C’è chi pensa che una città moderna e fredda come può essere Milano lasci poco spazio alla solidarietà.
Invece Milano è una città che lavora sempre anche per i più poveri ed emarginati. Tra questi i rifugiati in transito da paesi lontani.
Ad occuparsene sono i volontari delle associazioni come Rete Milano . Tra i volontari ci sono anche persone che hanno terminato il loro tragitto di vita lavorativa e dispongono di tempo libero.
Questo è il caso di Fausta Omodeo Salè. Biologa, ex docente di Chimica Biologica presso la Facoltà di Farmacia di Milano. Dal 2013 in pensione, due figli e sei nipoti. Abituata ad alzarsi presto la mattina e a ritornare a tarda ora la sera trovava difficile la vita da pensionata ed ha deciso di imbarcarsi in un progetto di volontariato.
Fausta ha intrecciato la sua vita con migliaia di migranti per i quali l’Italia è solo una terra di passaggio.
La tua prima vita prima della pensione era dedicata alla carriera universitaria. Come mai questo cambiamento?
Quando lavoravo non potevo fare altro perché ero completamente assorbita dall’Università e dai figli. Dopo la pensione ho cominciato a guardarmi intorno, volevo restituire a qualcuno un pezzettino della fortuna che la vita mi aveva riservato e così sono diventata volontaria di Fondazione Arca, l’associazione più grossa che prima dell’arrivo dei migranti si occupava, come continua a fare anche ora, in generale di bisognosi.
Ho cominciato aiutando a distribuire i pasti nei loro centri di accoglienza, poi le emergenze si sono modificate ed aumentate. Finchè non si è aperta la rotta balcanica e da qui la decisione con alcune amiche di fondare un’associazione che potesse aiutare i migranti in transito, gli invisibili per i quali non era previsto in città nessun aiuto di base.
Anche ora che i numeri dei migranti in transito cominciano ad essere considerati una nuova emergenza si parla poco del flusso sotterraneo di chi passa per Milano per andare altrove. Sono persone determinate a non farsi identificare per non essere costrette a chiedere asilo nel nostro scalcagnato Paese che, però, continua a farsi carico del primo soccorso emergenziale di chi arriva in Europa.
Da quali paesi arrivano?
A Milano intercettiamo soprattutto afgani, iraniani, siriani, curdo iracheni. Molti arrivano dalla rotta balcanica, altri dal sud Italia dopo uno sbarco o spesso dalla Grecia nascosti sotto ai vani dei camion che si imbarcano a Patrasso o Igoumenitza. Negli ultimi mesi sono aumentati tantissimo gli iraniani di tutte le estrazioni sociali.
Ma quanti sono i migranti in arrivo che potete aiutare?
Esattamente non sappiamo quanti siano. Aiutiamo quelli che ci chiedono aiuto o intercettiamo in Stazione Centrale ma molti passano da invisibili.
E il Comune di Milano vi dà una mano?
Negli ultimi due anni il Comune di Milano ci ha aiutato mettendo a disposizione, anche se non in modo continuativo, delle strutture di accoglienza con 15-20 posti letto. Da maggio a fine novembre 2024 ad esempio Rete Milano ha cogestito con l’associazione Senza Margini uno spazio in via San Marco dove abbiamo potuto offrire un posto letto, servizi igienici, cena e colazione a quasi 900 persone per una/due sere.
I transitanti potevano accedere alla struttura solo dopo le 18 e nostra segnalazione alla Croce Rossa. Alcuni venivano inviati anche dalla Protezione Civile, Associazione Naga e da altre piccole associazioni.
Chi li accoglieva?
A gestire la struttura di via San Marco c’erano due persone fisse e ogni sera 2 volontari messi a disposizione uno da Rete Milano e uno da Senza Margini. I pasti erano forniti pronti da Progetto Arca ma a tutto il resto (lenzuola e asciugamani usa e getta, medicine, vestiti) abbiamo provveduto noi. Per i volontari è stata un’esperienza molto faticosa e forte dal punto di vista emotivo. Molti arrivano con ferite o infezioni da curare. Alcuni portano sul corpo i traumi delle violenze subite ai confini. Tutti sono molto stanchi e provati. Spesso ne abbiamo ascoltato le storie, impotenti davanti alle loro lacrime.
Quanti sono i nuovi arrivi?
Il numero delle persone intercettate nel corso degli ultimi mesi è stato variabile. Da poche unità a piu’ di 20 persone al giorno a seconda dei respingimenti ai confini Bosnia-Croazia e Italia-Slovenia. Ci sono persone che toccano il cuore. Sulle spalle hanno una vita faticosa, molti sono in viaggio da anni con bambini piccolissimi. Il 10% sono minori soli partiti quando avevano 12-13 anni.
Tutti vogliono poi proseguire per la Germania o altri paesi del nord. Sanno che chiedere asilo in Italia richiede tempi lunghissimi e non garantisce subito un posto in accoglienza.
Come ti arrivano le domande d’aiuto?
Riceviamo le richieste di aiuto su un cellulare di servizio o i social media attraverso il passaparola di persone che abbiamo precedentemente aiutato. Molti ci vengono segnalati da associazioni che li aiutano lungo la rotta balcanica. Altri vengono intercettati dai nostri volontari di turno tutte le sere in Stazione Centrale. La maggior parte ci chiede la possibilità di passare una notte al caldo per tirare il fiato, una doccia, dei vestiti puliti e consigli per continuare il viaggio verso Paesi dove hanno reti familiari o solo la speranza di poter avere maggiori opportunità. Quando, come ora dopo la chiusura del centro di San Marco, non sono disponibili posti letto messi a disposizione dal Comune siamo in grande difficoltà. Possiamo ricorrere solo a 5 posti letto presso un nostro appartamento in affitto per housing sociale da Aler e all’ospitalità di 7/8 famiglie della nostra rete. Negli ultimi sei mesi abbiamo ospitato in questo modo 350 persone.
Alcuni restano per una notte e poi svaniscono. Moltissimi ci scrivono una volta arrivati ringraziando per l’aiuto ricevuto. Con alcuni si è stabilita un’amicizia profonda e siamo ancora in contatto dopo anni.
Quindi esiste un progetto per i transitanti?
Per ora non esiste un progetto strutturato ma sicuramente il Comune ha fatto sua questa emergenza quindi speriamo che l’aiuto che fino ad ora ci ha fornito a singhiozzo diventi continuativo con l’offerta di strutture sempre meglio organizzate.
Quindi i transitanti sono la nuova realtà dei flussi migratori…
Si, sono i viandanti del terzo millennio che hanno continuato ad attraversare confini, a muoversi anche quando noi eravamo chiusi in casa dalla pandemia.