Ambientazione.
Ambientate durante la II Guerra Mondiale, a cavallo dell’avvento di Badoglio, sono novelle brevi: mi sono lasciata ispirare dall’affermazione di Enrico Franceschini, dal saggio “Vivere Per Scrivere” che recita così:
“Quand’è che si legge un libro, di solito? La sera, a letto, dopo una lunga giornata di lavoro, prima di addormentarsi. Se inizi un capitolo e vedi che ha 53 pagine, pensi che non ce la farai mai. Se ne ha due, pensi che riesci a finirlo prima che ti si chiudano gli occhi. E se quello dopo ne ha una sola, magari leggi anche quello.”
Fatta la tara della ricerca storica su testi di comprovata solidità e credibilità, che mi ha portato via quasi quattro anni di studio e che mi è stata utile per creare lo sfondo delle narrazioni, ho intervistato amici, parenti e conoscenti, tra cui si stabilì una sorta di passaparola ( «… sai, no? Stefi Pastori Gloss, quella Filosofa Umanista, che sta studiando la Seconda Guerra Mondiale…»). Dalle loro testimonianze ho tratto piccoli resoconti di vita quotidiana. Da queste brevi narrazioni ne escono ritratti di gente comune, che, nel periodo della Seconda Guerra, ciascuno a suo modo convinto di agire per il bene della Patria, non furono solo ribelli / partigiani / banditi / traditori / badogliani, / sovversivi / Rossi, da una parte e dall’altra i Neri / la Repubblica / la Decima / i Repubblichini. No, furono appartenenti a normali famiglie, povere come ricche, dirigenti, suore, operai, bambini, popolane, preti, massaie, insomma gente qualunque che cerca di sopravvivere alle brutture della guerra con tutti i mezzi a disposizione. Ve li presento, estraendo minute situazioni di vita.
Luisella.
Tra persone e personaggi, c’è una Luisella, ragazzina delle scuole primarie; le suole delle scarpe non potevano essere fatte di cuoio, data la carenza di materiali. Perciò anche quelle di Luisella erano di legno, un dettaglio solo apparentemente banale, ma importante per chi oggi costringe i genitori con ricatti adolescenziali a comprare sneakers, sporche già da nuove, alla modica cifra di 975 euro, come le Balenciaga. Eh, no, Balenciaga non ha il mio iban.
[Luisella andava a scuola da sola, all’epoca si poteva ancora farlo senza incappare in pericoli che oggi sono all’ordine del giorno. Le suole di legno facevano risuonare gli acciottolati del suo paese abitato da contadini e operai, adagiato sulla riva del Lago Maggiore. Le piaceva ascoltare quel rumore ritmico. Le ricordava la propria ribellione alla ginnastica. Non la poteva soffrire, il suo corpo si ribellava ai comandi ginnici della istruttrice di Giovani Italiane, e, in senso lato, alle costrizioni di partito. La mente, mente. Il corpo non mente.]
Ricordi Materni.
Luisella è ispirata alla figura di mia madre Maria Luisa, intrese, che all’epoca era decenne. Suo padre, mio nonno era dirigente in una fabbrica del luogo, che alla fine della guerra fu chiusa e trasferita a Lucca.

Alle spalle di Intra, c’era un pianoro, famigerato per aver ospitato bande di partigiani. Il mio bisnonno vi conduceva i nipotini per «ammirare da lontano i “fuochi d’artificio” su Milano». Da qui, il titolo.
In fila indiana, una volta la settimana, ve li portava. Nel racconto, ho romanzato: il nonno è diventato papà. I cugini, Carlœ e Gino, quattordicenni, totalmente inventati.
[Suo papà era il capofila, in quell’istante aveva spalle gravate dagli oscuri stenti della guerra che sembrava non finire più. Si doveva vincere o si moriva. Più che altro, si moriva. Alcuni sarebbero sprofondati in una sessantina di metri d’acqua di mare, come lo zio Nino assieme alla corazzata su cui stava per essere imbarcato. Altri non avrebbero fatto ritorno dal fronte, sepolti sotto metri di ghiaccio russo. Il Generale Inverno, lo chiamavano dai tempi di Napoleone. Chissà che faccia livida deve avere, questo Generale Inverno.]

Papà Baldo.
Suo padre, Baldo, era un dirigente della fabbrica , occupando siffatta posizione, non poteva non appartenere alle schiere dei Gerarchi. Di libertà ce n’era ben poca, con determinate cariche lavorative era necessario aderire a direttive di regime. I giovani d’oggi godono di una libertà sconosciuta ai tempi dei loro nonni e nonne.
