A proposito di cinema, alla Reggia di Venaria è impostata un’intera sezione dedicata alla terribilità di Satana cui Füssli e Blake dedicarono tanta attenzione nelle loro vite artistiche. E pure il film “Red Dragon”, del 2002, trasposizione cinematografica del romanzo “Il delitto della terza luna” di Thomas Harris, ha messo su nitrato d’argento l’affermazione di Blake: “La strada dell’eccesso porta al palazzo della saggezza”, (dalla sezione “Proverbi Infernali” dell’opera “The Marriage of Heaven and Hell”, 1790-1793) del dove il desiderio umano è l’energia creativa più elevata, una facoltà da coltivare e non da reprimere con il peccato.
Le opere della serie de “Il Grande Drago Rosso” sono forse le più famose ed enigmatiche dell’artista inglese. Meritano un discorso a parte per l’influenza che hanno avuto a livello della Settima Arte: il Cinema. Gloss, che fu sceneggiatrice negli Anni Novanta, apprezza che Blake abbia svolto un ruolo cruciale per lo sviluppo del moderno concetto di immaginazione nella cultura occidentale. La serie di opere fu realizzata per illustrare la Sacra Bibbia: le quattro incisioni si ispirano direttamente al libro dell’Apocalisse di Giovanni.
Apocalisse
“Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato.” La rivelazione delle Sacre Scritture viene reinventata da Blake con le fattezze di un enorme mostro antropomorfo con ali di drago e corna di capra, risultato di anni di studio delle opere di Dürer, Bruegel il Vecchio e Leonardo e di una inusuale capacità di mescolare ispirazione e immaginazione. Uno dei dipinti più famosi della serie è “The Great Red Dragon and the Woman Clothed with the Sun” (Il Grande Drago Rosso e la Donna Vestita di Sole), che raffigura il Grande Drago Rosso che minaccia una donna vestita di sole, figura simbolica tratta dall’Apocalisse. In questa scena, il drago si erge minacciosamente sopra la donna, con le sue ali spiegate e le sue fauci spalancate, mentre la donna sembra protetta dalla luce radiante che la avvolge. Oggi conservata al Brooklyn Museum di New York, con questa grande opera Blake diventa a tutti gli effetti il più grande e controverso artista simbolista della sua epoca.
“Il Grande Drago Rosso”, creatura emersa dal mare per combattere contro l’Arcangelo Michele, secondo la poetica di Blake, ha la funzione di rappresentare che l’Inferno non è un luogo di punizione e sofferenza, ma una dimensione di estasi dionisiaca. Essa si raggiunge soltanto attraversando “le porte della percezione” e puntando all’infinito. La convinzione di Blake insiste sull’umanità che può superare i limiti a lei posti dai cinque sensi ed è forse il suo più grande lascito.
Le porte della percezione
«Se le porte della percezione fossero purificate, tutto apparirebbe all’uomo come in effetti è, infinito.» Cit. William Blake. Mentre alla sua epoca questa prospettiva era considerata aberrante, al giorno d’oggi è stata incorporata nella moderna definizione del termine. In particolare della citazione “the doors of perception” si è spesso sentita l’eco nella letteratura e nella musica del XX secolo: per fare due esempi, il saggio “The Doors of Perception” di Aldous Huxley e la band The Doors di Jim Morrison rendono forte il legame al pensiero di Blake.
Giosuè Carducci
Gloss rivà col pensiero “A Satana”, una poesia di Giosuè Carducci nella forma di inno in cinquanta quartine di quinari sdruccioli a schema rimico ABCB, secondo il modello del “brindisi”, cioè di un componimento poetico estemporaneo da recitarsi a tavola, in onore alla potenza dell’angelo caduto nei fenomeni naturali, nell’amore per le donne, nella creatività artistica. Fu composto nel 1863 e pubblicato la prima volta nel 1865. In riferimento alle date, Gloss pensa sia lecito supporre che si sia ispirato a Blake.
Tatuaggi
Il mostro antropomorfo immaginato da Blake è tatuato sul dorso del protagonista Francis Dolarhyde nel film
“Red Dragon” e il suo significato risiede nella fascinazione che prova per l’opera di William Blake, appunto “Il Grande Drago Rosso”. La potente aura emanata dal drago protagonista ha scatenato nel serial killer una personalità alternativa che lo spinge a compiere omicidi apparentemente casuali. Il tatuaggio di Dolarhyde copre l’intera schiena dell’uomo, ed è un’opera d’arte di per sé: rappresenta un drago completamente simmetrico, con corna dettagliate e non solo amplifica l’aspetto minaccioso e folle del serial killer, ma simboleggia anche il completo dominio che “Il Grande Drago Rosso” esercita sulla sua mente e sul suo corpo.
