regia di Ferzan Ozpetek
con Luisa Ranieri, Jasmine Trinca e con Stefano Accorsi, Luca Barbarossa, Sara Bosi, Loredana Cannata, Geppi Cucciari, Anna Ferzetti, Aurora Giovinazzo, Nicole Grimaudo, Milena Mancini, Vinicio Marchioni, Paola Minaccioni, Edoardo Purgatori, Carmine Recano, Elena Sofia Ricci, Lauretta Savino, Vanessa Scalera, Carla Signoris, Kasia Smutniak, Mara Venier, Giselda Volodi, Milena Vikotic
Nelle sale dal 19 dicembre.
Anche i drammi e persino le tragedie si possono superare con il sorriso e la solidarietà. La vita vale più di tutto. Questa è una delle “lezioni” del nuovo film corale di Ozpetek che dirige con affetto un gruppo affollatissimo di attrici, al servizio di un copione che ricorda più Donne di Cukor che non Eva contro Eva di Mankiewicz. La storia, a parte brevi fughe in esterno, si svolge interamente in una sartoria romana specializzata nel cinema, un luogo che ricorda l’atelier di Piero Tosi
Fondata da due sorelle si avvale di molte lavoranti, diverse per carattere e con vite percorse da piccoli e grandi problemi di cui tutte sono a conoscenza e che tutte si impegnano per risolvere. C’è la donna con un figlio piccolo abbandonata dal marito bellimbusto che fatica a far quadrare il bilancio, c’è quella con un marito violento e quella con un figlio adolescente depresso. Anche per le due proprietarie non mancano i dolori, una ha perso la figlia in un incidente, l’altra è forse ferita da un amore finito.
Affetto e “sorellanza” sono alla base dei rapporti, tutte si aiutano, tutte si vogliono bene, anche le più spigolose alla fine mostreranno di avere un cuore.
Quando nella sartoria cerca rifugio la nipote di una delle lavoranti, reduce da una carica a una manifestazione, alcune donne le dicono: “Guarda che ti capiamo, noi abbiamo fatto il ‘68”. E lì ci si disorienta, perché l’atmosfera (compresi abiti, trucco e acconciature) rimanda più agli anni Sessanta e anche Cinquanta che non a un post 68. Ma al regista non interessava più di tanto una precisa scansione temporale, quello che voleva era mettere in scena un composito universo femminile intorno a cui far ruotare la sua idea del femminile.
Sarà per questo che la riuscita e la credibilità dei vari personaggi dipende più dalle interpreti che dalla sceneggiatura. Mara Venier, tanto per dire, nel ruolo della cuoca materna che sa tutto e dà una mano a tutte, è bravissima, mentre Geppi Cucciari che rifà se stessa (pure equipaggiata con una strana famiglia in stile Michela Murgia) è totalmente fuori contesto.
Jasmine Trinca (bellissima) è troppo dolente. Lucia Ranieri è fredda e al tempo stesso palpitante. In una parola perfetta. Kasia Smutniak, moderna, androgina, elegantissima, sembra arrivata sul set per caso.
Detto questo il film è godibile come una consolidata serie tv, una sorta di Paradiso delle signore su grande schermo e non ci si stupirebbe se Diamanti desse il via proprio a una serie tv.
E gli uomini? Ci sono, ma relegati in un contesto marginale e sempre funzionali ai personaggi femminili. Appare qualche bel giovanotto per le prove dei costumi, un paio di garzoni e ragazzi del bar (concupiti in modo grottesco dalla Cucciari), ci sono anche un regista capriccioso e incontentabile (Stefano Accorsi) e un odioso marito violento (Vinicio Marchioni in un ruolo opposto a quello che ricopriva nel film di Paola Cortellesi).
Cosa ne dirà il pubblico? Potrebbe piacere e avere successo, perché è lieve, di cuore e trasmette quel senso di sicurezza del già visto. Un po’ come i suggerimenti delle piattaforme: se ti è piaciuto questo, potrebbe piacerti anche quello. E forse questo è il segreto di un successo popolare.