«È un suicidio», «Povere donne imbacuccate», «Avrà grossi guai meschina». Questi i primi commenti alla notizia della studentessa iraniana spogliatasi per protesta dopo l’ennesima rampogna sul velo «non a norma» da parte degli arcigni tutori maschi della moralità e della virtù (?).
Poverina, diciamo noi. Tutto qui? Quale differenza con gli elogi sperticati rivolti a star e starlette occidentali che, col pretesto dell’«autodeterminazione» (qualcuna addirittura del «femminismo»), si esibiscono in performance al limite del pornografico. Corpi, questi ultimi, che definiremmo sintetici. Carne plasticata, ad uso del piacere maschile. Essere oggetti rende libere?
Il corpo della ragazza persiana è, invece, vero. E casto. Lo è nella sua bellezza imperfetta ma soprattutto in nella posa asciutta e severa, braccia conserte, sguardo profondo, da amazzone. Lo è perché pensa, come una scultura di Rodin. Perché prova imbarazzo o freddo, o entrambe le cose. Lo è perché stanca, e forse cadrà, ma in piedi. Non si scialacqua, non protende i glutei, non concede che l’essenziale; cioè tutto. Al contrario delle esibizioniste, il corpo la definisce come soggetto. È un corpo che grida al mondo la sua interezza di donna, non vergogna da occultare né membra da ostentare. Scandalosa perché insostituibile.
Poverina? Suicida? Martire, semmai. Sicuramente eroica. Certamente non da compatire. È lei la nostra sorella. Dovremmo andarne fiere. Alzarci in piedi davanti al video che la inquadra lucida e sola.
Chi la commisera forse non ha capito che la «poverina» sta lottando per tutte noi. Perché l’Iran non è l’altra parte del mondo, non lo è l’Afghanistan o l’Africa delle mutilazioni genitali femminili. Una donna si può negare in molte maniere, da quelle più rozze e barbare dei regimi disumani alle sofisticate teorie transumaniste, dov’essa si dissolve nei rivoli del percepito e della fluidità.
E se noi, donne europee, ancora ci balocchiamo nell’illusione d’una libertà sempre più erosa e compromessa; se ci limitiamo a scuotere il capo, ché tanto non ci riguarda; se ci ostiniamo a seguire idoli sbagliati, potremmo trovarci ben presto al posto di quella «poverina»; e, a differenza sua, senza neppure capirne le ragioni.