Storia di una tromba che si innamora di un pianoforte
di Claude Lelouch
con Kad Merad, Sandrine Bonnaire, Elsa Zylberstein, Barbara Pravi, Françoise Gillard, e Michel Boujenah
Strampalato fin dal titolo, ecco un film fantasioso, anarchico, imbevuto di follia, ma di quella buona, la follia dei sentimenti che è poi la temerarietà del vivere, ovvero la capacità di assaporare l’esistenza con tutte le sue bellezze (e le sue difficoltà) fino all’ultimo istante.
Senza ubris, senza arroganza, con umiltà e empatia. Si invidia Claude Lelouch che a 87 anni (li compirà il 30 ottobre) ha diretto un film pimpante, con la libertà di chi ormai non deve più dimostrare nulla a nessuno. Ed è nata così una fiaba musicale, una storia tenera, assurda e in certi tratti fin demenziale, dove il regista di Un uomo e una donna mescola i generi, infila note autobiografiche, regala passioni, spezzoni di vecchi film da lui diretti, rende omaggio ai suoi attori feticcio, a cominciare da Lino Ventura.
Il protagonista si chiama non a caso Lino mentre il vero Lino Ventura appare sia in vecchie scene di film che come uno degli amori della madre, interpretata da Françoise Fabian, altra attrice che ha lavorato spesso con Lelouch.
Insomma, un crocevia di personaggi, un’autobiografia fantasiosa, ma soprattutto una dichiarazione d’amore per la vita dove non hanno spazio né i rimorsi, né i rimpianti, ma solo la gioia per il tempo che si è vissuto e la trepidazione delicata per quello che gli dei pagani avranno la benevolenza di conceder.
Un film al tempo stesso senile e infantile che in questi tempo grami farà apparire un sorriso sul volto degli spettatori quando lasciano la sala.
Cerco di ricostruire la trama che soprattutto nella prima parte è disordinata, perché anche noi spettatori siamo travolti dalla “follia” del protagonista, Lino, appunto, uno splendido Kad Merad nel ruolo della vita. Lo incontriamo mentre vaga per la Francia, muovendosi da nord (si arriva anche al mitico Mont Saint Michel) verso sud (finirà ad Avignone in pieno festival).
Lino, sguardo sornione e faccia simpatica, gira con bagaglio leggero, in un autostop fuori tempo, trovando passaggi da francesi coi piedi per terra, gente che lavora, gente della Francia rurale. Ascoltiamo le chiacchierate e ci stupiamo perché ad ognuno si racconta in modo diverso, una volta è un prete spretato, un’altra un trombettista, poi un regista di film porno, infine un avvocato.
Mente? Non proprio, perché Lino è affetto da una degenerazione fronto-temporale che lo porta ad essere esageratamente sincero e a fare tutto quello che gli viene in mente, senza filtri. Una follia dei sentimenti, l’ha definita un medico, che può durare per sempre o può anche “guarire”.
I suoi incontri si trasformano così in qualcosa di imprevisto e sorprendente, anche romantico quando trova riparo in un fienile e conosce la contadina, dando inizio a una storia che assomiglia tanto a quella di I ponti di Madison County ed è proprio in quella occasione che la tromba si innamora del pianoforte. Non dico di più, lo capirete vedendo il film. Ne vale la pena, fidatevi, fatevi questo regalo.
Parallelamente seguiamo le vicende della famiglia di Lino, in ansia per la sua fuga improvvisa, anche perché in un momento ancora più libero degli altri ha buttato il telefono nel fiume. E a poco a poco apprendiamo la storia, da un altro punto di vista, quello della “banale” verità razionale.
Ma noi preferiamo la storia vorticosa, l’acrobazia spericolata fra i generi, il viaggio senza soluzione di continuità fra passato, presente e futuro. Quantomeno quel futuro che ancora resta a un uomo come Lino coi suoi sessanta anni abbondanti o quello che resta a Lelouch, che di anni ne ha 87. Mai vinti, né Lelouch, né il suo protagonista, animati da tanta voglia di guardare il mondo col sorriso riconciliato di chi è felice di tutto e non si oppone al destino. Si fa quel che si può, se ne è orgogliosi ed è bello che sia così.