di Barbara Belotti e Maria Pia Ercolini
Agli inizi degli anni Duemila le strade di Roma erano poco più di 14.000 e quelle con nomi femminili 336 (2.35%).
Dopo oltre dieci anni le nuove aree di circolazione hanno superato le 16.000 e le strade dedicate alle donne sono salite a 600, riducendo il divario, ma la percentuale è tuttora assai bassa (3.7%).
Gli uomini, invece, sono rappresentati con oltre 7.500 intitolazioni: vie, viali, piazze, corsi ecc. ricostruiscono un universo maschile composto da personaggi noti (alcuni stranoti) e anche da tantissimi sconosciuti, i cui ruoli, la cui vita, il cui lavoro hanno interessato ogni categoria possibile e immaginabile: dagli eroi (reali o immaginari) ai matematici, dai tribuni romani agli atleti, dai viaggiatori agli attori, dagli scrittori, ai politici ….
Nelle aree periferiche della città qualcosa è cambiato e in alcuni quartieri si è avuta una maggiore attenzione verso la memoria femminile… eppure è proprio in un paio di municipi esterni (XV e XX) che si registrano i più bassi indici di femminilizzazione: ogni cento intitolazioni maschili, meno di due sono destinate a donne. Nel centro cittadino, dove invece il rapporto M/F è di 5 a 1, sono le figure religiose a dare un forte contributo alla sfera femminile.
Nel complesso, un terzo delle strade e delle piazze continua a essere legato al ricordo della Madonna, ai nomi delle sante, delle beate o martiri cristiane, ai personaggi della mitologia greco-romana in un curioso sincretismo che non appartiene solo a tempi lontani, ma che viene perpetuato anche in zone di recente realizzazione.
Il numero di strade dedicate alle protagoniste storiche, a Roma, ha una certa rilevanza: sono 125 (quasi il 21% del totale femminile) ma molte sono eroine dell’antichità, del Medioevo e del Rinascimento alle quali solo da poco tempo si stanno affiancando figure più moderne, che possono diventare concreti modelli di riferimento per le nuove generazioni. Come non guardare con tristezza ai pochi nomi di donne che celebrano le vicende del Risorgimento e della Repubblica Romana del 1849, Colomba Antonietti, Cristina di Belgioioso, Margareth Fuller Ossoli per esempio?
Ancora più desolante appare la scarsa attenzione rivolta alle “Madri dell’Italia”, le donne che hanno animato la Consulta Nazionale e l’Assemblea Costituente, il cui contributo di pensiero e di azione ha dato vita al volto democratico del Paese. A Roma nessun luogo pubblico, nessuna piazza o via commemora quei nomi, eccezion fatta per Nilde Iotti, ricordata in un viale interno a Villa Celimontana; ma anche in questo caso il suo nome non ha una valenza storica e politica, piuttosto recupera la sfera intima di Nilde, i momenti di riposo e di tranquillità vissuti con Togliatti passeggiando proprio nel parco cittadino.
Il gruppo di Toponomastica femminile ha quindi “lanciato una sfida” alle attuali e future Amministrazioni comunali e agli uffici competenti: riequilibrare il valore e il peso di quelle protagoniste individuando nuove zone urbane in cui prevedere la realizzazione di una ventina di aree di circolazione, tutte dedicate alle donne che hanno scritto le pagine della nostra Costituzione, un “quartiere delle Costituenti” che, seppur in periferia, colmi un increscioso silenzio storico.
Valori e pesi della memoria sbilanciati anche guardando altre intitolazioni: delle 27 biblioteche vere e proprie (senza contare quelle specializzate e federate, i centri polifunzionali e le biblio-point scolastiche) solo una ricorda una donna, Elsa Morante. Le altre o sono dedicate a uomini di cultura (7) o riprendono il nome della via in cui si trovano e, in 6 casi, “indirettamente” ricordano di nuovo personaggi maschili: Guglielmo Marconi nei pressi di Viale Marconi, Giordano Bruno in via Giordano Bruno, solo per fare qualche esempio. C’è anche la Biblioteca Rugantino che, in Via Rugantino, commemora la maschera tradizionale romana. Ma le scrittrici e poetesse sono assenti e anche a Grazia Deledda, che pure il Premio Nobel l’ha ricevuto, si è negato il riconoscimento di una intitolazione.
