UMAMI è la storia, poetica, a tratti surreale, di un uomo che va alla ricerca di un sapore.
Il sapore della felicità, film diretto da Slony Sow, racconta la storia di Gabriel Carvin (Gerard Depardieu), lo chef più famoso di Francia, che ha da poco ricevuto la sua terza stella Michelin.
L’uomo è al culmine della sua celebrità, ma nonostante questa sua fama, Gabriel si rende conto di non esser felice e non sa dire il perché.
Gabriel è infelice, molto infelice.
Quando il suo migliore amico (Pierre Richard) prova a ipnotizzarlo per cercare di capire cosa non lo renda felice, Gabriel rimane sorpreso la sua memoria viaggi fino al suo primo concorso di cucina.
Era il 1978, l’uomo era solo un ragazzo ed è stato sconfitto nella competizione da uno chef giapponese (Kyozo Nagatsuka), che prevalse con una semplice scodella di noodles.
Gabriel comprende che la sua infelicità è dovuta proprio a quel trauma e decide di intraprendere un viaggio in Oriente, che cambierà per sempre a sua vita e il suo approccio alla cucina.
Lo chef beve tanto, sua moglie (Sandrine Bonnaire) lo tradisce con un altro uomo e non ha alcun legame com i suoi due figli, Jean (Bastien Bouillon) e Nino (Rod Paradot).
“Il sapore della felicità – Umami”, è l’avventura culinaria ambientata tra Francia e Giappone con protagonista Gerard Depardieu, Sandrine Bonnaire e Bastien Bouillon (recentemente vincitore del César come miglior esordiente per La Notte del 12).
Il grande chef stellato francese, decide di intraprendere viaggio culinario alla ricerca del sapore massimo che ha confuso la sua vita.
Quando la sua salute e la sua vita familiare iniziano a sgretolarsi, il noto chef decide di recarsi in Giappone alla ricerca dell’uomo che 40 anni prima lo aveva battuto in una gara di cucina con una una scodella di noodles. Il viaggio culturale e culinario tra i sapori del Giappone, lo costringerà a riflettere su se stesso e a fare un bilancio della sua vita.
Il film è una co-produzione Francia-Giappone da qui il titolo originale “Umami”, termine giapponese usato per denominare il quinto elemento del gusto: dolce, salato, aspro, amaro e, infine, umami.
Le musiche originali del film sono del compositore Frederic Holyszewski, i cui crediti includono il dramma storico cinese Road to Sky (2015), una traccia per il videogioco Gran Turismo 4. Holyszewski è alla terza collaborazione con la regista Slony Sow dopo aver musicato i corti Grenouille de cristal e Dolya.
Il regista Slony Sow ha riferito della musica del film: “Sono un fan di Tarantino, che mescola sempre tutti gli stili musicali e non esita a mettere il contemporaneo nei suoi film d’epoca. Non l’ho copiato, ma mi ha ispirato. La colonna sonora de ‘Il sapore della felicità’ è stata molto importante per me. Amo la musica originale di Holyszewski. Trovo che ti faccia davvero ‘sentire’ lo spirito del film.”
Dopo diversi anni di incessanti viaggi in Giappone, ho deciso di stabilirmi lì. Vivo a Tokyo ormai da cinque anni. Un giorno mentre pranzavo in un ristorante con cinque amici, uno di loro, Yann Gahier (che nel frattempo è diventato uno dei co-produttori del film), iniziò a parlare di umami con la cameriera.
A differenza dei miei quattro ospiti, non sapevo di cosa stessero parlando. Mi hanno detto all’unisono che è “il quinto sapore”, un sapore di straordinaria finezza, che si aggiunge a quelli, molto identificati, dolce, acido, amaro e salato. Ma quando ho chiesto loro di definire questo sapore, non sono stati d’accordo. A parte il suo aspetto puramente gustativo, ho capito che la nozione di umami era metafisica. Non so perché – perché a dire il vero non c’era niente di visivo – mi è venuta improvvisamente l’idea di fare un film attorno a questo “sapore”, piuttosto immateriale per essenza, ma comunque sufficientemente “identificabile” da milioni di le persone lo hanno condiviso con gioia fin dall’alba dei tempi.
All’inizio, questo progetto cinematografico era molto vago. E poi ho iniziato a costruire una storia che potesse essere paragonata a una sorta di ricerca del Graal… A poco a poco ha preso forma uno scenario che avrebbe caratterizzato un uomo alle soglie della vecchiaia.
Un uomo disperato che, dopo essersi addentrato nei piaceri e nei valori secondari dell’esistenza, improvvisamente si metteva in testa di trovare “il senso” che, da giovane idealista, aveva della vita. Questo “senso della vita” che molti dicono di cercare, senza sapere veramente, in fondo, cosa racchiude e cosa significa.
Mi sono reso conto che questa espressione “senso della vita” era come umami: qualcosa che esiste, pur essendo ineffabile! Ci ho riflettuto parecchio e poi abbastanza velocemente ho immaginato che il mio uomo di mezza età potesse essere un grande chef, un grande cuoco che avrebbe “corso” per tutta la vita dietro a nuovi sapori senza mai essere stato veramente soddisfatto e che sarebbe andato a Giappone per cercare ciò che finalmente potesse colmare la sua insaziabilità e placarlo… La mia storia si era concretizzata…Ecco come è andata.
Gérard è un grande attore. Mi ha anche insegnato a lavorare con l’impazienza, che è una virtù artistica. E’ un grande creativo e dotato di grande immaginazione. Ha sottolineato il regista, Perfetto per la parte.
Una grande occasione! Per interpretare Louise Carvin (la moglie di Gabriel), volevo un’attrice che Gérard già conoscesse e con la quale si trovasse a suo agio. E volevo anche che questa attrice riuscisse a trasmettere la sensibilità che Louise nasconde sotto la sua freddezza di donna d’affari. Ce n’era solo una. Era Sandrine. Quando ha detto di sì, ero felicissimo. La trovo meravigliosa nel film, con un’incredibile umanità sotto la sua gelida rigidità di manager. Mi sembra che la coppia che forma con Gérard funzioni subito e che resti credibile fino alla fine, anche se si separa. E’ una Umami.
Adriana Moltedo
Esperta di cinematografia con studi al CSC Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, Ceramista, Giornalista, Curatrice editoriale, esperta di Comunicazione politico-istituzionale per le Pari Opportunità. Scout.