Di come fosse corso XI febbraio ang. via Pisano agli inizi del Novecento torinese esistono prove fotografiche. Torino come Venezia? Forse all’epoca, ora non più. Stura, Sangone, Dora e Po al cui incrocio sorse Torino, confermano che grandi civiltà nascono e si sviluppano dove scorrono importanti corsi d’acqua. Pensiamo al Tigri ed Eufrate in Medio Oriente, al Fiume Giallo in Cina, al Mississippi negli USA, al Nilo in Egitto, l’acqua costituendo la ricchezza di queste località mondiali.
Torino all’incrocio delle acque
Torino non è da meno. Trasformazioni e sviluppi del suo territorio per lungo tempo furono favoriti di un’organica rete d’acque fino all’alba del XX secolo. Dal corso della Dora si distribuivano canali e condotte, rogge e irrigazioni, ad alimentare con la loro forza motrice le fabbriche dell’epoca. (Da baüscia milanese Gloss non ha mai capito perché un fiume come “la” Dora sia considerato femminile, qualcun3 lo può spiegare nei commenti? Grazie!) Il loro passaggio ha lasciato tracce nascoste, tanto da consentire dei tour a specifici animatori.
Documentarsi è la prima norma
Così, Gloss si è recata a intervistare i relativi rappresentanti dell’Ente Città di Torino, quelli dei Corpi della polizia urbana e dei Pompieri municipali, coadiuvati dai rispettivi graduati. Per modestia, nessuno ha volontà di rivelare i nomi. Peccato, avrebbe volentieri attribuito loro i miei ringraziamenti. Sono certa che arriveranno loro attraverso Dol’s.
Quella che noi milanesi chiamiamo “roggia” per i piemontesi è “bealera”: «In Piemonte il nome indica un corso d’acqua, generalmente artificiale, regolarizzato dall’uomo e adoperato per l’irrigazione dei campi; per usi igienici della città (apporto d’acqua per la pulizia della stessa, per le fognature); per fornire forza motrice a mulini, segherie, fucine; per inondare i fossati delle fortificazioni». Cit. Augusto Cavallari Murat, “Forma urbana e architettura nella Torino Barocca”.
Memorie liquide
Torino per lungo tempo si giovò di una articolata rete d’acque che accompagnò lo sviluppo e le trasformazioni del territorio fino all’alba del XX secolo, quando l’avvento dell’energia elettrica la rese antidiluviana. Se da una parte la funzione irrigua nelle zone agricole ne mantiene vivo il ricordo, dall’altra in città se ne sta perdendo la memoria. Gloss è qui a cercare di farla vivere ai torinesi delle nuove generazioni, perché lungo le canalizzazioni si sono avverate le fasi più precoci dell’industrializzazione torinese, a volte senza lasciar traccia, o quasi, della sua ingegnosità. Altro che “turineis bogia nen”!
Le canalizzazioni interne al perimetro urbano comprendono il gran canale dei mulini di Dora e le derivazioni del circondario che attingono le loro acque dalla Dora Riparia. Si aggiungono il canale Ceronda e il canale Michelotti, il solo derivato dal Po.
Cose rimarchevoli
Nel Canale dei Molassi, uno dei più antichi in città, di rilevante è il suo ultimo tratto, dove, nelle pieghe di Borgo Dora, ci si imbatte in testimoni di oggi e di ieri: da Casa Hollywood chiamata così per essere stata costruita al posto del cinema Hollywood, “caratterizzata da pannelli solari collocati su una ampia porzione della copertura piana e dalla d’acqua piovana per irrigare il tetto verde” (fonte sito atlas.landscapefor.eu), si incontra l’ex Conceria Calcagno, financo i resti di alcuni molini, oggi ristrutturati.
Il tetto di Casa Hollywood (fonte sito atlas.landscapefor.eu – ultimo accesso luglio 2024)
L’edificio di piazza Don Albera ospitò la conceria dei fratelli Calcagno (fonte sito www.academia.edu – ultimo accesso luglio 2024)
L’arsenale
Si può godere anche del vecchio Arsenale, noto per l’esplosione della sua Polveriera. “Il progetto realizzato riguarda il recupero funzionale (…) [ di ] un fabbricato che apparteneva all’area dell’ Arsenale militare di Borgo Dora a Torino. L’edificio originario era una costruzione di fine Ottocento di due piani in muratura portante con mattoni pieni, intonacati e orizzontamenti con volte a vela su archi ribassati. Si scelse di installare una cortina in lamiera forata di lega rame-zinco-titanio sovrapposta in modo indipendente alla facciata (…) un velo ambiguo che da una parte occultava la complessità e il disordine architettonico (…) [ e dall’altra ] realizzava la trasparenza e il disvelamento attorno a qualcosa che non si vuole esibire ma solo intravedere.” (fonte sito zeroundicipiu.it).
Una delle facciate dell’ex Polveriera ( fonte zeroundicipiu.it – ultimo accesso luglio 2024)
Per semplificare, nella mappa dell’inizio Novecento in apertura dell’articolo sono evidenziate solo le opere di ingegneria idraulica che attraversavano l’abitato. Oggi sono in gran parte coperte. Molte portavano acqua alle aree periferiche, ancora oggi votate all’agricoltura. Un valore indicativo che però rende bene l’idea dell’estensione della rete idraulica torinese. Quasi una Venezia, vero? Chi dei torinesi di oggi se lo sarebbe immaginato? Occorre la Cultura perché ci salverà.
2 commenti
Pingback: Castello di Lucento - Dol's Magazine
Ciao 🙂 Grazie per il tuo commento. Cosa avresti voluto dire?