Sara Durantini, scrittrice e autrice della prima biografia italiana dedicata ad Annie Ernaux.
Ha pubblicato molti libri oltre a racconti, brevi saggi e articoli pubblicati, nel tempo, su riviste, periodici e blog.
Gli ambiti di interesse: autobiografia femminile, letteratura al femminile.
Nata a San Martino dall’Argine, in provincia di Mantova, nel 1984 dopo una laurea in letteratura moderna a Parma, prosegue la sua attività vincendo vari premi e pubblicando romanzi e racconti come riportato nella sua biografia qui sotto riportata.
Tra le autrici che hanno suscitato maggiormente il suo interesse: Colette, Marguerite Duras, Annie Ernaux, Anaïs Nin, Nathalie Léger, Sylvia Plath, Simone de Beauvoir, Virginia Woolf, Anne Sexton, Chandra Livia Candiani, Alice Munro.
Hai scritto molti romanzi e testi essai. A quale sei più legata?
Ho scritto tanto, tra libri, articoli e racconti, ma per me non è mai abbastanza. Ogni testo ha un valore speciale e un legame profondo. Scrivo sempre spinta da un’urgenza interiore, un bisogno che non ha radici chiare, che emerge lentamente durante la stesura.
È difficile, per questo, scegliere un testo rispetto ad un altro. La scrittura, poi, va sempre di pari passo con la lettura. La lettura è propedeutica alla scrittura. Per me, le due cose sono sempre state inscindibili. Credo sia fondamentale, soprattutto in questo periodo storico, ribadire l’importanza della lettura. Leggere per ascoltare altre voci, per scoprire altri mondi, per imparare l’empatia. Solo così la scrittura può tornare ad essere un atto profondo, un dialogo autentico con il mondo e con se stessi.
Ti occupi molto di letteratura al femminile. In che cosa si differenzia da quella al maschile?
È una domanda molto importante, farò del mio meglio per rispondere in modo approfondito, anche se richiederebbe più spazio e più tempo per essere affrontata pienamente. La scrittura al femminile ha delle peculiarità che emergono fin dall’atto stesso del mettere parole sulla pagina. Quando a scrivere è una donna, il gesto nasce da un’esperienza storica, sociale e intima diversa rispetto a quella dell’uomo.
È una scrittura che affonda le sue radici in una condizione di marginalità e silenzio, in quella posizione subalterna a cui le donne sono state relegate per secoli, spesso costrette a tacere o a nascondere il proprio sentire. In molte autrici, il viaggio nel “tacere femminile” è diventato uno spazio di rivelazione. La loro scrittura si è trasformata in una voce potente, capace di esprimere un destino comune, un sentire collettivo e stratificato che è, a tutti gli effetti, un ‘femminile plurale’.
Penso alle parole di Alba De Céspedes nel Quaderno proibito, che raccontano il conflitto tra il desiderio di esprimersi e le aspettative soffocanti della società. O penso a Melissa Febos, autrice contemporanea e spesso discussa, che vede nella scrittura un atto di trasformazione, un modo per sondare le parti più profonde di sé. Febos richiama Audre Lorde, che parla della responsabilità di non accontentarsi delle convenzioni, di rischiare per trovare la propria identità, e a questo si lega al concetto ben espresso da Adrienne Rich, che invita a creare uno spazio autentico in cui riconoscersi senza tradire se stesse.
C’è un filo invisibile che lega le scrittrici, una genealogia femminile che si esprime attraverso le parole e che attraversa generazioni e culture. È una rete di voci, corpi e storie che porta con sé la memoria e la forza di chi ha scritto prima di noi. Questa catena invisibile ci connette, unendo i frammenti di un’identità collettiva che ogni scrittrice arricchisce con il proprio contributo, riscrivendo e riscoprendo una storia al femminile che non è mai stata completamente raccontata.
Le donne preferiscono donne scrittrici o è indifferente?
