Mi sono trovata due volte davanti ai lavori di Paola Anziché una volta a Milano alla Triennale e la seconda al MuSe di Trento e ne sono sono rimasta affascinata.
Il suo rapporto con la terra, gli oggetti, i materiali e il coinvolgimento relazionale delle persone con le sue opere mi ha colpito fortemente sino a incuriosirmi e volerla intervistare per saperne di più ed approndirele tematiche da lei portate avanti nel suo percorso artistico.
Paola Anziché è nata a Milano e attualmente risiede e lavora tra Torino e Milano. Laureatasi presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, Milano, e presso la Städelschule, Francoforte, Germania, è una delle vincitrici della 12a edizione Italian Council (2023/24).
Esplora la relazione tra la pratica e la trasmissione delle tecniche tradizionali di tessitura e la biodiversità attraverso l’uso di fibre naturali.
Il suo lavoro è stato esposto in istituzioni italiane e internazionali di prestigio, come la Galleria Tashkeel, Dubai; il Museo Nazionale della Montagna, Torino; il Museo Salvatore Ferragamo, Firenze; la Turner Contemporary a Margate, Inghilterra; la XXI Triennale Internazionale, Milano; Kichik QalArt in Yarat, Baku, Azerbaigian ; la Fondazione Remotti, Camogli; la GAM – Galleria d’Arte Moderna, Torino; il MAMbo – Museo d’Arte Moderna, Bologna; la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino, e Careof, Milano. Ha partecipato a programmi di residenza in Bolivia, Guatemala, Brasile, Azerbaijan, Finlandia, Emirati Arabi Uniti, Francia, Olanda, Svizzera.
Quanto hanno inciso nella sua formazione gli studi fatti in Germania dopo quelli alle Belle Arti di Brera? Un completamento internazionale o uno stravolgimento?
Dopo gli anni trascorsi a Brera, ho avuto l’opportunità di conoscere un ambiente molto diverso, più intimo e quasi familiare, ma al tempo stesso estremamente internazionale: la Städelschule di Francoforte, in Germania. Questo istituto rappresenta un modello molto diverso dalle nostre accademie d’arte, poiché si concentra sulle singole personalità degli artisti che partecipano a ogni classe.
È un luogo dove si mangia insieme, si pensa insieme, si studia insieme, e si prendono parte a workshop e progetti anche al di fuori del territorio locale con altri artisti. Durante il mio periodo lì trascorso, ho studiato con Tobias Rehberger, partecipato a workshop con Wolfgang Tillmans e Rirkrit Tiravanija, e ho fatto da assistente a Jason Rhoades, tra gli altri.
La sua attenzione per i materiali quando è nata?
Direi proprio al ritorno dalla Germania, ho cominciato a focalizzarmi su una ricerca piú personale dal 2009 in avanti.
Il suo interesse ecologista quando nasce e perché?
È legato alla riscoperta di materiali e tecniche tradizionali come l’argilla, la terracotta, specifici metodi di cottura e – soprattutto – la tessitura. Ho partecipato a visite conoscendo tessitrici in Sud America, approfondendo il mio interesse per la cultura vernacolare, tramandata da padre o madre ai figli. In questo contesto, la lettura di Bernard Rudofsky è stata poi particolarmente significativa (Architecture without Architetcs)
Cos’è l’arte per lei visto il suo modo di lavorare curioso di tutto?
Continuare ad approfondire le mie conoscenze attraverso incontri e modalità di lavoro basati sullo scambio reciproco e l’influenza condivisa è fondamentale per me, soprattutto in contesti dove la cultura materiale riveste un’importanza centrale.
Sviluppando ricerche artistiche in connessione con ambienti naturali, ho avuto la fortuna di entrare in contatto con persone che vivono e lavorano in stretta relazione con il territorio di riferimento: dagli apicoltori agli archeologi, dai geologi agli apri-sentieri, fino alle tessitrici Maya e alle comunità Aymara in Bolivia.
La tecnologia può aiutare l’espressione artistica o ostacolarla?
Tutto é tecnologia, qualunque mezzo elaborato verso un fine specifico è giá di per sé tecnologia al servizio di idee ed esigenze espressive.
Da cosa nasce il suo interessamento per la relazione tra le persone ed il loro coinvolgimento?
Sicuramente una simile idea è andata emergendo con piú chiarezza dopo un periodo di studio sull’opera dell’artista brasiliana Lygia Clark, ma posso dire che nel mio percorso artistico ho utilizzato una varietà di mezzi espressivi: dalla performance alla danza, dal suono alla fotografia, dal disegno al documentario, fino a forme di narrazione. Con il tempo ho iniziato a concepire dei dispositivi, veri e propri ambienti che accolgono lo spettatore, offrendo la possibilità di vivere l’opera in modo fisico, senza che essa necessariamente diventi ludica.
https://www.paolanziche.net/index.php?/film/sur-les-traces-de-lygia-clark
L’arte è diretta ai più o ai pochi che la comprendono?
Non posso parlare in generale, é bello quando la mia arte viene compresa e incuriosisce, attira, stimola una curiositá piú diretta.
Ed il suo interesse per il tessuto da cosa deriva?
