Oggi molte donne ricoprono ruoli di potere: guidano imprese, governano nazioni e lo fanno con competenza. Hanno conquistato il diritto di occupare queste posizioni e dimostrano ogni giorno di esserne all’altezza. Tuttavia, molte di loro, avendo interiorizzato valori tradizionalmente maschili, non sempre riescono a rappresentare i nostri autentici interessi e bisogni.
La storia ci insegna che le conquiste possono essere fragili, perché il riconoscimento del valore femminile non è mai stato un percorso lineare. Ogni passo avanti richiede vigilanza, impegno e, soprattutto, la capacità di costruire un cambiamento che rompa definitivamente con i principi del patriarcato e valorizzi davvero la diversità e la ricchezza del femminile.
Le origini del patriarcato risalgono al mondo greco. Da un lato, gli antichi Greci hanno immaginato figure femminili forti e straordinarie—ragazze eroiche, madri autorevoli, regine guerriere—ma dall’altro hanno costruito un sistema sociale che relegava le donne ai margini, escludendole dalla sfera pubblica.
Hanno inventato l’autogoverno dei cittadini guerrieri, la demokratia, ma in questo popolo sovrano c’era una condizione imprescindibile: essere maschi e virili. Di conseguenza, il potere alle donne era impossibile.
La filosofia e la legge naturale stabilivano che le donne, per natura, erano inadatte al comando. A loro venivano attribuite incapacità decisionale, sottomissione, incostanza, vigliaccheria e mollezza.
Aristotele sintetizzò questi pregiudizi in un sistema di pensiero coerente: il maschio era “focoso, impetuoso, audace, imperioso”; la femmina “fredda, intelligente, vile, timida”. L’uomo era un “animale politico”, la donna un “animale domestico, privo di logos”.
Queste idee vennero ulteriormente rafforzate dal cristianesimo, che trasformò la donna antica, irresoluta, nella donna cristiana: irrazionale e subordinata. In questo modo, il patriarcato trovò basi teoriche e religiose destinate a perdurare nei secoli.
Fu solo con il progetto emancipatorio dell’Illuminismo, alla fine del Settecento, che si iniziò a mettere in discussione il patriarcato. L’idea rivoluzionaria che i diritti appartenessero a ogni individuo in quanto essere umano divenne una premessa fondamentale della modernità democratica. Questo concetto rimane tuttora il nostro orizzonte di riferimento.
A mio avviso, il femminismo è stata l’unica vera rivoluzione riuscita in Italia, perché ha trasformato sia gli uomini che le donne. Tuttavia, questa rivoluzione è ancora incompiuta: il mondo continua a essere dominato dagli uomini. Le donne, al massimo, vengono “inserite” nel sistema, ma senza che il sistema stesso venga messo in discussione.
Il patriarcato, pur essendo in crisi e indebolito, non è affatto sconfitto. Anzi, proprio perché si sente minacciato, reagisce con ferocia: resiste, discrimina e, nei casi più estremi, uccide.
Per approfondire:
“L’errore di Aristotele” di Giulia Sissa, che esplora le origini del patriarcato e il ruolo della filosofia greca nella sua affermazione.
“Scienziate nel tempo. Più di 100 biografie”, Ledizioni 2023