Non mi vuoi ascoltare? Peggio per te: meriti una punizione. Questa resta, purtroppo, la filosofia etica di molti uomini (ma non solo, ahimé!), in qualsiasi angolo del mondo. Poco importa la razza, la religione, l’etnìa di appartenenza; non si tratta infatti di un fattore meramente culturale, bensì di una forma mentis che ben poco ha a che vedere con il contesto culturale stesso in cui si trova inscritta.
Si tratta di ambiti dove notoriamente la parola maschile – espressione di una volontà che non riconosce possibilità di opposizione – ha valore di legge da accettare in silenzio, pena la condanna.
In Italia, come altrove, non sono isolati i casi di oppressione psicologica e maltrattamenti ai danni delle donne. L’ultimo è accaduto in Sicilia e vede protagonista una giovanissima coppia: lui, un 19 enne egiziano, lei una 20enne di origine tunisina.
Abitanti a Torino e da pochi mesi in attesa di un bambino avevano deciso di trascorrere un periodo di vacanza a Porto Empedocle, dove la ragazza era nata e dove ancora risiedono i suoi genitori.
Di ritorno da una breve visita ai familiari, i due stavano percorrendo via Crispi sotto il sole cocente. Il caldo sarebbe stato insopportabile per chiunque, ma a maggior ragione lo era per la 20enne che, coperta dal velo, non riusciva più nemmeno a respirare.
Invano la poveretta ha implorato dal marito il permesso di liberarsi da quella prigione di stoffa, finché, al limite della sopportazione, ha deciso di agire autonomamente e si è scoperta il volto.
La reazione dell’uomo non si è fatta attendere: la sua violenza è esplosa lì, in mezzo alla strada, sotto gli occhi dei passanti a loro volta minacciati di percosse se solo avessero osato intervenire in soccorso della donna.
Bloccato dalla polizia, il 19enne è stato subito denunciato alla Procura di Agrigento per lesioni personali.
E’ una vicenda (sperimentata personalmente chissà da quante donne quotidianamente) che tuttavia ancora una volta deve suscitare orrore e indignazione, nella sua evocazione di scenari decisamente più foschi della semplice autorità fallocratica.
Uno dopo l’altro emergono infatti elementi inquietanti che chiamano in causa il sadismo, la crudeltà di intenti, l’indifferenza verso tutto ciò che non è conforme al desiderio maschile e che invariabilmente arriva ad ignorare – fin quasi ad annullare – persino il miracolo della vita che sta germogliando in quel corpo preso a pugni
E’ ammirevole la decisione presa dalla ragazza; altrettanto apprezzabili anche gli (inutili) tentativi avanzati a sua difesa da qualcuno dei presenti. Come avremmo reagito noi di fronte a una scena del genere? Pensiamoci: avremmo chiesto aiuto? Avremmo finto di non vedere pensando che “tanto non sono fatti nostri”? O saremmo intervenuti con convinzione e determinazione, a prescindere da ogni eventuale conseguenza?
Ritengo che la risposta, valida per tutti,, dovrebbe a questo punto essere una sola: non ci saremmo permessi per alcun motivo di abbandonare la vittima al suo aggressore. E questo deve essere chiaro.
1 commento
Mai abbandonare… circa dieci anni fa ne paese dove abitavo (in prov. di CR) è suuccessa una cosa analoga, il marito non ha picchiato la moglie(19 anni) che aveva spostato il velo per il calore, per strada, ma l’ha riportata a casa e lì è successo di tutto, persino un tavolino le ha buttato addosso. I vicini hanno tentato di entrare ma sono stati minacciati con un coltello. Poi lui è uscito. La moglie ha chiesto aiuto ai vicini, ed alcuni coraggiosi l’hanno presa in consegna, portata in Comune, ed allertato il Sindaco. Da lì siamo andati ai Carabinieri per la denuncia, insieme ad un interprete. Dopo due ore la donna era già in un istituto di prima accoglienza.Il marito non ha saputo dove era per un mese(è stato fatto nei suoi confronti un muro…per il suo bene) Entrambi che comunque “si amavano”, per poter tornare insieme hanno dovuto impegnarsi a fare dei colloqui periodici con il servizio sociale, che li ha seguiti per un anno, ben sapendo che se fosse successo ancora, lui finiva dentro e lei ritornava in istituto. Dopotutto lui era un bravo ragazzo, spaventatissimo dal fatto che “i suoi” potesero dirgli che non sapeva farsi “rispettare” da sua moglie. Sono dinamiche difficili… Non bisogna però avere paura ad intervenire e le autorità devono fare il loro dovere, non alzare le spalle e trincerarsi nelle “procedure burocratiche” che sono solo scuse per non impicciarsi.