E così, “ça va sans dire”, l’8 marzo delle donne, puntuale come da calendario, arriva nell’aria e nelle piazze.
Si calcola almeno in più di 60 sparse per lo Stivale dove si svolgeranno cortei, presidi, spettacoli e molto altro. È un’occasione di festa per ricordare l’importanza della lotta per i diritti delle donne e la parità.
Ed ogni volta pur cambiano la dicitura principale, il modus, lo slogan come lo si voglia definire, esso cambia nelle parole ma non nei contenuti.
Se storicamente ricorda il dramma dell’incendio in cui persero la vita 123 operaie a New York, da cui la spinta per attivare nuove leggi in materia di sicurezza sul lavoro, ancora oggi si evidenzia una forte disparità d’impiego e salariale nel mondo del lavoro.
Dalla Conferenza Internazionale delle donne socialiste del 1910 l’approvazione dell’istituzione di una giornata internazionale dedicata alle donne, fu ufficializzata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite solo nel 1977.
In Italia per lungo tempo quella giornata ha rappresentato l’orgoglio delle donne per il valore da loro dimostrato non solo sul campo di battaglia e nella Resistenza ma anche nella partecipazione economica e familiare nei bui anni della guerra e fondamentali nella successiva ricostruzione.
Dobbiamo aspettare gli anni 70’ perché essa assuma un altro e più radicale valore, quello femminista.
Che non è una definizione astratta ma che contiene un alto potenziale rivoluzionario e culturale di ricambio generazionale e di prospettive. Non a caso essa è stata legata ai temi chiave di questi cambiamenti: divorzio, aborto, diritto di famiglia, rivendicazioni del proprio corpo, violenza di genere, partecipazione ecc.
I contenuti del “femminismo” in realtà, hanno oggi superato gli schemi in cui inizialmente lo si è incastonato. La rivendicazione di un femminismo ragionato non può infatti prescindere da ciò con cui esso si confronta nel mondo, nella politica, nella società, nel privato a 360 gradi.
Oggi tutto è cambiato e il rischio di restare legati più agli slogan che a una diversa presenza “femminista” appare retorica.
Trasformare questa giornata in una rivendicazione gridata a scapito di una partecipazione ragionata rischia di snaturare la maturità acquisita complessivamente dalle donne.
Manifestare non può annullare il fare.
Rivendicare il lavoro di cura, denunciare i lavori sottopagati e dequalificati delle donne, non può bastare all’8 marzo, come non può esserlo rivendicare una diversa spesa sociale, diversi investimenti, un diverso Servizio Sanitario Nazionale, maggior servizi ecc. come fossero esclusività di genere. Tutto ciò rientra nella politica generale e strutturale a cui bisogna contribuire senza settarismi o posizioni precostituite. Il “femminismo” non è una “razza”. E’ cultura, ragionamento, differenza e pensiero. Un’azione comune.
Sono le richieste che le donne da sempre hanno posto ai governi, fuori dall’ imbuto profumato di mimose.L’8 marzo è tutto l’anno. La partecipazione, in ogni contesto, non è scandita da date.
Forse in questo 2025, le ragazze che non hanno partecipato ai decenni di lotta che le hanno precedute possono ancora esaltarsi per una dimostrazione di forza che riusciranno a dare ma, per tutte quelle che conservano mimose secche, la riflessione non può che essere diversa.
Il mondo sta cambiano. Anche i connotati delle battaglie femministe a volte paiono sfumare. Il pregio delle donne e del femminismo, è stato sempre quello di riflettere, approfondire, analizzare per trovare strade percorribili.
Si, si avverte il bisogno di un 8 marzo di nuove proposte!
2 commenti
Di Anna SANTORO
Ho commentato direttamente l’articolo ma si è cancellato. Dicevo che sì, bisogna rielaborare. Per me il femminismo tuttora, e da 40 anni, è un nuovo sguardo sul mondo, che fa vedere altro da ciò che è generalmente raccontato. È desiderio e forza di libertà e cooperazione, elabora progetti di giustizia e di liberazione per donne, uomini, di ogni età e condizione. È contro la guerra è s’impegna a costruire una cultura di pace
Il femminismo è stata una ventata rivoluzionaria-pacifica che ha espresso i valori di libertà, diritti, parità in una visione innovativa di genere che maturava da tempo nelle donne. Il suo valore storico è innegabile. Poi il termine (non il concetto) è stato abusato o male usato. Penso che sia necessaria una rivisitazione profonda di ciò che significa e di dove può arrivare. Altrimenti continuiamo a giraci intorno.