Scritto e diretto da Osgood Perkins
con Theo James, Elijah Wood
Osgood Perkins è una voce nuova nel panorama del cinema horror fin dal suo primo film, February, uscito nel 2015 e passato al Torino film festival.
Conviene conoscere questo autore un po’ meglio, perché la sua sembra la biografia di un predestinato, a cominciare dal nome, Osgood, come il nonno, attore del cinema muto americano, e Perkins, come il padre Anthony, passato alla storia nel ruolo di Norman Bates in Psycho, di Alfred Hitchcock. Spesso lavora col fratello minore Elvis, musicista.

Il padre, ossessionato per tutta la vita da Psycho, morì quando lui aveva 20 anni, Osgood ne aveva 29 quando perse la madre, Berry Berenson, sorella dell’attrice Marisa Berenson, che era a bordo di uno degli aerei che si schiantarono contro le Torri Gemelle nel 2001.
La prima apparizione di Osgood Perkins fu a 9 anni in Psycho 2. Insomma, ci sarebbe da riempire un trattato di psicanalisi ma ci conforta sapere che Osgood è sposato, anche se separato e ha due bambini. Il cinema horror è il suo destino.
Qualche tempo fa era uscito l’interessante Longlegs, interpretato e prodotto da Nicolas Cage (ne avevo scritto su Dol’s), il nuovo film, The Monkey, pur meno originale, è ancora contraddistinto dallo stile di Osgood. Il suo è un horror che evita le scene più cruente, che fa riflettere più che spaventare, con qualche ambizione sociale e psicanalitica, pittorico, per la cura dell’immagine e che si concede qualche sorriso più prossimo a un’ironia garbata che all’umorismo nero.

In The Monkey attinge all’immenso serbatoio di Stephen King, scegliendo un suo racconto poco conosciuto ma con stilemi tipici del genere. La Monkey del titolo è una scimmia giocattolo che suona il tamburo, ha un ghigno inquietante e poteri malvagi: ogni colpo delle bacchette provoca la morte molto scenografica di qualcuno.
Un uomo aveva cercato di liberarsi della scimmia, consapevole dei suoi poteri, ma eccola ricomparire (si sa che gli oggetti maledetti si materializzano senza problemi) alla sua morte. I figli, due gemelli, bambini ne capiscono subito il pericolo e se ne liberano, ma l’oggetto maledetto ricompare 25 anni dopo, mettendo a confronto i due ragazzi ormai cresciuti e agli antipodi per carattere, impegnandoli in una lotta all’ultimo sangue, fra la ricerca del Bene e la fascinazione per il Male.

Spesso Stephen King usa la malvagità per far filosofia. Gli oggetti e le presenze misteriosi e minacciosi delle sue storie mettono sottosopra famiglie e individui. Chi sopravvive trova alla fine un equilibrio, perché il Male, sembra dirci lo scrittore, è impossibile da eliminare ed è meglio conoscerlo, confrontarsi e controllarlo.
In The Monkey ci sono scene gustose, buona musica, un po’ di suspence e un attore piuttosto bravo (oltre che belloccio) Theo James che forse qualcuno ricorda nella brillante serie televisiva The gentleman.
Anche se The Monkey non è in vetta alla produzione di Perkins junior, conferma però il suo originale talento. Per quanto mi riguarda, terrò di sicuro d’occhio i suoi prossimi lavori.
