La libertà di abbigliarsi è limitata.
L’uomo Porta il Pantalone, la Donna la Gonna.
L’eteronormatività, cioè l’atteggiamento di considerare l’eterosessualità come l’unico orientamento possibile, nello studio della natura umana ha poco senso. Inquieta invece la mentalità ispirata da fondamentalismi di varia natura religiosa, etnica e politica, però sottoposta a una critica sempre più vasta. A partire dalla Moda, spesso specchio della trasformazione del Costume Sociale. La donna indossa il pantalone da più di cent’anni. E l’uomo?
Cambiamenti.
A proposito di abbigliamento, consideriamo la figura della Marchesa du Châtelet che, travestita da uomo, partecipava alle riunioni di scienziati che si svolgevano nei caffè parigini a cui non erano ammesse le donne. La relazione con Voltaire la indusse a trasferire la sua biblioteca e installare un vero laboratorio nella loro casa comune, che divenne ben presto il centro di promozione della fisica newtoniana in Francia, frequentata dai più grandi scienziati in contatto con reali e accademie. La Marchesa suggerì a Voltaire di scrivere un compendio divulgativo delle teorie di Newton per il pubblico francese: sono i celebri “Elementi della filosofia di Newton”, la cui compilazione è però attribuita al solo Voltaire.

Noi siamo abituati a dire “moglie di”. Ma talvolta anche “moglie di” è protagonista. Pensiamo a Marie Curie, quando un giornalista le chiese come fosse vivere assieme a uno scienziato, gli rispose di chiedere a suo marito, sorta di inversione della frase stereotipata « Dietro a ogni Grande Uomo, ci sta una Grande Donna. » Ma parliamo da ciò che ancora oggi i Giudici hanno da chiedere alle Donne oggetto di stupro. «Come eri vestita?»
La Donna fu dalla Bibbia, ed è tuttora, considerata sotto l’Uomo, a partire dalle situazioni ecclesiastiche dove nessun accesso è possibile per le donne alle funzioni clericali; è vissuta come “la costola di Adamo”; nessun diritto di voto fino al primo dopoguerra; se casalinga, non ha riconoscimento pensionistico; il Glass Ceiling sul lavoro; la rimozione di matrimonio riparatore e delitto d’onore solo negli anni Ottanta del secolo scorso; ha l’obbligo di cura di figli e genitori, mentre l’uomo resta procacciatore del reddito familiare. Ma finché le madri cresceranno figli maschi cristallizzati negli stereotipi, senza possibilità di scambio dialettico tra Belle Addormentate e Principi Azzurri, le relazioni d’amore le renderanno disilluse.
Principesse e Supereroi.
Ah, i colori! Rosa per le principesse, azzurro per i supereroi… o forse no? Gloss, novello Jo March, si chiede perché le macchinine siano off-limits per le fanciulle. E pensare che una volta il rosa era da macho, e l’azzurro da damigella! E che anche gli uomini indossavano il corsetto. Louisa May Alcott, in “Piccole Donne”, ci mette lo zampino con i suoi nastrini, ma poi si tira indietro, dicendo che è solo una moda francese. Che furbetta!
E Gloss, tra una pubblicità sessista e l’altra, ci svela i segreti del marketing genderizzato. Perché si sa, le bambine sognano Barbie e i maschi Ken. Ma Gloss, come Jo, ci ricorda che le donne possono giocare con il meccano e i maschi possono piangere guardando “Piccole Donne”. E se poi si scambiano i ruoli, chissene?
L’importante è che le pubblicità continuino a farci commuovere con i loro stereotipi. E che il cinema ci parli dell’amore tra Muscolosi Principi Azzurri e Bionde Cenerentole, per poter continuare a sognare l’impossibile.
Stereotipi di genere negli armadi.
Eh sì, perché si sa, le bambine sono fatte di zucchero filato e i maschi di bulloni. Le magliette con scritte tipo ‘bella come mammà’ o ‘intelligente come papà’? Geniali! Così i nostri figli imparano fin da piccoli che le femmine devono solo essere carine e i maschi possono pensare al posto loro. E le scarpe? Beh, quelle da bambina sono un tripudio di glitter, perfette per ballare la samba (o stare ferme come statuine). I maschietti, invece, hanno scarpe da veri esploratori, pronte per scalare l’Everest (o almeno il parco giochi). E non dimentichiamoci dei grembiuli a scuola: le bambine ingabbiate in rosa, i maschi liberi come aquile. Perché si sa, le femmine non devono mica muoversi troppo, sennò si scompigliano!
Rosa o Azzurro?
Che dilemma! Una ‘logica ferrea’ dice che un maschio in rosa diventa subito un’icona gay, e una femmina in azzurro, una motociclista lesbica, no? Ma ecco arrivare Stefano Ferri che scompiglia tutto: l’uomo che ha capito che la gonna è più comoda dei pantaloni. Un eroe che smentisce le nostre logiche pleistoceniche.
Il vero spasso sono i bambini intervistati in “Il Cielo È Sempre Più Blu”. Vederli rifiutare di essere maschi violenti non è come guardarsi allo specchio. C’è da chiedersi in quale punto della crescita smettano di essere maschi rispettosi. Quindi, genitori continuate a vestire i vostri figli come figurine, e magari un giorno avremo un mondo pieno di cloni perfetti. O forse no? Gloss è convinta del contrario: visto come stanno andando le cose in fatto di violenza sulle donne (un femminicidio ogni tre giorni) meglio “forse no”.
Riassumendo, fin dalla più tenera età, a cominciare dai libri di scuola, ai maschi vengono offerti esempi professionali tipici (ingegnere, pilota di aereo, manager etc.) e alle femmine i corrispettivi mamma, insegnante, pediatra oppure principessa, attrice, cantante. Se un figlio maschio vuole ballare, ma ai suoi genitori balenasse l’idea che ballare è roba da femmine, Gloss consiglierebbe la visione di una perla del cinema internazionale: Billy Elliot.
Restiamo leggeri: ai bambini serve il nostro entusiasmo, serve una seria educazione alla libertà. Lasciamo che spieghino le loro ali per volare in alto! Per fortuna le cose stanno già cambiando. Guardiamo “Dalle uno Schiaffo”.
Netnografia.
“Il Cielo È Sempre Più Blu” è di Alessandra Ghimenti