Valentina Poli, torinese laureata in Lettere e Filosofia, dopo aver lavorato per 14 anni per l’agenzia di pubblicità Amando Testa nel servizio clienti,, ha lasciato la sua attività ed aperto nel 2006 l’associazione Spazzi di Campagna (Una comunità che coltiva le differenze). L’ associazione si proponeva di contribuire alla lotta al disagio e all’emarginazione attraverso la promozione dell’integrazione tra persone di differente condizione e provenienza sociale, tramite l’offerta di progetti eco-terapeutici, di forme di sostegno individuale a carattere sociale, educativo e sanitario e di proposte culturali. Particolare attenzione è stata posta alla sostenibilità economica, alla qualità scientifica delle iniziative, nonché alle esigenze del territorio.
Oggi Valentina racconta di non seguire più la pubblicità nemmeno in TV. Quindi è stato un cambiamento estremo che ci ha incuriosito ed abbiamo voluto intervistarla.
Come è stato passare dalla pubblicità cioè un mondo rivolto al consumo ad un mondo rivolto al sociale?
Beh, è stato piuttosto radicale anche se l’esperienza fatta per tanti anni nel Servizio Clienti dell’Armando Testa mi è stata molto utile.
Direi che la principale differenza non è data dalla quantità di persone a cui ci si rivolge ma deriva dallo scopo delle due attività. La pubblicità, attraverso il messaggio che presenta in modo accattivante il prodotto, è finalizzata a indurre all’acquisto. Si tratta cioè di un ambito prettamente commerciale. Un associazione Onlus, già nella sua definizione di Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale, è un ente che svolge attività per finalità esclusive di solidarietà sociale, di sostegno e supporto rivolte a chi vive in condizioni di disagio di vario genere. Nel caso di Spazzi di Campagna ci siamo occupati di disagio psichico, sociale e di integrazione dei richiedenti asilo.
Nel passaggio dal mondo della pubblicità a quello del sociale posso dire che lavorare nel secondo è molto più complicato. Non più impegnativo, lo sono entrambi, ma più complicato perché ci si trova ad interagire con realtà molto meno organizzate.
Le aziende, le agenzie pubblicitarie, i media funzionano secondo schemi e strutture ben definite. Si capisce velocemente chi sono gli interlocutori e quali sono le procedure da seguire.
Quando si ha a che fare con realtà della Pubblica Amministrazione (Asl, Centri per l’impiego, Servizi sociali, Centri di accoglienza…) tutto è più difficile, confuso, per non parlare delle lungaggini burocratiche. Inoltre ci si trova spesso anche a dover sopperire alle carenze, a farsi carico di questioni che non sarebbero di propria competenza.
Se si lavora nel sociale bisogna essere molto motivati per riuscire a superare gli ostacoli e raggiungere gli obiettivi.
Sei cambiata tu o la vita della pubblicità non faceva più per te?
Direi che ci sono state un po’ entrambe le cose. Il lavoro all’Armando Testa l’ho lasciato perché in quattordici anni, dopo aver vissuto esperienze molto stimolanti e coinvolgenti, non vedevo più possibilità di crescita professionale. Era ancora un periodo in cui il ruolo della direzione nella gestione del cliente era ricoperto quasi esclusivamente da uomini. A differenza di oggi. Così me ne sono andata. Poi per qualche anno ho fatto consulenze saltuarie.
Il passaggio ad un lavoro nel sociale è stata la conseguenza di un dramma familiare. Mio fratello è morto per problemi psichiatrici e questo evento mi ha convinta ad occuparmi delle persone che soffrono di problemi psichici. Così nel 2006 insieme a mio padre e al mio compagno abbiamo costituito l’Associazione Spazzi di Campagna Onlus di cui sono stata Presidente, Amministratore Delegato e Legale Rappresentante. Mi sono occupata, oltre alla redazione e presentazione dei progetti per i quali chiedevamo i contributi, di organizzazione, coordinamento delle risorse umane, amministrazione, controllo di gestione e sostenibilità.
Cosa ti ha appassionato di questa attività nuova? I risultati raggiunti?
Un po’ tutto nel senso che l’ho vissuta con grande partecipazione emotiva. Avendo vissuto sulla mia pelle cosa significa la sofferenza psichica sentivo il valore che aveva dare la possibilità a persone sofferenti di superare il senso di isolamento e di affievolita utilità sociale, sollecitando interesse e motivazioni attraverso l’avvicinamento e la formazione al lavoro.
