Un film di François Ozon
con Hélène Vincent, Josiane Balasko, Ludivine Sagnier, Pierre Lottin
François Ozon è un regista che ama le storie, sa inventarle e sa raccontarle, da abile narratore privo di ogni spocchia. Ha in questo qualcosa in comune con Claude Chabrol e anche con Georges Simenon e come loro ha un debole per la provincia francese che sotto l’apparente calma nasconde conflitti infuocati. Prolifico fin dai tempi della scuola (ha diretto molti cortometraggi di successo), a lui si devono piccoli capolavori come Sotto la sabbia e Otto donne e un mistero più molto altro. Ha una spiccata predilezione per il mondo femminile che sa raccontare al di là di ogni moralismo. Come in quest’ultimo film che in Francia ha avuto uno strepitoso successo.

Siamo in un piccolo villaggio della Borgogna. Michelle (Hélène Vincent, 81 anni, bravissima) e Marie-Claude (Josiane Balasko, 74) sono vecchie amiche e passano il tempo chiacchierando, passeggiando nei boschi, raccogliendo funghi, cucinando. Michelle ha una figlia e un nipotino. La ragazza è aggressiva con la madre e noi spettatori ignoriamo il perché (e io non ve lo rivelo, perché sarebbe un delitto). Marie-Claude ha un figlio che si caccia sempre nei guai ma che è molto affezionato alla madre.

I legami fra tutti questi personaggi affiorano lentamente, come per caso e il regista (che meraviglia) non si sente in dovere di addentrarsi in ogni dettaglio psicologico, lasciando all’intuizione e alla creatività dello spettatore il compito di ricostruire il passato. Ci sono nodi irrisolti, affetti istintivi, affinità elettive che convergono nella edificazione di famiglie che si basano più sulle affinità che sui legami di sangue.
E ci sono anche dei crimini. O forse no, si tratta solo di casualità, di capricci del destino che in qualche modo aggiustano gli equilibri. L’intreccio è appassionante nel suo essere incerto e lasciare lo spazio a interpretazioni diverse. In fondo anche nella vita vera le cose vanno così. Non tutto è sempre chiaro, le nostre azioni sono spesso d’impeto, senza che ci soffermiamo a valutarne tutte le conseguenze.

O forse ogni catena di eventi è studiata esattamente e diabolicamente per portarci alla soluzione che agogniamo?

Su questo si interroga Ozon, su questo chiede allo spettatore di schierarsi e di prendere posizione, colmando con la sua fantasia gli sliding doors della narrazione.

In un’ora e mezzo, oggi che i film superano sempre più di frequente le due ore, il regista francese costruisce un film che inizia come una commedia per poi virare al dramma e infine svoltare bruscamente nel giallo e persino nel noir. Il tutto con colpi di scena inaspettati. E molto gustosi. Lo so, sto raccontando troppo poco della trama ma lo faccio solo per non rovinare la visione di un film che ha il suo cuore pulsante proprio sulla ricchezza articolata della storia. E datemi retta, vale la pena andare al cinema. Per godersi un film robusto che ha l’unica ambizione di far passare un’ora e mezza piacevole allo spettatore. Se poi vi spingerà a porvi anche qualche domanda etica, vorrà dire che avrete speso davvero bene il vostro tempo.