E’ un’opera prima sudanese, Goodbye Julia, già presentata l’anno scorso al Festival di Cannes nella sezione Un certain regard. dove ha vinto il Premio della Libertà.
Diretto e sceneggiato da Mohamed Kordofani, è ambientato nel complesso Sud Sudan, e racconta la storia di un legame tra due donne, un legame che nasconde un triste segreto.
Mohamed Kordofani è un regista e sceneggiatore sudanese, che vive in Bahrein e ha lavorato come ingegnere aeronautico. È diventato noto a livello internazionale per questo suo primo lungometraggio Goodbye Julia nel 2023.
Goodbye Julia si ambienta poco prima della secessione del Sud Sudan, quando una donna del nord del Sudan, una cantante di nome Mona (Eiman Yousif), chiusa in un rapporto difficile col marito, copre l’omicidio di un uomo del sud: oppressa dal senso di colpa, assume come cameriera la moglie del defunto Julia (Siran Riak), accompagnata dal suo piccolo figlio Daniel.
Tra le due donne si crea un legame affettuoso.
Il lungometraggio è stato scelto per rappresentare il Sud Sudan agli scorsi 96mi premi Oscar.
Il regista Kordofani ha dichiarato in un’intervista rilasciata : “Il film parla di separazioni, su più livelli: la separazione tra marito e moglie, la separazione di due amiche, la separazione di madre e figlio. Si parla sempre di separazione ed è sempre causata da ingiustizie e differenze sociali. La dimensione personale è sempre intrecciata con quella politica, volevo rappresentare il macro attraverso il micro: guardare dentro una casa per avere il quadro ampio del Sudan.
Mona ignora che le sue passate colpe stanno per riaffiorare, quando la situazione politica la metterà di nuovo di fronte a quanto è accaduto.
Non tutte le verità sono buone da raccontare”, soprattutto quando ci sono conflitti molto gravi tra individui che abbracciano un paese intero.
Goodbye Julia, l’eccellente opera prima di Mohamed Korfani, è ambientato in questo contesto, nel Sudan convulso del 2005-2010, posto di fronte alla scelta della divisione.
Un film che riesce a trovare il perfetto equilibrio tra un intelligente sfondo politico e culturale e una trama al tempo stesso avvincente e molto intima, che si immerge nella vita quotidiana di una coppia musulmana di Khartum che assume e ospita una “meridionale” e il suo giovane figlio, arrivati lì non per caso, ma a seguito di eventi sfortunati e segreti, colpevoli.
Akram (Nazar Goma) e Mona (Eiman Yousif) vivono in una bella casa, ma fuori l’atmosfera è estremamente tesa e pericolosa: è il 2005 e la morte accidentale di John Garang, il leader del Sud, provoca disordini nelle strade della capitale sudanese.
Si spara, le finestre vanno in frantumi e Akram imbraccia le armi. Insabbiato un omicidio che l’ha coinvolta, Mona, consumata dal senso di colpa, trova Julia, la vedova, che cerca disperatamente e invano il marito scomparso, e la assume come collaboratrice domestica, offrendo a lei e al figlio Daniel un tetto sopra la testa, senza però rivelare loro le sue vere motivazioni e nascondendo la verità anche al marito.
Ma tutti questi segreti possono reggere mentre le due donne si avvicinano e diventano amiche nel corso del tempo, e mentre si profila il voto per la divisione del paese nel 2010. E questi segreti nascondono forse altri segreti, segreti di donne.
Attraverso le relazioni che si sviluppano in questa “famiglia” riunita dalle circostanze sotto lo stesso tetto, e sulla base di un’ottima sceneggiatura, Mohamed Korfani fotografa, radiografa e decifra meravigliosamente tutte le sfumature degli acuti problemi sudanesi dell’epoca. Ignoranza totale dell’altro, razzismo istituzionalizzato: come ristabilire il dialogo?
Possiamo liberarci dai fantasmi del passato, anche a livello più privato, dove soprattutto le donne hanno molto in comune. Queste sono solo alcune delle domande esistenziali a cui Goodbye Julia cerca di rispondere attraverso la sua coppia di splendidi interpreti.
