Regia di Lucio Pellegrini
con Adriano Giannini, Elodie, Eduardo Scarpetta
Carlo che ha la bella faccia di Adriano Giannini nelle prime scene del film è a una mostra d’arte con pretese d’avanguardia. Il suo atteggiamento è scettico, disincantato. Scrittore di un primo romanzo di successo è ora in stallo creativo, pronto ad assorbire, forse a vampirizzare chiunque possa solleticare la sua fantasia. Ed eccola la persona che aspettava, un ragazzo strano, un pesce fuor d’acqua in quel contesto dove tutto è di elegante low profile. Peter Drago ha i capelli troppo lunghi, modi sfacciati, abiti da centro sociale. Dovrebbe respingere un uomo come Carlo, invece in qualche modo lo seduce e lentamente, come un virus si insinua nella sua vita.

Che è una vita di lussi, abita in villa isolata e bellissima sul litorale laziale, con tanto di moglie di rappresentanza, Giada a cui dà volto una Elodie di esagerata sensualità.
Come evolverà quell’inquietante ménage à trois che, lo si capisce subito, è carico di misteri?

Giada aveva già conosciuto Peter? Che rapporto avevano avuto? E cosa c’entra in tutta la vicenda la misteriosa sparizione di una ragazza avvenuta qualche anno prima?
Se nelle prime inquadrature la curiosità dello spettatore viene solleticata, ben presto si avverte una certa confusione, la presunzione di scelte artistiche e narrative che il regista è incapace di gestire.
Volare fra la realtà e la fantasia, confondere i piani della vita quotidiana con i fantasmi di una mente creativa alla ricerca di una storia richiede registi più talentuosi, mi viene in mente Roman Polanski.

Qui invece si sfiora spesso il ridicolo e si pensa a certi film Eagle, certi gialli a basso costo che erano di gran moda dopo il successo di Basic Instinct e che spesso trovavano spazio nella seconda serata di Raidue.

Troppa carne al fuoco e troppo disordine, Eduardo Scarpetta che è Peter Drago ha una faccia gioconda che malissimo si sposa col progetto di farne un personaggio disturbante, il bravo Giannini non è a suo agio e sembra domandarsi a tratti ma io che ci faccio qui? Elodie è bella, bellissima, molto convinta in ogni inquadratura, quando balla nei suoi spettacoli d’avanguardia, quando decide di mettere in campo le armi della seduzione e assomiglia proprio tanto a Bérénice Bejo. Che però non avrebbe mai accettato di recitare in un film come questo.


Peccato, Gioco pericoloso avrebbe potuto anche funzionare ma bisognava lavorare molto di più sulla scrittura e sull’impianto dell’opera. Grande spolvero di scene madri, ricerca di opere d’arte moderna, location lussuose ma alla fine allo spettatore non resta in mano niente.