Nel corso della narrazione cinematografica lo spettatore scopre che la sua schizofrenia ha radici nell’infanzia, segnata dagli abusi inflitti dalla sadica nonna, traumi che gli hanno fatto insorgere un desiderio disumano di insaziabile di potere, manifestato nella sua vita adulta.
“Red Dragon” è diretto da Brett Ratner con protagonisti Edward Norton, Anthony Hopkins e Ralph Fiennes, prequel del pluripremiato “Il silenzio degli innocenti” di Jonathan Demme.
Lupo mannaro o Red Dragon?
Nel 1988 Will (abbreviazione del nome William, lo stesso nome di Blake!) Graham riesce a catturare il terribile serial killer cannibale Hannibal Lecter dopo una durissima colluttazione che lascia profondi segni non solo nel corpo ma anche nella sua psiche, tanto da indurlo a lasciare tutto e a trasferirsi in Florida con la moglie e il figlio. La sua straordinaria capacità di immedesimarsi nell’assassino sulla scena del crimine e la sua sensibilità nel rilevare particolari per tutti gli altri insignificanti vengono tuttavia di nuovo richieste tre anni dopo da un suo ex compagno nell’FBI per fermare un serial killer, soprannominato “Lupo mannaro” poiché agisce durante il periodo di luna piena e lascia segni di strani morsi sui corpi delle vittime: due intere famiglie sono già state uccise. Il “Lupo” è Francis Dolarhyde, il tecnico di una ditta di materiale audiovisivo disturbato da profondi complessi psicologici e dall’essere affetto da anomalie dentali (cheiloschisi) a causa delle quali, per azzannare i prescelti, indossa una speciale protesi dentaria deforme; la sua follia lo porta addirittura a venerare la figura astratta e mostruosa chiamata “Drago Rosso”, alla quale obbedisce dedicandole i suoi terribili misfatti.
Hannibal the Cannibal
Will per questo caso ha bisogno dell’aiuto di Lecter, con cui aveva già collaborato prima di catturarlo, e questi accetta ma al contempo progetta la sua vendetta personale, rivelando al “Lupo mannaro” – che prova per Hannibal grande ammirazione, tanto da intrattenere una fitta corrispondenza – l’indirizzo dell’ex poliziotto. Dolarhyde, braccato dalla polizia grazie alle indagini di Graham e per aver abbassato la guardia, essendosi innamorato, ricambiato, di una ragazza ipovedente, mette in atto un piano per far credere di essersi suicidato; credendo che il caso sia chiuso, Graham torna a casa dalla propria famiglia. Una sera il figlio rientra in casa e il serial killer lo rapisce; Will, con un astuto gioco psicologico, riesce a liberare il ragazzino e ingaggia una sparatoria con Dolarhyde: i due rimangono a terra e la moglie di Will, rientrata in casa, uccide il “Lupo mannaro”. Gloss non rivelerà altri dettagli per non spoilerare.
Letteratura e Cinema
La differenza principale tra il film e il romanzo sta nel finale: nel primo l’assassino viene ucciso e Graham può vivere felice con la sua famiglia, mentre nel secondo quest’ultimo rimane pesantemente sfigurato in volto (“ridotto come un quadro di Picasso”, commenterà Lecter) e verrà lasciato dalla moglie, oltre al fatto che l’aggressione avviene mentre sta pescando con il figliastro; addirittura, ne “Il silenzio degli innocenti”, si viene a sapere che Graham ha perso la ragione ed è diventato anche un alcolista.
Gli sceneggiatori affidano ad Hannibal il ritratto psicologico di Will:
“La verità è che tu puzzi di paura sotto quella lozione dozzinale, puzzi di paura, Will, ma non sei un vigliacco! Tu mi temi ma vieni a trovarmi, quel ragazzo timido ti spaventa eppure lo vorresti fermare. Non ci sei ancora arrivato Will? Hai potuto prendermi perché noi due siamo quasi uguali. Senza la nostra immaginazione saremmo come tutti quegli altri poveri esseri insulsi! La paura è il prezzo del nostro strumento.”
Da sceneggiatrice, Gloss azzarda l’ipotesi che Will, il detective, sia la trasposizione cinematografica di William Blake. Le opere della serie presentano varie scene in cui “Il Grande Drago Rosso” è ritratto in modi diversi, spesso in conflitto con altre figure o creature angeliche e prende il nome dal colore predominante della figura del drago, che è dipinto di rosso vivido (e argutamente ripreso dalla locandina del film), simboleggiando il male, la distruzione e la furia.
Ed è proprio da questa opera che il tatuaggio sulla schiena e sulle gambe di Dolarhyde prende ispirazione. Purtroppo alla Reggia di Venaria non è presente l’intera serie.
Solo con la Cultura si possono individuare i rimandi tra un’Arte e l’Altra.
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