Non posso parlare per tutte, ma posso dire cosa significa per me. Le scrittrici riescono a toccare corde profonde, a esplorare aspetti intimi del mio essere che riconosco come familiari, come parte di una storia condivisa. Quando apro il libro di una scrittrice, soprattutto se è tra quelle del “mio risveglio”, sento che sto entrando in un luogo sicuro, uno spazio in cui posso rispecchiarmi e riconoscermi. È come se, pagina dopo pagina, mi rivelassero qualcosa di me stessa che attendeva di essere svelato.
Ci sono editori sui quali fai più affidamento perché ti aiutano nella vendita del libro?
L’editore è un vero e proprio compagno di viaggio in grado di comprendere profondamente il valore del mio lavoro e di sostenermi nel condividerlo. Con l’editore si instaura un rapporto di fiducia e di grande sinergia, una collaborazione nella quale io mi sento rappresentata e sento che la mia voce può trovare il suo spazio. La vendita è solo uno dei tanti aspetti se non quello finale.
I tuoi libri non sono facili. È più difficile sfondare con libri essai?
Francamente non lo so, non mi sono mai posta il problema (o l’obiettivo) di sfondare con un libro. Scrivo perché sento di doverlo fare, perché è una necessità che porto dentro da sempre, come racconto anche in Pampaluna. Nella scrittura mi riconosco, è lì che sono veramente me stessa. Tradire questa urgenza sarebbe come tradire una parte di me. Per questo, ogni mio libro nasce da un bisogno interiore, non da strategie o calcoli. Se il riconoscimento arriva, arriva per vie naturali, come conseguenza di un lavoro autentico. Quello che conta, per me, è restare fedele alla mia voce e a quel desiderio profondo di esplorare, comprendere e condividere
Ci parli del tuo ultimo libro? È difficile coniugare immagini e parole?
Facciamo così: ti parlo dei miei ultimi due libri, perché sono strettamente legati, sia per il tema che per il modo in cui ho cercato di fondere parole e immagini. Pampaluna è uscito a maggio di quest’anno per Dalia edizioni, ed è il racconto intimo, quasi una confessione, nel quale mi concentrato soprattutto sulla parola, scavando nel profondo per portare alla luce ricordi che erano rimasti taciuti.
E insieme ai ricordi sono emerse anche immagini interiori che credevo aver dimenticato. La narrazione si apre nella Pianura Padana e dà spazio a un mondo contadino, apparentemente lontano nel tempo. Invece, siamo nel 1989, quando alla radio Gianni Morandi canta Bella signora, c’è il governo Andreotti e in Germania cade il Muro di Berlino. Qui inizia la mia storia e qui, in un giorno di fine estate, a causa di un incidente, la mia vita cambierà attraverso la presa di coscienza di un disturbo del linguaggio. A questo si unisce l’angoscia di un ambiente familiare disfunzionale che si disgrega. La voce, che non ho e cerco di ritrovare, viene sostituita dalla scrittura. Le storie scritte nel mio diario segreto saranno fondamentali per ritrovare la mia voce e quello che sarà il mio posto nel mondo.
La campagna padana è lo sfondo del libro fotografico uscito a settembre per la Ticinum Editore di Elisabetta Balduzzi e Guido Conti, Ritorno in Pianura. San Martino Dall’Argine e dintorni. Libro fotografico perché raccoglie una piccola parte (quasi duecento foto su un totale di oltre seimila) dell’archivio di Guglielmo Tonini, fotografo di San Martino (paese che mi ha dato i natali nel cuore della Pianura Padana) e qui racconto cosa c’è dietro ad ogni fotografia.
Non è stato facile, perché ogni foto ha una forza propria, un suo linguaggio che può facilmente sovrastare o scontrarsi con quello delle parole. Ho dovuto trovare un equilibrio, un dialogo sottile tra testo e immagini, lasciando che ciascuno dei due elementi potesse parlare senza annullare l’altro. L’obiettivo era creare un’esperienza immersiva, in cui il lettore potesse perdersi tra le righe e al tempo stesso trovare spunti visivi che accendessero nuove emozioni.
