Un leggero e delicato racconto di Mumbai e dell’India attraverso gli occhi di due donne, le loro speranze ed il loro bisogno d’amore.
Amore a Mumbai di Payal Kapadia, ha vinto il Gran Premio della giuria a Cannes 2024 conquistando tutti per la sua storia sul mondo femminile nell’India di oggi.
Un intenso racconto sul mondo femminile in India, visto attraverso gli occhi di donne di età differenti.
Emergono i sogni e le speranze, ma anche le difficoltà di vivere in un mondo sempre in mutazione come quello di Mumbai, con al primo posto sempre il bisogno d’amore.
A Mumbai la vita quotidiana di Prabha viene turbata quando riceve un regalo inaspettato da suo marito che l’ha abbandonata.
La sua giovane compagna di stanza, Anu, cerca invano di trovare un posto in città dove fare l’amore con il suo ragazzo.
Finché non decidono di accompagnare una loro amica, costretta a tornare al suo villaggio e alle sue origini, dove scoprono un altro stile di vita e la possibilità di esprimere i loro desideri.
Le linee di Mumbai compongono il mosaico complesso realizzato dalla Kapabia per esplorare e scoprire la realtà da cui è circondata.
Linee mobili, il frenetico disegno in mutazione verso un avvenire ignoto, la città popolata in maniera inverosimile, dove gli abitanti provano a galleggiare sul flusso, trasportati dalla massa impossibile da fermare.
Nei suoi cambiamenti speculativi si riconoscono i connotati di un paese difficile da decifrare, privo di verità inconfutabili, a volte schiacciato dalla tradizione per il costume retrogrado, pulsante di energie, pieno di baracche limitrofe ai grattacieli, sedi privilegiate dell’alta finanza.
Da lì arrivano lo spiritualismo, la meditazione, quello sguardo delicato di disincanto della regista, muta e partecipe.
Un lavoro nel quale confluisce l’approccio documentaristico intimo dei primi cortometraggi, Afternoon Clouds e And What Is the Summer Saying, ampliato e sintetizzato nella somma sinfonica di un ritratto ancora politico dell’India di Narendra Modi.
Uno sguardo personale eppure ancorato ai nomi classici del cinema asiatico, dal padre tutelare Ray alle apparizioni fantasmatiche di Wong Kar-wai, a cui si avvicina nella sua leggerezza mai superficiale.
Le storie di Prabha (Kani Kusruti) e di Anu (Divya Prabha) sono intrecciate: sono infermiere e vivono sotto lo stesso tetto.
Prabha ha un marito, partito per recarsi in Germania dopo il matrimonio, scomparso del nulla per anni, e che improvvisamente si rifà vivo inviandole un pacco.
Una donna introversa, chiusa nelle proprie emozioni e in un pudore che si manifesta in ogni suo gesto.
Anu è giovane, più aperta ed impegnata in una relazione impossibile con Shianti per la loro diversa confessione religiosa, lei induista, lui musulmano.
Un problema, tuttavia non sufficiente a tenerli lontani da una passione che non riescono a consumare mai fino in fondo.
Completa il cast delle interpreti Parvaty (Chaya Khadd), cuoca dell’ospedale, una vedova rimasta dopo anni senza casa, sfrattata senza troppi riguardi da una compagnia interessata a costruire un nuovo complesso residenziale, e che decide di tornare al villaggio natale, vicino al mare ed alle sue origini.
E così il viaggio si sposta verso la costa, al traffico si sostituisce lo sciabordio delle acque, ed in mezzo alla natura lussureggiante l’arco narrativo trova la sua definizione.
L’amore mancato, l’amore impossibile, l’amore sepolto in una bara, agognato, l’amore unica risposta possibile alla morte. All We Imagine As Light. Amore a Mumbai è anche questo o forse è soprattutto questo
Problema e rimedio, il punto fermo attorno a cui tutto ruota.
Adriana Moltedo
Esperta di cinematografia con studi al CSC Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, Ceramista, Giornalista, Curatrice editoriale, esperta di Comunicazione politico-istituzionale per le Pari Opportunità. Scout.