Un film di Thomas Lilti
con Vincent Lacoste, François Cluzet, Louise Bourgoin, Adèle Exarchopoulos
nelle sale dal 17 aprile
Il nome vi dirà poco o niente, ma Thomas Lilti ha girato parecchi film interessanti, tutti radicati nella realtà. A parte Gauguin (con un bravissimo Vincent Cassel), si è sempre mosso in un contesto contemporaneo e pratico, in particolare ha esplorato il mondo della medicina, sia con più di un film che con una serie tv. Eccolo di nuovo a confrontarsi con l’ambiente del lavoro a cui riserva uno sguardo da reporter. Qui, al centro della sua ricerca, c’è la scuola, vista dalla parte degli insegnanti.
L’approccio è pacato, lontano da denunce e estremismi, perché a interessare Lilti è la normalità. Di sicuro prima di scrivere la sceneggiatura ha compiuto ricerche approfondite, con abilità giornalistica. Il risultato? Un ottimo film che racconta con affetto un mestiere da anni sotto attacco. Se un tempo i professori erano rispettati (e temuti) oggi quella dell’insegnamento è una professione bistrattata, impoverita, soffocata da trappole burocratiche, svalutato.
Anche calunniata. Sembra che la scuola sia la prima responsabile di ogni disastro e quando un insegnante segnala un alunno problematico la reazione più probabile è che si senta dire: e tu che cosa hai fatto per lui? Nessuno si preoccupa di quel che si può fare per gli insegnanti. Che, se non sono perfetti, non sono neppure onnipotenti. Sono solo uomini e donne come tutti. Ed è proprio sotto questo aspetto che cerca di vederli Lilti nel suo film.

Il carico di esagerate responsabilità e la scarsa considerazione rende sempre più pesante il lavoro di tanti professori che devono pure fare i conti con stipendi bassi. Per raccontare la loro condizione il regista ambienta la sua storia in una scuola della classe media, nessuna élite, ma anche nessuna devastazione problematica da emarginazione.
Nel mestiere di insegnante si fondono (o si dovrebbero fondere) missione e passione: un professore ambisce a insegnare qualche nozione ai suoi studenti, appassionarli alla materia è il sogno, ma conquistare il loro cuore è l’ambizione (il più delle volte frustrata) di tutti. Ogni insegnante ha un suo metodo, istintivo o che hanno raggiunto a prezzo di master e seminari. Pochi sono dotati di quella innata luccicanza che affascina gli allievi.

Il gruppo di docenti della scuola di questo film è vario e assomiglia a una classe, come se rimanendo nel mondo della scuola uomini e donne per certi versi rimanessero bloccati in un’eterna adolescenza, incapaci di crescere davvero. Gli studenti nel film ci sono, ma sono tenuti in secondo piano, non entriamo nelle loro dinamiche, non approfondiamo le loro crisi, perché l’attenzione è tutta concentrata sugli insegnanti. Vittime di una nuova fragilità.
Sparita ogni arroganza, relegata nel passato ogni tentazione autoritaria, i professori di oggi, e il film li racconta benissimo, sono insicuri come i ragazzi e pieni di dubbi. Si interrogano sui metodi di insegnamento, sulla loro preparazione e hanno poche certezze su come gestire le relazioni con gli alunni in particolare quando sorge qualche problema ed entrano in gioco disciplina e sanzioni.

Ci affezioniamo a ognuno dei protagonisti, dolcemente solidali fra di loro, proprio come vecchi compagni di liceo. C’è il veterano François Cluzet che ha dedicato tutta la vita all’insegnamento, c’è la passionale Adèle Exarchopoulos così vitale da essere adorata da ogni studente con cui istintivamente fa la cosa giusta, c’è il supplente appena arrivato con alle spalle una famiglia borghese che sogna per lui una “professione alta” e non si capacita di questa scelta “bassa”, c’è la professoressa nevrotica incapace di gestire la classe. La tela delle relazioni è costruita poco a poco e lentamente conosciamo ogni protagonista.

I professori si prendono cura uno dell’altro, si raccontano, si confidano, cambiano metodi e qualcuno potrebbe anche innamorarsi di una collega. Insomma persone normali alle prese con un mestiere in crisi che spinge alla fragilità il tutto messo in scena da attori bravissima in grande sintonia. Immaginiamo lunghe prove come per uno spettacolo teatrale perché solo così si può raggiungere la naturalezza che dà grazia a tutto il film.
