Ogni genitore, nel crescere i propri figli, si trova di fronte a un paradosso: desidera trasmettere loro valori e insegnamenti, ma al tempo stesso sa che quei valori verranno messi in discussione.
È il naturale ciclo della vita. I figli si ribellano ai genitori, non per un rifiuto assoluto, ma perché è così che si costruisce l’identità individuale. Da un’educazione tradizionale alla libertà di scelta Sono cresciuta in un contesto familiare molto tradizionale, in cui le regole patriarcali avevano un peso significativo.
Mia madre riteneva che una ragazza dovesse essere educata secondo determinati principi di modestia e comportamento: niente vestiti troppo corti o scollati, niente libertà che potessero apparire come una deviazione dalle convenzioni sociali.
Questo rigore mi ha portata a ribellarmi. Ho vissuto la mia adolescenza in conflitto con queste restrizioni, fino a subire un matrimonio combinato a 18 anni, perché era considerato “giusto” secondo i canoni della mia famiglia.
Questa esperienza ha profondamente influenzato il mio modo di essere madre. Crescendo, ho scelto di adottare un approccio più aperto con le mie figlie. Ho voluto che non si sentissero imprigionate dalle stesse repressioni che avevo vissuto io.
Sono musulmana, ma il mio Islam è quello della corrente Sufi, un Islam che mette al centro l’amore, la spiritualità e il rispetto per ogni essere umano. Come diceva il poeta Rumi: “Se mi chiedete qual è la mia religione, io dico amore.
Se mi chiedete qual è il mio luogo di culto, vi rispondo: il cuore di ogni essere vivente che incontro. Non esiste luogo più sacro del cuore umano.” Questo è il principio che ho cercato di trasmettere alle mie figlie: il valore della libertà di scelta e dell’amore sopra ogni cosa.
La scelta delle nuove generazioni eppure, nonostante il mio tentativo di offrire loro una strada più aperta, le mie figlie hanno scelto di percorrere un cammino più conservatore rispetto a me. Ho imparato a vedere questa loro scelta non come una contraddizione, ma come una conferma della legge naturale delle generazioni.
Così come io mi sono ribellata a mia madre, loro si stanno ribellando a me, in un modo del tutto inaspettato. Un episodio recente mi ha fatto riflettere profondamente su questo meccanismo. Ero a pranzo con mia figlia più piccola, di dieci anni. Al momento dell’ordine, ha chiesto alla cameriera se la carne fosse halal. Io, con la mia solita apertura, ho risposto che per me non era un problema, che avrei potuto mangiarla comunque. Ma lei ha risposto con fermezza: “Io sono musulmana, io non la mangio.” La cameriera ci ha guardato con curiosità, quasi sorpresa.
Forse si aspettava che fosse la madre a essere più rigida e la figlia a mostrarsi più flessibile. Ma la realtà era diversa. Ho sorriso, perché ho capito che stavo assistendo a qualcosa di più grande: la ribellione naturale della nuova generazione. Il ciclo della vita e il ritorno alle origini Ogni generazione traccia la propria strada, spesso in contrasto con quella precedente.
Ma la storia ci insegna che, nel lungo periodo, c’è sempre un ritorno alle origini. Forse i nostri nipoti rifiuteranno le scelte dei loro genitori e torneranno a quelle dei loro nonni. È un ciclo che si ripete, un gioco di equilibri tra modernità e tradizione, tra ribellione e appartenenza. .
Come diceva ancora Rumi: “Oltre il giusto e lo sbagliato, c’è un campo immenso. Lì ci incontreremo.” In questo campo, dove le idee si incontrano senza scontrarsi, dove le generazioni trovano il loro punto d’incontro, risiede il vero senso della crescita. Noi genitori seminiamo, ma il modo in cui i nostri figli faranno fiorire quei semi dipenderà solo da loro. E questa è la bellezza della vita.