Cristiana Iannotta è nata a Roma, dove attualmente risiede. Scrivere per lei è una vera e propria passione: a due anni inizia a scrivere sul muro di casa per poi preferire la carta, stampata e non, e così pubblica i primi romanzi oltre a numerosi racconti e poesie che si trovano in Antologie AA.VV.
E’ sempre stata attirata dai colori e dal mondo dei bambini per i quali ha pubblicato: “La spiaggia dell’amicizia”, e la collana “I racconti di Cara Gioia”, illustrata e in rima, sulle famiglie arcobaleno e allargate.
Con l’idea di poter scrivere di nuovo sulle pareti di casa, resta in attesa delle future pubblicazioni, in arrivo per il prossimo anno.
Scrivere è la tua passione. Perché hai deciso di concentrarti sui libri per bambini?
ll mondo della scrittura è meraviglioso.
Addentrarmi in tematiche, sogni e realtà differenti mi fa stare bene ed è vero, come dici tu, è una passione che ho sempre avuto. Ho iniziato a scrivere per adulti, e non ho mai smesso, per poi rimanere affascinata dalla scrittura per bambini e ragazzi che, ovviamente, è molto diversa per argomenti, stile e linguaggio da adottare.
Per questo continuo a studiare e frequentare corsi perché credo che essere preparati in ciò che si fa, e che soprattutto si vuole proporre, sia un valore aggiunto per me stessa, in primis, e poi per gli altri. Anni fa ho conosciuto ICWA, Associazione Italiana Scrittori e Ragazzi, mi sono trovata in sintonia con tutti i loro valori – tra i tanti: promuovere la lettura, superare gli stereotipi, accogliere le diversità – e così mi sono avvicinata sempre di più alla scrittura dedicata a queste fasce d’età.
È facile appassionarsi al mondo dei bambini quando si riscoprono in se stessi fantasie e curiosità proprie di quell’età, quando se ne studiano le diversità legate al cambiamento dei tempi e quando, soprattutto, si arriva alla consapevolezza di voler scrivere testi dedicati ai bambini e ai ragazzi da far scegliere loro in autonomia, quando possibile, e non ai loro genitori. I libri per bambini sono per i bambini. Devono cercare di stimolarne la curiosità, essere capaci di affrontare argomenti che siano interessanti per loro, senza uno scopo didattico preciso… solo per il semplice gusto del gioco/lettura
Ci parli di Curvy Pride e di come se arrivata a loro?
Ho conosciuto Curvy Pride durante il periodo del covid perché organizzava incontri ed eventi di aggregazione online. Anche qui sono entrata in sintonia con i valori dell’Associazione, nata una decina di anni fa con una battaglia morbida contro la taglia 0. Poi, negli anni, questa battaglia è diventato il capisaldo, il punto di riferimento, intorno al quale sono nati tanti altri interessi e ora Curvy Pride è un’Associazione che promuove la pluralità della bellezza e dell’essere, combatte stereotipi, discriminazione e bullismo. Come vedi tanti argomenti che vengono trattati e proposti attraverso attività e progetti che hanno lo scopo di far scoprire l’unicità di ognuno di noi, quella diversità che deve essere vista come un valore aggiunto e non come un problema.
I bambini sono un mistero ma anche una forza creativa . Cosa dobbiamo/possiamo imparare da loro?
Tutti siamo stati bambini, l’errore è essersene dimenticati. Scrivere per loro è anche entrare in profondità con me stessa e riscoprire il mio essere intimo e scevro da imposizioni esterne. I bambini sono semplici, ma acuti nello stesso tempo. Non hanno sovrastrutture e capiscono la realtà che li circonda molto meglio degli adulti che si costruiscono gabbie e protezioni. Da loro possiamo imparare a guardare e vedere le cose per come sono e non per come ci fanno credere che siano o che debbano essere.
Tu hai figli? Se si leggeresti loro i tuoi racconti/ romanzi e quali?
Non ho figli, ma tanti nipoti e piccoli amici che hanno letto i miei libri. La spiaggia dell’amicizia, storia che come temi principali ha il bullismo e l’ecologia, è stato presentato e letto anche in alcune scuole di Roma e Rieti ed è stato molto apprezzato dagli alunni che hanno realizzato cartelloni e disegni. Da questo libro ho tratto un copione teatrale, al momento in cerca di una compagnia.
L’ultimo arrivato Marino, hai pulito tu il mare?, trae spunto da una foto vista sul National Geographic e ha un’attenta visione sull’ecologia e sulla condivisione degli intenti e, devo dire la verità, sta piacendo molto. Sono storie semplici che non hanno il fine di insegnare, ma di far vedere. Così come la collana I racconti di Cara Gioia che, con i suoi cinque piccoli libri in rima – arriverà a 7 – si occupa di famiglie arcobaleno e allargate. Per questa collana ho lavorato molto nel cercare la psicologa per l’introduzione e un’associazione per il logo in copertina, ho studiato le parole più giuste da usare, ma purtroppo è un argomento che trova ancora molte resistenze perché il vaglio dell’adulto è sempre molto severo e non libero da pregiudizi.
Poi, se avessi figli più grandi, farei leggere loro anche i miei romanzi perché sono adatti a tutti e specialmente alle ragazze, ma non solo, consiglierei Gaia, Nadia e le altre. (Sul)la pelle delle donne, che affronta l’argomento fecondazione assistita e delle donne che non sono mamme ma, non per questo, meno donne.
