Una storia fiabesca ispirata da un soggetto mai realizzato di Federico Fellini e Tullio Pinelli. Napoli – New York raccontato dal regista Gabriele Salvatores e il protagonista Pierfrancesco Favino.
Due bambini alle prese con un viaggio iniziatico dalla Napoli devastata del dopoguerra all’America del sogno possibile
“Il produttore Arturo Paglia ha avuto il merito”, ha detto Salvatores, autore anche della sceneggiatura, “è un ritrovamento che mi commuove, l’idea che nella tribù dei cinematografari ci sia una storia dimenticata scritta dai nostri maestri a cui viene ridata vita. Alla prima parte, a Napoli nel 1949, sono stato molto fedele, usando anche dei dialoghi già scritti, mentre ho cambiato abbastanza la seconda, quella in America, dove Fellini e Pinelli non erano mai stati, almeno nel dopoguerra, quando avevano scritto questo soggetto dal sapore molto neorealista. Aveva troppa fiducia in quel sogno americano che noi sappiamo può diventare un incubo. Del resto, l’hanno scritto quando ci avevano appena liberati”.
Pierfrancesco Favino interpreta un italo americano che aiuta i due bambini nella loro ricerca. “Mi è piaciuto subito come Napoli – New York non pretendesse di dare lezioni”, ha dichiarato l’attore, “a partire dalle pagine trovate in un baule di casa Pinelli, dalla fantasia di chi non era mai stato in quel momento a New York, ma guardava all’America come sogno, attingendo dalla realtà intorno che conosceva come l’immigrazione, usandola con una favola di formazione. Un meccanismo di racconto difficile da trovare oggi. Senza pretendere di fornire risposte, ma in una favola etica che non insegue il sapere storico, ma cerca di mostrare come le persone possano mettersi insieme disposte verso il bene comune, e in questo modo le generazioni future posso compiere scelte diverse dalle nostre e garantirsi un futuro.
Una fiaba con alla base una verità che la solidarietà umana rende possibile”.
Un film che ha ricordato ad Anna Ammirati, la moglie di Favino nel film, l’odore “dei biscotti appena sfornati. Quando sono uscita dal cinema, dopo averlo visto, pensavo proprio a questo: ai biscotti appena sfornati dalla nonna o dalla mamma, che sono sempre quelli più buoni.
In questi momenti bui, lo possiamo dire, Gabriele ha raccontato questa storia perché ne avevamo bisogno.
C’è proprio la necessità di questo tipo di storia, raccontata in questo modo. Anche sul tema delle donne,
Anna Garofalo, il mio personaggio, è una donna che arriva a dire ‘se il Padre Eterno non ci aiuta allora siamo noi ad aiutarci’.
Troviamo così un altro modo, c’è la speranza, quindi.
Napoli – New York fa proprio bene al cuore.
I due piccoli protagonisti di Napoli – New York, Celestina (Dea Lanzaro) e Carmine (Antonio Guerra), si imbarcano clandestinamente in una nave che attraversa l’Atlantico per cercare la sorella di lei, emigrata pochi mesi prima senza dare più notizie.
Contemporaneamente il loro viaggio li porta verso un luogo dell’immaginario tanto dibattuto dalle loro parti fra le rovine di una città ancora in macerie, ai primi passi di una ripresa dopo la guerra.
Un viaggio picaresco partito con un intento molto pratico, in cui questo paese dei balocchi sembra una destinazione accessoria
È il viaggio a cambiare la loro vita, in questa sorta di fiaba di formazione senza pietismi o vittimismi, in cui la solidarietà diventa un bene portato in dote dall’umanità delle persone che incontrano, scevro del cinismo dei nostri tempi, più che di quelli.
I piccoli Carmine e Celestina tentano di sopravvivere come possono, aiutandosi a vicenda.
Una notte, s’imbarcano come clandestini su una nave diretta a New York.
I due si uniscono ai tanti emigranti italiani in cerca di fortuna in America e sbarcano in una metropoli sconosciuta, che li farà crescere e spaventare, sicuramente li cambierà fino a farli diventare adulti prima del tempo.
Tutti gli attori hanno regalato tanto a questo film, anche lavorando sugli sguardi più che sulle parole.
Il cinema è fatto di attori e di una macchina da presa che riesca a cogliere quello che ti danno. Era importante per me farlo a Napoli, dove sono nato. E se sei nato lì te lo porti dietro per tutta la vita- ha dichiarato Salvatores.
Una storia pienamente ancorata su una città e i suoi abitanti, ma soprattutto sul loro spirito. Parliamo di Napoli e dei napoletani. Come ha detto il regista, “con due bambini milanesi non avrei potuto fare questo film.
In un’epoca in cui regnano diffidenza e rancore, a volte l’odio, mi piaceva raccontare di solidarietà, ricordando che se guardiamo chi è diverso e lo conosciamo possiamo anche volergli bene. Un film da pianerottolo che spero possa portarci a pensare che possiamo essere migliori di come siamo.
Abbiamo usato scenografie di ambienti ricostruiti fino a cinque metri, dove recitavano gli attori, al di sopra abbiamo usato degli effetti speciali che non vogliono stupire, ma cercare di essere poetici. Come diceva Derrida, critico e psicanalista, ‘il grande potere del cinema è rievocare fantasmi, quelli che abbiamo già dentro ma hanno bisogno del buio e del silenzio, proprio come i fantasmi’. Ha concluso Salvatores.
Adriana Moltedo
Esperta di Cinematografia con studi al CSC Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, Ceramista, Giornalista, Curatrice Editoriale, Esperta di Comunicazione Politico-Istituzionale per le Pari Opportunità. Scout.