Amo, decisamente amo un certo tipo di solitudine, quella che cerco nella mia campagna per esempio, un luogo magico in cui la natura mi sovrasta, e le piante mi superano in altezza, gigantesche, oscene e viscerali. La campagna mi rimanda suoni primitivi a cui non sono più abituata in quanto frequentatrice di città. Se torno qui tra le radici, posso sentire il respiro degli alberi. I loro sussurri. Distante dalla metropoli questa giungla di emozioni diventa concentrato di momenti di bellezza, e allora io scrivo, scrivo. Anche cose che non farò mai leggere a nessuno ma che servono a me, solo a me, come personalissimo e intimo nutrimento.
Oggi ho innaffiato la terra per due ore. Il gesto è semplice e in giornate così torride può farti percepire la gentilezza del suolo. Gesto lento di cura che restituisce gratitudine per la bellezza dei fiori e del loro profumo. Davvero è come se ogni foglia si inchinasse per benedirmi. Arriva l’acqua e ogni piccolo microscopico essere vivente esce dalla propria tana ed esprime gratitudine.
Staziono sazia e ubriaca di suoni nel condominio delle cicale e dei grilli. Ogni piccola entità si esprime nella propria lingua aliena benedicendo il cielo. Sono spesso sola nella mia campagna e dialogo con i rami che si protendono creando giochi d’ombra sullo spiazzale del patio, dove- a luci spente- di notte, mi inondo di firmamento.
Non so come spiegare questa poesia della natura.
So solo che spesso mi commuove.
Questa mattina all’alba ho incontrato lo sguardo inebetito di una talpa spuntata da una zolla ( cieca lei – non può avermi vista, ma io sì e mi ha fatto tenerezza).
Prima di andare a dormire c’è un’upupa che sempre mi saluta ( una specie di serenata) poi la raggiungono fissi due pipistrelli innamorati, che fanno la ronda intorno al patio. Si danno arie da custodi, timidamente fanno un unico giro e poi spariscono.
Un piccolo roditore dentro il mandorlo si ciba da anni dei suoi frutti e mi lascia intendere che è felice così.
Intanto scrivo. Io scrivo. E vorrei saper comunicare, nella stessa arcana lingua sconosciuta di questo immenso e stravagante consorzio, quanto anch’io sono felice e paga di presenza altra da me. Essere rettile, ragno, cardellino o serpente non farebbe alcuna differenza.
Essere albero, fiore, formica o geco, non cambierebbe la mia percezione di bellezza assoluta sul tipo di esistenza che amo: uno stare al mondo che ci contiene e ci comunica meraviglie continue.
Spiegarlo non è semplice. Ma dovremmo porvi più attenzione.