’, regia di Maicol Casale e Alberto Momo, voce narrante di Michel Vernes).
Non solo Belle Époque
Io che avverso soluzioni precostituite, animata dall’ansia di sperimentare, dall’umorismo se capace di destabilizzare norme o regole scontate, adoro subito Jaretti e Luzi che producono organismi edilizi dotati di pervicace individualità, che risaltano nella tessitura della città e istituiscono con essa rapporti fino ad allora ignoti. Che dedicano attenzione alla relazione fra interno ed esterno. Che si sporcano le mani con la produzione edilizia, fino a proporre usi non convenzionali del mattone paramano, utilizzato di quarto nei tamponamenti di molte loro case degli anni sessanta, progettato con apposito stampo che diventa la loro firma, financo sperimentazioni con la pietra artificiale negli anni Cinquanta. Il punto di partenza di molti loro progetti, l’ingegnosa e destabilizzante interpretazione dei regolamenti edilizi, sorta di contestazione ai piani regolatori dell’epoca, invogliano le persone tutte a farsi un giretto a naso all’aria. Torino non è soltanto Belle Époque.
Bibliografia e Netnografia
Luca Barello, Andrea Luzi (a cura di), Le Case Manolino. Storia di una famiglia di costruttori e due architetti, Il Tipografo, Buttigliera d’Asti [1996]
Gustavo Ambrosini, Giovanni Durbiano, Architetture di Jaretti e di Luzi. 1955-74, 1975-95, in «Edilizia popolare» n. 242, novembre-dicembre 1995, pp. 34-64.
Luca Barello, Elio Luzi (1927-2006). Un caleidoscopio di abitazioni, in «Il Giornale dell’Architettura», 47, gennaio, 2007, p. 10
Luca Barello, Paolo Mauro Sudano, Elio Luzi. Disegnare e ridisegnare le case, in «Atti e Rassegna tecnica della Società degli ingegneri e degli architetti in Torino», N.S., a. LXI, n. 1, settembre, 2007, pp. 16-23
Sergio Jaretti Sodano, Tranche de vie 1954-74, in «Atti e Rassegna Tecnica della Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino» n. LXI-1 n.s., settembre 2007, pp. 8-15.
Luca Barello, Andrea Luzi, Elio Luzi (ad vocem), in Ordine degli Architetti pianificatori, paesaggisti e conservatori della Provincia di Torino (a cura di), Albo d’onore del Novecento. Architetti a Torino. Nuova edizione ampliata, Celid, Torino 2008
Maria Luisa Barelli, Davide Rolfo, Il palazzo dell’Obelisco di Jaretti e Luzi. Progetto e costruzione, Gangemi, Roma 2018
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