di Danila Baldo da https://vitaminevaganti.com/
Viafarini-in-residence (Vir) è un programma di studi condivisi per artiste/i, nato a Milano nella sede di via Carlo Farini 35 e successivamente ampliato all’Archivio nello spazio aggregativo culturale della Fabbrica del Vapore, in via Procaccini 4, sempre a Milano. Il progetto, di rilevanza regionale che usufruisce del supporto di Regione Lombardia, dà spazio alle produzioni di giovani artiste e artisti, mirando alla promozione della ricerca artistica e favorendo lo scambio di competenze e la crescita professionale. L’artista ospite, che supera la selezione di candidature presentate in una Open Call permanente, condivide spazi di vita e di lavoro con colleghe e colleghi sia italiani sia internazionali.
A conclusione del ciclo di residenza del 2024, è stato organizzato l’evento Viafarini Open Studio per la presentazione del lavoro artistico di: Rebecca Agnes, Saverio Bonelli, Monika Brablecova, Roi Carmeli, Amedeo Desideri, Sofia Fresia, Nikoline Heimburger, Diego Gelosi, Davide Marcianesi, Arianna Marcolin, Davide Mineo, Elisa Molteni, Matteo Peterlini, Luca Seguenza, Nazar Strelyaev-Nazarko, Swedish Girls, Simon Wallnoefer e la ricerca del curatore in residenza Luca Seguenza. Con la collaborazione curatoriale di Lucy Henderson. Le opere, dopo l’inaugurazione dell’11 dicembre 2024, sono rimaste esposte per due settimane, consentendo a chi si è recato in visita di godere delle opere delle/degli artisti e dei risultati della loro ricerca.
Durante l’evento di inaugurazione alla sede di via Farini, abbiamo avuto l’opportunità di incontrare e dialogare con diverse artiste/i, ascoltando direttamente da loro la presentazione delle opere in esposizione e il loro percorso artistico.
La prima giovane artista con cui abbiamo parlato è Elisa Molteni, fotografa, autrice in particolare di un progetto intitolato Frammenti di connessione, che approfondisce le complessità dell’identità e delle relazioni giovanili. Ci ha raccontato che Confessions è un diario introspettivo che riprende il concetto di “album di confessioni”. Vuole essere una narrazione che si addentra nel vissuto di paesaggi emotivi. Attraverso le sue pagine, l’autrice esplora la realtà esterna cogliendone il significato interiore con l’occhio della sua macchina fotografica e rielabora schizzi, testi di canzoni, riflessioni personali e altri materiali ancora in fieri.
Successivamente ci siamo soffermate lungamente in dialogo con Sofia Fresia, che ci ha parlato della sua pratica artistica e illustrato le opere esposte. Ci ha raccontato di come sia arrivata a scoprire il grande valore della pittura non solo come opera d’arte ma anche come pratica terapeutica dopo una lunga malattia e di aver quindi voluto frequentare l’Accademia Albertina di Torino con la convinzione che la pittura potesse essere di grande aiuto anche per altre persone così come lo era stata per lei.
Fortissima è stata la sensazione di riuscire a esprimere — con i colori su una tela — le sue idee, i significati che voleva manifestare, i sentimenti condivisi… e diventare sempre più capace e autonoma in questa grande esperienza. Ha compreso, ed è ciò che vorrebbe trasmettere, che tradurre in immagini ciò che si prova e si soffre dà forza e aiuta a far fronte alle difficoltà, è un modo per non tener tutto dentro ma condividere e in modo più efficace, spesso, che non con le parole. I colori vivaci possono suggerire una visione più propositiva della vita anche in periodi grigi e problematici.
Ora Sofia Fresia è sempre più addentro nel mondo dell’arte, ma vi trasfonde anche le sue altre attività inerenti lo sport del nuoto, praticato anche a livello agonistico, e l’essere una guida alpina: il fondere l’elemento acquatico, da cui proveniamo e in cui ci immergiamo, con l’ebrezza dell’altitudine e delle vette.
Abbiamo molto apprezzato anche la pittura di Arianna Marcolin, diplomata all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Nel 2022 è accolta tra gli atelieristi di Fondazione Bevilacqua La Masa a Venezia e dopo diverse esposizioni personali e collaborazioni in giro per l’Italia, approda alla residenza di Viafarini. Una sua personale ha come titolo Stanza iperbarica: la domanda esplorata dalla giovane artista è «Uscire dalla stanza?» e la risposta con colori tenui ed evanescenti, che si immergono nella materia e la rendono liquida, come se dovesse succedere qualcosa, è «Sì, è necessario».
Decisamente particolari le composizioni di Davide Marcianesi, non proveniente da un’Accademia di Belle Arti, ma laureato in Design al Politecnico di Milano. Ci racconta che la sua ricerca è volta a esplorare la società non solo dal punto di vista più banalmente “umano”, anzi, il suo intento è andare oltre “gli stereotipi culturali” più consueti, per rendere manifeste zone d’ombra che spesso spaventano, senza cognizione di causa. Qui espone opere che esorcizzano la paura dei ratti nelle città, ingiustamente considerati causa di pestilenze, dovute invece all’incuria umana.
Saverio Bonelli, con questa sua opera, esprime la difficoltà della comunicazione di chi soffre di balbuzie o dislessia o qualsiasi altra sindrome che rende le parole che escono dalla bocca pesanti come pietre… in interazioni sociali non fluide, ma da codificare, ostacoli da superare con fatica in una forma d’arte per indagare la propria identità, scoprire sé stessi e spalancare le porte del proprio io in un afflato di condivisione.
Swedish Girls è uno pseudonimo che indica le due artiste Mira Bergh (in foto) e Josefin Zachrisson, che vivono tra Milano e Stoccolma. La loro ricerca artistica nasce da un approccio concettuale e sperimentale dell’arte come pratica collettiva. L’installazione nello spazio interno di Viafarini fa emergere la frase incisa col laser sui sedili di una sala d’attesa in ospedale God chose you (Dio ti ha scelto), frase veramente pronunciata in una seduta di psicoterapia. Rappresenta il tentativo (maldestro?) di confortare con la spiritualità quello che spesso è un disagio psichico incarnato in una realtà di isolamento e stigma sociale. La religione come panacea di una sofferenza che è un peso emotivo intollerabile se non trova soluzioni umane di accoglienza e condivisione.
La visita allo spazio di via Farini, 35, sapientemente guidata da Giulio Verago, uno dei curatore della residenza, si è quindi conclusa con un’opera di Rebecca Agnes, artista su cui ci siamo già concentrate nell’articolo Vivere le nostre città, e che ritroveremo ampiamente proseguendo verso l’Archivio Viafarini, alla Fabbrica del Vapore in via Procaccini: arrivederci alla parte seconda di Viafarini Open Studio.
In copertina: installazione L’ultimo viaggio (2022), di Swedish Girls, nel cortile in via Carlo Farini, 35, Milano. Foto di Danila Baldo.
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Articolo di Danila Baldo
Laureata in filosofia teoretica e perfezionata in epistemologia, già docente di filosofia/scienze umane e consigliera di parità provinciale, tiene corsi di formazione, in particolare sui temi delle politiche di genere. Giornalista pubblicista, è vicepresidente dell’associazione Toponomastica femminile e caporedattrice della rivista online Vitamine vaganti