Un leggero e delicato racconto di Mumbai e dell’India attraverso gli occhi di due donne, le loro speranze ed il loro bisogno d’amore.
Amore a Mumbai di Payal Kapadia, ha vinto il Gran Premio della giuria a Cannes 2024 conquistando tutti per la sua storia sul mondo femminile nell’India di oggi.
Un intenso racconto sul mondo femminile in India, visto attraverso gli occhi di donne di età differenti.
Emergono i sogni e le speranze, ma anche le difficoltà di vivere in un mondo sempre in mutazione come quello di Mumbai, con al primo posto sempre il bisogno d’amore.
A Mumbai la vita quotidiana di Prabha viene turbata quando riceve un regalo inaspettato da suo marito che l’ha abbandonata.
La sua giovane compagna di stanza, Anu, cerca invano di trovare un posto in città dove fare l’amore con il suo ragazzo.
Finché non decidono di accompagnare una loro amica, costretta a tornare al suo villaggio e alle sue origini, dove scoprono un altro stile di vita e la possibilità di esprimere i loro desideri.
Le linee di Mumbai compongono il mosaico complesso realizzato dalla Kapabia per esplorare e scoprire la realtà da cui è circondata.
Linee mobili, il frenetico disegno in mutazione verso un avvenire ignoto, la città popolata in maniera inverosimile, dove gli abitanti provano a galleggiare sul flusso, trasportati dalla massa impossibile da fermare.
Nei suoi cambiamenti speculativi si riconoscono i connotati di un paese difficile da decifrare, privo di verità inconfutabili, a volte schiacciato dalla tradizione per il costume retrogrado, pulsante di energie, pieno di baracche limitrofe ai grattacieli, sedi privilegiate dell’alta finanza.
Da lì arrivano lo spiritualismo, la meditazione, quello sguardo delicato di disincanto della regista, muta e partecipe.
Un lavoro nel quale confluisce l’approccio documentaristico intimo dei primi cortometraggi, Afternoon Clouds e And What Is the Summer Saying, ampliato e sintetizzato nella somma sinfonica di un ritratto ancora politico dell’India di Narendra Modi.
Uno sguardo personale eppure ancorato ai nomi classici del cinema asiatico, dal padre tutelare Ray alle apparizioni fantasmatiche di Wong Kar-wai, a cui si avvicina nella sua leggerezza mai superficiale.
Le storie di Prabha (Kani Kusruti) e di Anu (Divya Prabha) sono intrecciate: sono infermiere e vivono sotto lo stesso tetto.
Prabha ha un marito, partito per recarsi in Germania dopo il matrimonio, scomparso del nulla per anni, e che improvvisamente si rifà vivo inviandole un pacco.
Una donna introversa, chiusa nelle proprie emozioni e in un pudore che si manifesta in ogni suo gesto.
Anu è giovane, più aperta ed impegnata in una relazione impossibile con Shianti per la loro diversa confessione religiosa, lei induista, lui musulmano.
Un problema, tuttavia non sufficiente a tenerli lontani da una passione che non riescono a consumare mai fino in fondo.
Completa il cast delle interpreti Parvaty (Chaya Khadd), cuoca dell’ospedale, una vedova rimasta dopo anni senza casa, sfrattata senza troppi riguardi da una compagnia interessata a costruire un nuovo complesso residenziale, e che decide di tornare al villaggio natale, vicino al mare ed alle sue origini.
E così il viaggio si sposta verso la costa, al traffico si sostituisce lo sciabordio delle acque, ed in mezzo alla natura lussureggiante l’arco narrativo trova la sua definizione.
L’amore mancato, l’amore impossibile, l’amore sepolto in una bara, agognato, l’amore unica risposta possibile alla morte. All We Imagine As Light. Amore a Mumbai è anche questo o forse è soprattutto questo
Problema e rimedio, il punto fermo attorno a cui tutto ruota.
Adriana Moltedo
Esperta di cinematografia con studi al CSC Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, Ceramista, Giornalista, Curatrice editoriale, esperta di Comunicazione politico-istituzionale per le Pari Opportunità. Scout.