Le fiabe ed i racconti classici sono diseducativi talvolta?
Dis-educativo nel senso di non pedagogico o di dannoso? Parlerei più che altro di libri che sono legati a epoche diverse e distanti dalla nostra e che, per forza di cose, ne rispecchiano le differenti realtà. Perché, invece di demonizzarli, non leggerli e contestualizzarli al fine di trovare le differenze e magari, attraverso le storie e le parole che ora troviamo essere desuete o sbagliate, comprendere anche un po’ di storia? Ho letto la lista dei 15 libri, famosi classici, che hanno subito, nei diversi tempi, la censura.
Premetto che nel mondo artistico e letterario spesso si è sentito, anche ai nostri giorni, parlare di censura in riferimento a testi o opere non consoni all’attualità. La censura e il divieto sono percorsi errati di fondo: non si impara né vietando né nascondendo, si impara leggendo, studiando e confrontando le varie situazioni. Limitare la libertà d’espressione non è mai un buon segno.
Spesso e volentieri le censure vengono attuate su libri che parlano di sesso: Il diario di Anna Frank, Il giovane Holder, di razzismo: Amatissima, Il buio oltre la siepe o perché incitano i bambini all’indipendenza: Harry Potter. Questi sono solo pochi esempi, ma rimane il fatto che la diseducazione non sta nel singolo testo o progetto, fonte di ingegno personale e quindi protetto, ma nel non impegnarsi a educare i fruitori al senso critico. Come fare? Leggere tutto e parlarne, confrontarsi, fare ricerche e domande.
Che ne pensi dei cartoni dei giorni d’oggi? Troppo violenti? Istigazione alla violenza?
Uno dei temi tanto dibattuti da anni è l’istigazione alla violenza. Anche nei cartoni animati ci sono lotte, battaglie e litigi. Quale l’effetto sui bambini? Intanto c’è da premettere che bisognerebbe prima parlare di qualità dei prodotti offerti alla fascia d’età dei più piccoli, qualità che dovrebbe essere studiata proprio per loro e che non dovrebbe prevedere il messaggio promozionale all’interno degli episodi.
Da uno studio risulta che i cartoni più dannosi sono quelli che fanno “affezionare” i fruitori ai gadget proposti per poi spingerli ad averli e così non avere più chiara la distinzione tra finzione e realtà. Quando ci si avvicina a una qualsiasi rappresentazione, che sia libro, teatro o film/cartone, tutti sappiamo, lo sanno anche i più piccoli, che si tratta di finzione e c’è quella sana “sospensione dell’incredulità” per cui accettiamo per vero ciò che nella realtà sappiamo non essere possibile, per il puro piacere di quel momento.
Dopo, spenta la tv o chiuso il libro torniamo alla realtà. Se, invece, guardando il cartone commerciale, si punta l’attenzione non sulla storia ma sugli accessori – spesso di offesa e aggressivi – di cui sono dotati i personaggi che poi il bambino può trovare, desiderare, in commercio per imitare il suo eroe, si ottiene che la realtà si viene a mischiare con la fantasia e non sono più chiari i confini.
Qui sta la ricerca del cartone di qualità più adatto alle singole fasce d’età. In ogni caso, importante è sempre la visione dell’adulto non per vietare, ma per supportare e spiegare. I bambini non sono ingenui e non è da condannare il singolo cartone, ma l’uso che se ne fa, magari limitare il tempo destinato alla fruizione del cartone potrebbe essere una soluzione, accompagnandone la visione con un piccolo dibattito – consono all’età – potrebbe aiutare a distaccarsi dalla finzione e quindi da quell’aggressività che potrebbe essere stata recepita in maniera acritica.
O è la nostra società che istiga?.
La società siamo noi. Magari mi ripeto, ma trovo che condividere, parlare, trovare gruppi di confronto ci aiuti a non cadere nella trappola. Capire le situazioni fa di noi esseri più consapevoli e non facilmente influenzabili. Non facciamoci trascinare da un’emotività che non ha chiaro il senso delle cose, ma cerchiamo di essere presenti a noi stessi e al mondo che ci circonda. L’istigazione trova terreno fertile su chi è debole e su chi non ha voglia di confronto, è molto più facile essere trasportati dalla massa perché si segue la scia e non si fa fatica. Il confronto, invece, quello sano è più articolato e richiede più energie e in questo trovo che i ragazzi abbiano una marcia in più.
Io credo nelle sane idee dei ragazzi di oggi, credo che abbiano la volontà di portare avanti discussioni, dibattiti in maniera seria e articolata. Hanno molto più interesse di noi a creare un mondo migliore. Io, come sempre ho fatto, continuo ad ascoltarli e, se posso, aiutarli nel loro percorso di affermazione. La società, ripeto, siamo noi e si può farle cambiare direzione se si vuole.
Non serve istigare, ma aiutare e sostenere tutti in una crescita positiva. È attribuita a Socrate una frase: “L’uso improprio del linguaggio induce il male nell’anima”. Si riferiva all’abuso del linguaggio, soprattutto dei politici e di chi aveva il potere, senza l’assunzione della responsabilità delle parole. Abbiamo parlato di libri e cartoni animati, sono tutti testi che utilizzano parole e descrizioni e chi scrive per gli altri deve porre molta attenzione all’uso dei termini, deve avere come obiettivo la bellezza. È un riguardo verso se stessi e verso gli altri.