A Torino, la Galleria dell’Industria Subalpina (nota più semplicemente come Galleria Subalpina) ha una struttura che riproduce un modello ottocentesco di area commerciale urbana ispirata ai tipici passages parigini destinati allo svago borghese. Passandovi attraverso, Gloss tempo fa fu “sequestrata” da una rampante cronista per un’intervista riguardante la situazione in Italia. Amante del cinema di Dario Argento, Gloss si perse a pensare che nella galleria furono girate alcune scene della sua opera cinematografica “Quattro Mosche di Velluto Grigio”. Girato dal 20 luglio al 22 settembre 1971 a Torino, Milano, Spoleto, Tivoli e Roma, è il terzo capitolo della cosiddetta Trilogia degli animali di Argento. All’epoca incassò 2 miliardi e 300 milioni di lire.
La trama del film
Il batterista in un complesso rock, Roberto Tobias, è pedinato da un individuo con impermeabile scuro. Lo segue fino all’interno di un teatro. I due hanno una colluttazione. Il persecutore tira fuori un pugnale, con il quale però è Roberto a ucciderlo.
Fotografato dal loggione del teatro, una persona sconosciuta si introduce di nascosto in casa del batterista, gli invia fotografie del delitto avvenuto e oggetti personali dell’ammazzato. Roberto decide di rivolgersi ad un investigatore privato economico ma affidabile, Gianni Arrosio, un personaggio effeminato e stravagante con alle spalle ben 84 casi falliti da quando ha iniziato la sua carriera di detective. Si rivelerà un segugio dotato di fiuto fino, capace di scoprire l’identità dell’assassino.
Avvengono altri omicidi vicini a Roberto: la polizia, impossibilitata a identificare il colpevole, ricorre a una moderna tecnologia. Dalla retina di uno dei defunti ricava l’ultima immagine prima della morte. L’unica confusa immagine che emerge è quella di quattro mosche, sfocate e sgranate, che, poste l’una dietro l’altra, formano una specie di arco. Si scoprirà essere un ciondolo appeso al collo dell’assassino. Una scena di pedinamento, mentre un ragazzino di passaggio getta alcuni coriandoli, è stata realizzata al giardino pubblico Lamarmora in via Cernaia, sempre a Torino.
Il suo ufficio era situato proprio nella Galleria Subalpina. Lo sguardo di Gloss si alzò al primo ordine di archi in cui lo ricordava, avvisando involontariamente della noia che le stava dando la cronista.
Affascinata dal rimembrare la storia, Gloss si era lasciata distrarre. Solo l’incalzare delle domande la fece uscire da Dario Argento e tornare lì in Galleria. Riprendendo il passeggio, ripensò che è la seconda galleria commerciale di Torino, sorta dopo la Galleria Natta, detta oggi Galleria San Federico, inaugurata nel 1858 e demolita nel 1931, nell’ambito del rifacimento di via Roma. In seguito, sono venute la Galleria Nazionale (1889-1936) e la Galleria Umberto I (1890).
La progettazione della Galleria
Progettata da Pietro Carrera nel 1873, i lavori furono avviati nel giugno dello stesso anno e la galleria fu inaugurata a dicembre 1874. È intitolata alla Banca dell’Industria Subalpina, che sponsorizzò la costruzione. Diede ospitalità fin da subito ad alcuni locali divenuti storici, di cui uno abitualmente frequentato dallo scrittore Edmondo De Amicis (oggi è cinema di nicchia), una rinomata libreria antiquaria, una galleria d’arte, un negozio di arredi e un paio di ristoranti reputati, tutt’oggi presenti.
A seguito di alcuni bombardamenti della seconda guerra mondiale, la galleria fu ricostruita sui disegni originali. In tempi più recenti, è stato eseguito un restyling dell’area centrale, ora occupata dalla grande aiuola dell’iniziale progetto di Pietro Carrera.
Dove si trova
La galleria, progettata da lui, un capolavoro architettonico storico nel cuore di Torino, è collocata tra Piazza Castello, Via Cesare Battisti e Piazza Carlo Alberto, con la sua affascinante combinazione di eleganza e storia, nel tempo è divenuta iconica destinazione turistica, un must-visit per gli amanti dell’arte e della storia. Ed è caratterizzata da un ampio e luminoso salone lungo cinquanta metri, largo quattordici arricchito da un notevole apparato decorativo eclettico che fonde elementi in stile rinascimentale e barocco, opera dello scultore Edoardo Rubino.
L’altezza di circa diciotto metri è stemperata da una balconata che percorre tutto il suo perimetro. La volta rappresenta un vero e proprio tributo alla modernità del tempo, con un largo utilizzo di vetro e ferro battuto, come testimoniano gli elementi strutturali riccamente decorati ad opera dei fratelli Loro e del Piattini.
Merita una visita, magari quando quel cinema di nicchia programma Dario Argento, perché la Cultura non muoia mai.
Bibliografia
Politecnico di Torino Dipartimento Casa-Città, Beni culturali ambientali nel Comune di Torino, Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino, Torino, 1984, p. 304
Agostino Magnaghi, Mariolina Monge, Luciano Re, Guida all’architettura moderna di Torino, Lindau, Torino 1995 , p. 48
Netnografia
2 commenti
Stefi Pastori una scrittura originale e coinvolgente.
Gentilissimo Fabrizio, grazie. Hai letto qualche mio libro?