A Spazzi di Campagna le persone venivano per svolgere attività in ambito agricolo con lo strumento delle cosiddette “borse lavoro”. Non eravamo uno dei tanti centri diurni destinati a far passare il tempo alle persone con disagio psichico ma un vero e proprio spazio per sperimentare il lavoro e tutto quello che ne deriva in termini di dignità, soddisfazione, autostima, compenso economico, prospettive per il futuro.
Per quanto riguarda i risultati raggiunti potrei parlarne per ore ma mi limito a dire che tutte le persone che hanno trascorso del tempo a Spazzi di Campagna ne hanno ricevuto grandi benefici. In qualche caso la permanenza a “Spazzi” ha permesso di evitare il Tso (Trattamento sanitario obbligatorio).
Devo dire che la principale soddisfazione è stata essere riusciti a mantenere attiva l’Associazione per tanti anni. E’ nata nel 2006 e solo attualmente è in fase di chiusura.
Nel sociale nascono parecchie realtà associative ma muoiono anche molto velocemente. Riuscire a resistere, perché si tratta di una vera e propria resistenza – noi ce l’abbiamo fatta per diciannove anni – è complicato e difficile. Questo risultato è in gran parte merito mio in quanto sono stata io, almeno fino al 2022, ad occuparmi della ricerca dei contributo finanziari che ci sono arrivati essenzialmente dalla Compagnia di San Paolo e dalla Fondazione CRT. Come ho detto ero io che di anno in anno presentavo i progetti per ottenere i contributi necessari a proseguire le attività.
Quando ho detto che il lavoro all’Armando Testa mi è servito mi riferivo a questo. Aver imparato a confrontarmi con le direzioni marketing delle aziende che ho seguito come account è stata un’esperienza utile nel momento in cui ho dovuto trattare con chi doveva decidere se darci i contributi. Devo anche dire che se lo considero un merito è stato anche un ruolo che mi ha creato molta ansia perché avevo su di me il peso e la responsabilità della vita dell’Associazione. Dipendeva da me, ogni anno, il suo futuro.
Il mondo senza gli altri, cioè senza avere cura della società che ti circonda ,non esiste?
Questa domanda non mi è chiara. Certamente il mondo senza gli altri non esiste. Gli esseri umani sono fatti per vivere in relazione. Tra l’altro uno dei valori fondanti di Spazzi di Campagna è stato proprio quello di creare uno spirito comunitario mescolando diversità di vario tipo anche in un contesto multiculturale. Così “Spazzi” va intesa anche come dimensione umana dove ci si incontra in un contatto che permette di relazionarsi agli altri e così separa dalla chiusure individuali. Uno spazio che unisce i suoi membri in un progetto comune.
All’interno di una comunità plurale, le diversità sono importanti quanto le somiglianze e vanno difese e mantenute in tensione attraverso un lavoro di mediazione continua. Prerequisito necessario all’interno della comunità è che ciascun componente possa esprimersi liberamente in un ambito di ascolto. Solidarietà, rispetto, comprensione dell’altro e di noi stessi, sono valori costitutivi del dialogo. A “Spazzi” è stato attraverso il dialogo, il confronto e il lavoro di gruppo che si è creata la solidarietà per affrontare le divergenze individuali dirigendole verso decisioni condivise. Un obiettivo perseguito attraverso la creazione, l’interazione e il sostegno di professionalità eterogenee, reperite sia tra le persone disagiate, sia tra operatori e volontari, di varia estrazione, interessati e motivati a partecipare all’impresa comune.
Quanto è importante la comunicazione (veritiera) al giorno d’oggi?
La comunicazione è qualcosa di cui non si può fare a meno. Ogni messaggio ha in sé sia un aspetto di contenuto sia uno di relazione. Si comunica sempre, anche con il silenzio e con l’assenza. Direi che la comunicazione è importante oggi come lo è stata in passato. Il problema è che oggi quella veritiera è sommersa da quella menzognera. Non so dire con che percentuali ma certamente più passa il tempo più le fake news prendono spazio. Con il tempo forse il lettore/consumatore imparerà a districarsi e a riconoscere la differenza ma in questo periodo temo ci sia un’enorme confusione.
Segui i social o pensi che siano solo una perdita di tempo mirata a non far sentire le persone sole?
No, non li seguo quindi non posso dire granché. Molto sinteticamente penso che i social, quando sono nati, avevano una funzione tutto sommato positiva perché servivano a rintracciare persone che altrimenti difficilmente si sarebbero potute ritrovare ma poi si sono trasformati e oggi non solo fanno perdere tempo ma hanno una enorme responsabilità nel divulgare le fake news. Credo che la terribile diffusione esponenziale delle fake news a cui stiamo assistendo, con tutto ciò che di deleterio ne deriva, sia da imputare soprattutto ai social.