Come dicevo, i materiali mi appassionano (e mi hanno sempre attirato). Ho un approccio che parte dalla materia. Quando trovo dei materiali che mi attraggono, la prima cosa che faccio è cercare di lavorarli per vedere il risultato di questa loro “chiamata”. Mi piace dire che “vedere con le mani” è l’espressione che meglio descrive il mio lavoro.
Quando elaboro delle forme plastiche, spesso esse prendono forma come intrecci di origine vegetale (iuta, ramoscelli di salice, frammenti raccolti sulle spiagge) o con bio-materiali di mia ideazione. La tessitura diventa tecnica di produzione attraverso modalitá informali che non seguono le consuete regole tessili ma sono mie invenzioni. È una ricerca sui principi fondanti, sulle origini delle forme elementari che trova corrispondenze nella teoria dell’architetto tedesco Gottfried Semper il quale, sul finire dell’Ottocento, elaborò una raffinata ricerca sulle origini tessili dell’architettura che lo portò a sostenere che: “gli inizi dell’uso di costruire coincidono con l’avvio della tessitura”.
“È certo che l’impiego di tessuti grezzi come mezzo per separare la casa, ovvero la vita all’interno da quella esterna e come organizzazione formale dell’idea di spazio,” dichiarò in una delle sue opere più conosciute Lo stile, “precedette senz’altro la parete costruita in pietra e in altro materiale”. La tesi trovò sostegno nel vocabolario della sua lingua madre; Semper ricordò, infatti, che “in tutte le lingue germaniche la parola parete (WAND), che ha la medesima radice e lo stesso significato sostanziale di veste (Gewand), ricorda l’antica origine e la tipologia della chiusura visibile dello spazio”.
Pensa che l’arte, e quindi la cultura in Italia, sia aiutata anche dalle istituzioni?
Se parliamo di arte e di creazione contemporanea (giusto mutuando un termine che, giá solo in paesi a noi vicini, è di grande importanza…) ci sono alcuni gap… Dopo anni qualche cosa è stato fatto ma consiglio di avere un rapido aggiornamento a partire dagli importanti lavori (con ben precise e necessarie richieste) che sono stati tenuti a Prato fin dal 2015. Si trova una ricca e importante documentazione consultabile su
http://www.forumartecontemporanea.it/edizioni/prato-2015
In tempi piú recenti (in parte coincidenti anche con il periodo della pandemia) una successiva generazione di artisti e professionisti dell’arte ha ulteriormente sviluppato una dettagliata e pur necessaria piattaforma di richieste e rivendicazioni. Il tutto consultabile su AWI (Art Workers Italia)
Su quali tematiche sta lavorando attualmente?
A settembre, con l’editore Via industriae, uscirá una piccola pubblicazione dal nome Tessuto comune che parlerá proprio delle mie fasi di nuova ricerca.
Allego una breve sinossi:
La vita umana sulla Terra dipende dalla biodiversitá e dalla sua salute. Tuttavia, questa preziosa varietá di forme di vita, in pericolo da troppo tempo, sta scomparendo a un ritmo preoccupante. Questa consapevolezza mi ha spinto progressivamente a riconsiderare l’uso dei materiali nella mia pratica artistica, optando per materie naturali di provenienza vegetale.
Questa pubblicazione riflette sulla materialitá, sulla consapevolezza del gesto e sul senso della cura nella mia pratica artistica. Attraverso un’esplorazione dell’organico, dell’intelligenza contenuta nella manualitá, propongo una pratica artistica collaborativa e consapevole, che cerca di connettersi con il mondo naturale in modo rispettoso e sostenibile.
Contributi di Cecilia Canziani, Ana Goncalves Magalhaes e Paola Anziché.
Proprio questo maggio ho inaugurato un progetto permanente di arte nel territorio nel Roero, dal titolo Storie di terra, ed esso si trova sotto la torre del vecchio castello su una rocca a Montaldo Roero. Si tratta di un’installazione di ceramiche Gres sonore.
Il luogo prescelto per ospitare il lavoro Storie di Terra è il terreno irregolare dell’ex cimitero di Montaldo Roero, situato sopra una maestosa rocca e sotto la torre del paese. Storie di Terra è un’installazione artistica composta da quattro vasti steli di ferro battuto, ciascuno alto circa due metri. Questi steli sorreggono leggere strutture di mobiles, ornate con ceramiche in gres, create appositamente per muoversi con il vento. Le forme ibride delle ceramiche, ispirate sia alla realtà sia alla fantasia, evocano un’origine proveniente da un mondo lontano ma ancora sotto ai nostri piedi.
Ultima domanda : se volesse fare una sua personale quali lavori metterebbe in luce e quale titolo le darebbe?
Riunirei lavori legati all’esperienza fisica, tattile e olfattiva, che ho realizzato negli ultimi dieci anni – proprio quei lavori che maggiormente esaltano quei materiali considerati poveri ma che in realtá, per la loro provenienza dal mondo vegetale e minerale, hanno tanto da raccontare.
Il titolo è solitamente qualcosa che fuoriesce dal processo di selezione dei lavori, in un dialogo con il curatore.