[Papà le raccontava che il termine Nylon era l’insieme delle lettere iniziali di una frase inglese che più o meno in italiano significava “Vecchi giapponesi ora perderete”. Che cosa, non si sapeva. Solo in seguito Luisella avrebbe saputo che il Giappone aveva impedito l’importazione dalla Cina di quella seta che serviva agli Stati Uniti per tessere i paracadute durante la guerra.]
Purezza di Intenti.
I quattordicenni Carlœ e Gino mi sono stati strumentali per raccontare quanto ai giovani odierni sia data possibilità di apprezzare la libertà sessuale, che negli anni di genitori e nonni era ben lontana:
[Già senzienti della guerra, i due adolescenti avevano ritenuto di tenere la cuginetta all’oscuro dai dettagli scabrosi. Per loro due, quella gita più che vedere i fuochi d’artificio, rappresentava il pretesto di allontanarsi dai focolari domestici per fare cose non permesse a casa. Il parroco Don Biagio le chiamava atti impuri, ma di impuro loro non ci vedevano proprio nulla, anzi. Ciò che dà piacere, non può essere impuro.]
Luigia e Don Biagio.
La mamma di Luisella, Luigia, ambiva a realizzare i dettami del Duce: dare figli alla patria. Purtroppo con papà Baldo non le riusciva l’intento. Si era rivolta al parroco Don Biagio.
[Si inginocchiò al confessionale. Stavolta ce la portava un impulso irragionevole, era conscia della griglia tra lui e sé stessa che le avrebbe dato una sorta di protezione. Ma riusciva ugualmente a percepire un inusuale sapone alla lavanda provenire da Don Biagio. Era come se quella lavanda avesse guidato Luigia verso il lavacro dei suoi peccati, che solo fino al sabato precedente credeva inconfessabili.
Luigia sognava da tempo un’unione carnale con Don Biagio, ma tutte le volte che gli si confessava, diceva a se stessa che era impossibile anche solo pensarlo, figuriamoci dar sfogo attraverso la lingua.]
E Don Biagio subiva il fascino della sua devota Luigia.
[La sera precedente, si era lasciato andare a pensieri lascivi su quel corpo così invitante, subito ricacciati con la grassa e vecchia perpetua, la cui flaccidità tremolava sotto i suoi colpi. Il posteriore della devotissima lo aveva ancora una volta convinto che non valesse la pena donarsi a una donna qualunque, che, per quanto giovane e attraente e colta, prima o poi sarebbe comunque invecchiata e ingrassata e imbruttita. Solo Dio nella sua grandezza è immutabile. Peccato che non sia donna, si sorprese a pensare. Poi guardò la perpetua da dietro e si riprese, scaricando in lei il suo essere uomo.]
[La pia donna stava facendo immensi giri di parole che comprendevano amore, passione, Mussolini e gravidanza, la Madonna, lo Spirito Santo, sogni, blasfemia e lui. Lui, Don Biagio. Gli girava la testa, a Don Biagio e qualcosa cominciò ad agitarsi sotto la tonaca. La carne non è debole, è fortissima.]
Realtà e Ingenuità.
I “fuochi d’artificio”, invece, mi sono pretesto di contrasto tra ingenuità e realtà.
[A scuola Luisella raccontava l’evento delle luci che davano in escandescenze con la contentezza negli occhi; le maestre scuotevano la testa, intristite e zitte. Se fosse giusto mantenere quella ragazzina innocente nella sua inconsapevolezza o informarla che non erano veri fuochi d’artificio non era loro compito. Credevano avrebbe avuto davanti tutta una vita per capire. E per lottare.]
Collaborazionismo.
Zia Gigina è la figlia della famiglia vicina di casa di Luisella. Giovane intrese fidanzata con un tedesco, fu solo per questo fatto considerata una collaborazionista e, in quanto tale, meritevole di rasatura, uno dei soprusi della Guerra.
[Alla vista dei capelli di zia Gigina che cadevano a ciocche, di zia Gigina che non era più zia Gigina, ma un essere azzerato dal disprezzo dei ribelli, mi sono vergognata al posto suo e sono scappata via.]
In seguito, il fidanzato di Zia Gigina era stato mandato in missione in Africa.
[Oggi so solo che non voglio stare con un uomo colpevole, ma eroico, prode, valoroso. Voglio un uomo che sta in Africa. Quell’uomo tedesco che sta in Africa. Voglio vivere in Africa. Voglio morire laggiù. Forse il mio eroe ha una madama, laggiù, come si dice di tutti i soldati.]
Autotutela.
Il papà di Luisella, Baldo, si era risolto a preparare in casa propria le buste paga dei sottoposti invece che in azienda, date le scorribande dei partigiani che ne approfittavano per auto finanziarsi. Oltretutto, a casa, avrebbe avuto il conforto spirituale e fisico di sua moglie Luigia, la quale lo accudiva mentre lui faceva i conti.
