Diretto da Olivier Casas
con Yvan Attal e Mathieu Kassovitz
Dal 6 marzo nelle sale
Un film tradizionale per una storia eccezionale. E vera. Anche la genesi del film ha ben poco di scontato. Olivier Casas è un regista parigino ma è anche un parigino nell’anima che vive appieno la sua città e i suoi rituali. Ad esempio frequenta da 25 anni il Bouquet Wagram, un caffè del 17° arrondissement e ha fatto amicizia con parecchi clienti abituali, diversi per età, interessi e professioni.

Fra questi un apprezzato ed elegante architetto, Michel de Robert. Un giorno, una decina d’anni fa, i due si ritrovano assieme ad altri all’inaugurazione di una casa che de Robert ha ristrutturato. A un certo punto, per caso, passeggiando nel giardino il regista vede l’architetto solo, in un angolo, intento a intagliare un legno con la perizia di un pellerossa e si stupisce di questa sua abilità così poco “cittadina”. Michel sorride e gli racconta una storia così incredibile che sembra già un film. Dieci anni dopo il film diventa realtà.

Il dopoguerra in Europa è stato un periodo terribile e di grande confusione. Per tutti. Fra le vittime anche migliaia di bambini. Sembra, ma le statistiche sono complesse, che addirittura 340mila minori siano rimasti soli in quegli anni e pochi se ne curavano. Perché le persone faticavano già a badare a se stesse, perché la sensibilità nei confronti dei bambini era molto diversa da quella attuale. .

La storia di Patrice e Michel inizia nel 1948. Abbandonati dalla madre che non li recupera da una colonia estiva a Châtelaillon, vicino a La Rochelle, restano per qualche tempo con i dirigenti del centro ma per una serie di circostanze avverse un giorno scappano. Hanno 5 e 7 anni. Si rifugiano nella foresta e incredibilmente sopravvivono per sette anni, crescendo come ragazzi selvaggi.
La parte con i due bambini nella foresta sembra una favola, un romanzo di Mark Twain, un film di Truffaut. Pat e Mic incontreranno poi un pescatore di ostriche, lavoreranno con lui, verranno ritrovati dalla madre, messi in collegio, separati… Insomma un’odissea che li segnerà per tutta la vita creando fra di loro un legame indissolubile che nessuno potrà capire appieno, neanche le mogli, neanche i figli.

Adulti, Patrice medico, Michel architetto affronteranno un’altra avventura e qui il film di discosta dalla realtà, ma lo fa con grazia infinita e con un po’ di poesia.
Con un materiale così potente e due attori che si sono immedesimati direi con ardore nei loro personaggi lo spazio per la regia si restringeva. Così a sovrastare tutto abbiamo la storia che è pazzesca e Yvan Attal in chimica con Mathieu Kassovitz, meravigliosi tutti e due.

Forse la regia avrebbe potuto osare di più senza limitarsi a un racconto dove infanzia (la foresta) e l’età adulta (Parigi e il mondo) si alternano un po’ meccanicamente, ma il risultato è comunque un film emozionante.