Così, si scopre, ad esempio, il dietro le quinte del film Novecento di Bertolucci girato proprio nella cascina di Tezzoglio dove Stefania Sandrelli e Gerard Depardieu posano davanti all’obiettivo con alcune comparse sammartinesi, oppure i mugnai e i barcaioli del fiume Oglio, le colonie elioterapiche proprio su quelle rive, la raccolta del rabacco e le risaie in quella zona.
Ci sono decine di foto e ognuna racconta una storia unica. Coniugare immagini e parole è come orchestrare due voci diverse in un’unica melodia. Come dicevo, non sempre è semplice, perché richiede di lasciare spazio a entrambe, ma quando funziona, il risultato può essere sorprendentemente potente.
E delle scrittrici italiane quale senti quella a te più vicina?
Tra le scrittrici italiane non saprei dirti anche se ci sono delle voci potentissime che ammiro e stimo (Dacia Maraini, Lea Melandri, Sandra Petrignani). Potrei però risponderti con il nome della scrittrice che più di tutte ha tracciato il mio percorso (professionale e umano): Annie Ernaux. E lo racconto nella biografia a lei dedicata, Annie Ernaux. Ritratto di una vita.
Biografia:
Nel 2009 consegue la laurea magistrale in lettere moderne presso l’Università degli studi di Parma; vincitrice dell’edizione 2005-2006 del Premio Tondelli per la sezione inediti con il lungo racconto L’odore del fieno, nel 2007 pubblica il primo romanzo, Nel nome del padre, con la casa editrice Fernandel. Tra il 2006 e il 2008 collabora con varie riviste letterarie del circuito parmense.
Nel 2008 pubblica un racconto inserito nell’antologia Quello che c’è tra di noi, a cura di Sergio Rotino (Manni Editore), nel 2009 partecipa al Dizionario affettivo della lingua italiana, a cura di Matteo B. Bianchi e Giorgio Vasta (Fandango Libri), nel 2011 pubblica un racconto inserito nell’antologia Orbite vuote (Intermezzi Editore).
Nel 2019 partecipa all’edizione aggiornata del Nuovo dizionario affettivo della lingua italiana (Fandango Libri).
Nel 2019 partecipa al volume L’unica via è il pensiero (Intermedia Edizioni) a cura del professore Hervé A. Cavallera con un contributo filosofico sul significato di architettura per Massimo Bontempelli.
Nel 2019 partecipa a Più Libri più liberi, la Fiera Nazionale della piccola e media editoria, ospite di Arena Robinson, l’inserto culturale di Repubblica, come blogger letteraria raccontando il percorso di studi e le collaborazioni in relazione alla personale attività di blogging degli ultimi dieci anni.
Dal 2019 a marzo del 2022 ha fatto parte dello staff di Umbria Green Festival come consulente culturale individuando e progettando le modalità e le forme migliori per raccontare gli eventi di matrice letteraria – artistica legati al festival. Ha diretto la rivista Umbria Green Magazine dalla sua nascita fino a marzo del 2022.
Da oltre dieci anni collabora e scrive articoli per riviste letterarie cartacee e online.
Nel 2021 pubblica L’evento della scrittura. Sull’autobiografia in Colette, Marguerite Duras, Annie Ernaux per la casa editrice milanese 13lab. Il libro racconta come le tre autrici hanno individuato, nella ricerca autobiografica, la rappresentazione narrativa più autentica della voce femminile ed esplora gli intrecci biografici fra Colette, Marguerite Duras e Annie Ernaux, in un dipanarsi tra letteratura comparata, personali esposizioni aneddotiche, sguardi monografici. Una trattazione a metà strada tra saggistica e narrativa.