[Lei avrebbe fatto il giro, si sarebbe insinuata tra le di lui gambe, le mani l’avrebbero accarezzato in quel punto in cui i conti si perdono, fino a farli venire. In fondo, a casa tutto funziona sempre al meglio.]
Patria da Carlœ e Patria da Gino.
Carlœ e Gino avevano scelto due strade contrapposte per impegnarsi in onore della Patria. Carlœ, più spavaldo, preferì la via ufficiale, seguì il regime, impegnandosi tra i canottieri sul lago. Gino invece, più timido, si unì ai partigiani, salendo sul pianoro.
[A volte le sfide fra i ragazzi sono di natura sessuale. A quell’epoca, facevano a gara a chi avrebbe fecondato più abbondantemente il lago, gettando il proprio seme nelle sue acque scure. Si piazzavano in fila sulle sue sponde, all’altezza del molo. Uno di loro dava il via, fino a quel momento le mani avrebbero dovuto stare alzate, per non dare adito a incipit illegali. Carlœ era quello che spruzzava più lontano degli altri. Era talmente compressa la sua ardimentosità da riuscirci sempre. Fossero esistite le sirene di lago, ne sarebbero rimaste gravide.]
Amarezze di Vita.
Gino imparò presto che la vita era amara. Molti dei giovani d’oggi invece ne sanno ben poco.
[Sul pianoro alle spalle del suo paese, la vita era durissima. Almeno, così appariva a Gino, abituato alle tenere cure della madre. Tuttavia, la Patria non chiedeva carezze, non coccole, non tenerezza. Ma fermezza. Determinazione. Coraggio. Anche paura. Paura, sì, un sentimento ignominioso solo in apparenza. Accoglierla, comprenderla, trasformarla significa saggezza per autotutela di sé e degli altri. Se da bimbi non ci fossimo bruciati il ditino col fuoco, non ne avremmo paura. (…) La madre lo tenne nella bambagia, convinta di proteggerlo dalla vita. Ma la vita è la cosa più pericolosa che si possa incontrare e avrebbe presentato il conto.]
Rapporto Baldo e Luisella.
Il rapporto tra papà Baldo e sua figlia era tenero e confidenziale.
[«Papà, che c’è, sei triste?»
«Nulla, piccola mia, a farmi piangere è la gratitudine per tutti questi uomini che lavorano per me, anzi, con me. Sono fratelli, lo sento nel profondo e sono loro grato. Non sempre le lacrime sono sintomo di tristezza, Luisella». E la tenne stretta sul petto.]
Compromessi lavorativi.
Papà Baldo doveva sottostare ai suggerimenti di regime, come dar da lavorare alla figlia inetta di un amico gerarca, il Bufacchi.
[«Sono tempi duri per tutti, caro mio, le donne non possono fare più solo le donne, non basta che siano brave casalinghe e consacrino figli al Duce. Debbono poter lavorare come gli uomini per portare oro alla Patria. Vedrai che saprà esserti grata. Parola del Bufacchi». Mano sul cuore. Baldo pensò a Luisella, si chiese se per lei si sarebbe comportato come il Bufacchi. Si rispose di sì e, per coerenza, alla fine cedette. (…) Si struggeva nel ricordo dell’infedeltà del giorno prima, cavalcando la diciottenne nipotina del federale Bufacchi, la quale, grata del posto di lavoro che lui le aveva concesso, gli si era offerta a gambe socchiuse per far intravvedere il reggicalze. Il dirigente non era riuscito a tenere a bada il frustino.]
La fabbrica della Cucirini Cantoni & Coats aveva cucine aziendali delle quali si occupavano le suore del Monastero di Ghiffa. Papà Baldo, che ne era il dirigente, per proteggere e fabbrica e lavoratori (e sé stesso) doveva accogliere partigiani e repubblichini.
[Non c’era altra via d’uscita se non quella di accontentare ribelli e repubblichini e di affidarsi alle mani di Dio.]
Compromessi per tutte e tutti.
Le sorelle del Monastero si accontentavano sessualmente in un regime di reciprocità sororale.
[Mani misericordiose alle quali le suore non credevano più. Le mani di Dio non le avevano mai accarezzate con la stessa recondita abnegazione che si dedicavano vicendevolmente. In mezzo a tutti quegli orrori, era questione di sopravvivenza.(…) La madre Superiore sapeva e compativa. Anche lei era stata giovane in monastero. Anche lei pregava ardentemente per le monachelle, i loro cervelli che non impazzissero rinchiusi, i loro cuori che si addomesticassero nell’amore del Cristo, i loro clitoridi che le conducessero verso l’estasi perenne.]
Guerra civile.
L’avvento di Badoglio diede l’abbrivio a una sorta di guerra civile.
