Figlio, non sei più giglio è uno spettacolo creato da tre donne: Daniela Poggi, Mariella Nava e Stefania Porrino, un’attrice, una musicista e una scrittrice. Ha avuto già 17 repliche nella passata stagione e prossimamente lo spettacolo sarà in tournée nelle seguenti piazze. Purtroppo non verrà tenuto a Milano. ed è questo in motivo che mi ha spinto ad’ intervistare una delle autrici, Daniela Poggi per saperne di più e per spingere coloro che non l’hanno visto e si trovano nella zona dove si tengono le rappresentazioni ad andarci e e partecipare.
Lo spettacolo ha avuto anche diverse matinée scolastiche con centinaia di studenti dando loro la gioia di poterli incontrare.
Cosa vuol dire questo titolo e da dove è quando è nata l’idea
Il titolo prende spunto dalla famosa lauda di Jacopone da Todi, Il pianto della Madonna. L’idea nasce dal voler contrastare la violenza nei confronti delle donne portando in scena non la donna vittima di violenza sul suo corpo ma una donna vittima di violenza nella sua anima. Per la prima volta portiamo in scena il percorso drammatico interiore di una donna, madre di un colpevole di femminicidio. A marzo del 2023 incontrando la press agent Chiara Giuria Cortese per la promozione di altri miei spettacoli, lei mi domandò se avessi qualcosa sulla violenza sulle donne e io le dissi che avremmo potuto costruire insieme un progetto trovando pero un’idea che ancora non fosse stata rappresentata. E così si è formato il quartetto femminile: Stefania Porrino, autrice e regista, Mariella Nava coprotagonista con la sua musica e le sue canzoni ed io.
La violenza perpetrata sulle donne ha un origine dal senso maschile di possesso?
Mille possono essere le motivazioni che portano un essere maschile a usare violenza nei confronti di una donna, non sta certo a me o a noi trovare le risposte. Gelosia? Possesso? Desiderio di recidere il cordone ombelicale con la propria madre eliminando un’altra donna? Rapporto morboso materno? Istigazione da parte degli amici? Solitudine? Problemi psichiatrici? Incapacità di accettare la donna emancipata, evoluta, capace di essere moglie, madre e lavoratrice? Tante sono le componenti che dovremmo affrontare ma quello che per noi è più importante è affrontare il rapporto madre-figlio dalla nascita e l’educazione e formazione che la madre e la famiglia inculcano a questo essere maschile. Perché dietro a quel gesto efferato c’è sicuramente un tempo pregresso che mai nessuno valuta.
O sono le madri a non educare sufficientemente i figli?.
Non è solo una questione di educare, molto probabilmente è l’incapacità di vivere quotidianamente lo stato d’animo del ragazzo in crescita osservando i suoi gesti, vegliando sui suoi comportamenti e soprattutto guardandolo negli occhi…perché è lì, in quello sguardo, che una madre può essere in grado di percepire il dramma interiore che sta vivendo suo figlio e credo che sia un compito più materno che paterno in quanto quella attitudine innata che ha la donna portando una creatura nel ventre la conduce ad avere una maggiore attenzione anche nei confronti delle piccole cose.
Cosa vuol raccontare questa opera teatrale? Quale è l’ottica delle tre donne, musicista attrice e autrice?.
Racconta il dolore che trafigge l’anima di una madre di un colpevole di femminicidio, una madre che si trova di fronte al suo fallimento, all’incapacità nell’immediato di perdonare, alla vergogna di aver messo al mondo un essere maschile indegno e si confronta con un’altra madre di un ragazzo più giovane che rappresenta il contraltare, cioè la speranza che il figlio non cada nello stesso crimine.
L’ottica delle tre donne è quella di instillare nello spettatore, femminile, maschile, giovane e adulto, la domanda: “Ma io chi sono come madre, come padre? Conosco davvero mio figlio? E io, giovane, che rapporto ho con mia madre? Ho un rapporto sano? Sono capace di riconoscere l’amore che non sia possesso?”
Perché rifarsi a Jacopone da Todi così lontano nel tempo?
Perché il pianto della Madonna che è donna e madre dell’Innocente, è assolutamente identico al pianto di una madre di un assassino dei giorni nostri. Il dolore non ha collocazione storica e temporale.
Che accoglienza ha avuto questa opera teatrale da parte maschile e femminile?
Straordinaria da parte di entrambi con applausi e standing ovation! Alla fine di ogni replica ci aspettano sempre giù dal palco per abbracciarci e ringraziarci, spesso e volentieri per confessarci di voler correre dai loro figli, abbracciarli e soprattutto guardarli negli occhi. Ammetto che sono tante le lacrime che pervadono i volti degli spettatori…perché quando succede una tragedia simile, siamo tutti corresponsabili.