Nel 2022 pubblica Annie Ernaux. Ritratto di una vita per la casa editrice Dei Merangoli. Si tratta della prima biografia italiana dedicata alla scrittrice francese Annie Ernaux, Premio Nobel per la Letteratura 2022. Nel libro una inedita e lunga intervista, avvenuta durante l’incontro nella casa rifugio di Cergy avvenuto il 29 ottobre del 2021.
Nel 2023 cura il libro La terra inesplorata delle donne pubblicato dalla casa editrice Dalia Edizioni. Un libro corale che raccoglie i racconti di tredici scrittrici tra le più brillanti e non convenzionali del panorama italiano (Cettina Caliò, Ilaria Palomba, Gisella Blanco, Patrizia D’Antonio, Manuela Mazzi, Antonietta Gnerre, Emma Saponaro, Raffaella Gambardella, Elisa Ruotolo, Antonella Rizzo, Sabrina Caregnato, Luigia Sorrentino, Elisa Longo). Storie di donne, voci del nostro tempo che raccontano la metamorfosi femminile. Parte del ricavato verrà devoluto all’Associazione Difesa Donne Noi ci siamo di Milano.
Da luglio 2023 collabora con la rivista femminista Pro.Vocazione fondata da Davide Ricchiuti, la prima rivista letteraria che pubblica solo autrici, per la quale ha scritto un inedito inserito nel numero 11 dal titolo “Annie Ernaux. Il femminismo inizia con mia madre”. Dal numero successivo cura la rubrica “Le parole per dirlo”: parole del nostro quotidiano che, nel tempo, sono state travisate, distorte, che ha attraversato battaglie correndo sui binari della storia. Parole che tentano di raccontarci, di dare delle coordinate alle nostre vite, che provano se non a salvarci almeno a tenerci a galla.
Nel 2024 pubblica Pampaluna per la casa editrice Dalia Edizioni. Romanzo di formazione incentrato sulla ricerca dell’identità femminile, in opposizione a un sistema di valori patriarcale, Pampaluna nasce dal lungo racconto “L’odore del fieno” con il quale l’autrice vinse l’edizione 2006 del premio Tondelli per inediti di giovani narratori e che venne salutato, lo stesso anno, da Fulvio Panzeri sulla rivista Palazzo Sanvitale, diretta da Guido Conti, come uno scritto “di grande valore che rappresenta l’avvio di un percorso letterario che al suo esordio è già solido, meritevole, naturale”. Sulla scorta delle parole di Panzeri, anche la copertina ha voluto omaggiare il legame indissolubile tra lo scritto premiato al Tondelli e questa nuova e rinnovata riscrittura che non tradisce l’anima della scrittrice che si riappropria dell’infanzia riannodando ricordi personali e storie altrui, in una sorta di memoir che cerca di tracciare il ritratto di un piccolo mondo antico.
Nello stesso anno pubblica “Ritorno in Pianura. San Martino dall’Argine e dintorni” per la casa editrice Libreria Ticinum. Si tratta di un libro fotografico che fonde la potenza evocativa delle immagini con la profondità della narrazione, omaggio letterario alla storia e alle radici culturali di San Martino dall’Argine, dove Durantini è nata e vissuta, e il lavoro fotografico di Guglielmo Tonini, fotografo appassionato di storia locale, scomparso nel 2023, la cui intera esistenza è stata dedicata alla ricostruzione fotografica della Pianura Padana a partire da San Martino dall’Argine, suo paese natale, delle persone e dei luoghi abitati e frequentati. Un lavoro, quello di Tonini, che si è espresso anche attraverso decine di foto acquisite da altri archivi e che hanno ampliato, di conseguenza, il suo già sterminato archivio personale. Tra le pagine del volume fotografico, che mette insieme due modi di raccontare il nostro mondo, la storia individuale si intreccia a quella collettiva e la narrazione esplora momenti storici quali le due Guerre Mondiali, il dopoguerra, il boom economico, gli anni della contestazione e i cambiamenti sociali fino agli anni ’90.
Da luglio 2024 collabora con la rivista francese Collateral