[Il 25 luglio il Duce ha dato le dimissioni ed è stato rimpiazzato da Badoglio. Bisogna aver visto la gente che, pazza di gioia, si abbracciava per le strade, si sbracciava ad applaudire dalle finestre! (…) Sentitosi tradito dai camerati e dagli italiani, Carlœ aveva lasciato la Decima ed era venuto a stare con me. Assieme a lui, leggevo i giornali che ci facevano vomitare. Chi prima acclamava Mussolini, oggi lo calpesta; quella notte hanno organizzato cortei al grido di “abbasso Mussolini” e “morte ai fascisti”, girando la città. Erano ex Balilla e giovani fascisti, persone con cui fino al giorno prima Carlœ condivideva gioie e speranze. Si sentivano spari. Hanno assaltato i gruppi rionali del fascio, hanno bruciato tessere e palazzi e mobili, scrivanie e sedie. Libri, tanti libri. Carlœ stesso credeva che il fascio avesse avuto molti meriti, ma anche molti torti. Soprattutto quello di far fare una guerra da impreparati, basandosi su parole, non sulle armi. (…) Dapprima si credeva che la contraerea sparasse, poi si sono diffuse le voci e i nostri cuori si strinsero, pensando alle cantine dove un tempo che ora ci pare lontanissimo ci nascondevamo. Le bombe sono cadute sulla stazione, che è un cumulo ancora fresco di macerie e di rottami, tutto è raso al suolo, i binari ritorti alzano le loro braccia al cielo.]
Mamma Luigia.
Mamma Luigia era stata allontanata dalla guerra, ma sapeva che Luisella, ormai cresciuta, ce l’avrebbe fatta anche da sola.
[Luisella sono certa se la stia cavando, dovunque sia, così sana, così robusta, così vivace. Non le mancheranno le occasioni di legarsi a un uomo che provvederà a lei, alla sua crescita, al suo nutrimento. Certo, avrei voluto accadesse sotto la mia protezione, ma in una guerra così dura, per salvare gli altri, bisogna prima di tutto salvare sé stessi.]
Luigia si era recata sul pianoro, in cerca di Gino e dei ribelli.
[In tanti anni di vita, furono quelli forse i miei giorni più felici e, strano a dirsi, furono proprio quelli in cui mi trovai più povera, più sprovvista di tutto, per cibo pane secco che le contadine mi donavano e formaggio dei loro mariti pecorai, e l’erba del prato come letto e neanche una capanna per rifugiarmi, quasi più simile a un animale selvatico che a una persona.]
Nella natura, lontana da Don Biagio, Luigia aveva trovato una nuova dimensione di sé stessa.
[Non c’è pace tra le piante, tutte aspirano alla luce, all’aria, tutte vogliono approfondire le loro radici verso il calore sotterraneo e protendere dritti rami e foglie verso il sole. Tentano di sopraffarsi le une sulle altre, le più rapide sopra le più lente, giovandosi del vento che abbatte le altre. Io stessa sono abbattuta a non sapere dove sia il Don. Cresce questo calore sommerso, tumultua, poi si affievolisce e sprofonda sotto al gelo. Riprende ancora a salire, fino ad affiorare nelle vampanti giornate, quando trema l’aria rasente ai solchi. Esattamente come il mio corpo oggi. (…) Il grembo vuoto. L’anima ricca. C’erano Dio e la Vergine con me. Assorbita dal ciclo di natura e terra, avevo zittito le mie voglie, ormai disseccate insieme all’ambizione di tornare madre.]
Il tesoro su cui le donne sono sedute.
Senza genitori, Luisella trovò il modo di cavarsela. Come previsto da sua mamma Luigia.
[Oggi, lo spiazzo davanti alla Casa del Fascio è vuoto. Lui stavolta si ferma e il gesto elegante della sigaretta non è per lui. È per me. Accetto. Me l’accende, io vorace manco fosse pane. Avevo cominciato a fumare con Carlœ, quando mi fece abituare all’oscurità parlandomi dei racconti di Edgar Allan Poe.
Mi strizza l’occhio. Hai fame, mi chiede. Molta, gli dico. Ti va di fare una cosina per me, poi potrai mangiare, mi dice. Va bene, gli dico. Se è così generoso con le sigarette a non avergli fatto nulla, chissà come lo sarà se gli farò quella cosina. Giriamo l’angolo, ci sono dei cespugli. Folti. Da quel giorno mangiai, e non solo di lui.]
Conclusioni.
La guerra, è un tema tremendamente di attualità, faccio riferimento infatti a due conflitti in particolare: l’ingiustificata aggressione della Russia sulla sovranità dello Stato di Ucraina; quello infinito tra Palestina (uno stato inesistente) e Israele (nazione riconosciuta a livello mondiale). Amerei portare questo libro nelle scuole per sensibilizzare i giovani circa un tema che non hanno vissuto di persona e far capire quanto siamo fortunati.