Non va meglio neppure nel verde pubblico: su 187 fra parchi e giardini della capitale, solo 16 hanno nomi femminili. La recente notizia di intitolazione di due giardini nel XV municipio a Elena Lucrezia Cornaro Piscopia (filosofa e prima donna laureata al mondo 1646/1684) e a Laura Maria Caterina Bassi (biologa e matematica – 1711/1778), fa sperare che qualcosa stia cambiando.
In uno dei più importanti polmoni verdi di Roma, Villa Pamphilij, sono stati realizzati percorsi e sentieri dedicati a importanti figure femminili della storia e della cultura tra XVII e XXI secolo: dalla pittrice Artemisia Gentileschi alla musicista Clara Wieck Schumann, dalle sorelle Bronte a Simone de Beauvoir, da Cristina di Belgioioso a Carla Capponi fino alle ultime intitolazioni, quelle a Anna Politkovskaja e Oriana Fallaci. Tra gli alberi e le radure della grande villa romana sono celebrate, su targhe marmoree, tante donne, anche molto diverse fra loro, ma simili per l’impegno intellettuale, politico e sociale che ne ha contraddistinto l’esistenza. Riguarda proprio villa Pamphilj un’altra proposta di Toponomastica femminile: la raccolta di firme per intitolare a Miriam Mafai un tratto di viale 8 Marzo, un sentiero molto vicino all’abitazione della giornalista recentemente scomparsa. Si può sottoscrivere la petizione unastradapermiriam@gmail.com contribuendo così alla raccolta di 1..000 firme a sostegno della proposta.
Le iniziative che il gruppo di Toponomastica femminile ha messo in campo nella capitale hanno avuto interlocutrici attente e disponibili.
L’Ufficio Toponomastica del Comune di Roma, diretto dalla dottoressa Maria Vincenzina Iannicelli, ha accolto con interesse l’ampia rosa di figure proposta per i 19 Municipi romani nel corso della campagna “8 marzo, 3 donne 3 strade”. Alcuni di questi nomi sono stati sostenuti, presentati e accettati alla Commissione Consultiva di Toponomastica, che ha il compito di denominare tutte le aree di pubblica circolazione (piazze, vie, giardini ecc.). In futuro potremo attraversare via Trotula De Ruggero, medica della scuola salernitana del secolo XI, percorrere via Ave Ninchi o parcheggiare in Viale Sora Lella, nome con il quali si ricorda, nella tradizione romana, l’attrice Elena Fabrizi. Sempre condividendo il nostro progetto, l’Ufficio Toponomastica ha proposto alla Commissione Consultiva il nome di Germana Stefanini (vigilatrice penitenziaria, Medaglia d’Oro al Valore Civile 1926-1983) alla quale intitolare un’area nel XX Municipio, così povero di targhe al femminile.
Lo studio dell’odonomastica del territorio può essere uno strumento con il quale provare a modificare la cultura, promuovendo figure femminili di rilievo e sensibilizzando le nuove generazioni verso un riequilibrio delle presenze femminili nella storia. Tale argomento è stato condiviso dalle persone che lavorano nell’Ufficio Toponomastica del Comune – Anna Maria Tonanzi, Rita De Pascalis e Helman Evangelista -, che hanno dato la massima disponibilità a poter effettuare ricerche storiche in funzione didattica nei loro schedari. Disponibilità anche da parte delle consigliere della Giunta Capitolina – Monica Cirinnà e Gemma Azuni -, pronte a sostenere tutte quelle iniziative che possano coinvolgere le scuole della capitale.
A questo proposito il gruppo Toponomastica femminile e la FNISM, Federazione nazionale insegnanti, hanno proposto al Comune di Roma un intervento rivolto alle scuole di ogni ordine e grado, finalizzato a riscoprire e valorizzare le tracce delle presenze femminili che hanno contribuito alla storia e alla cultura della città. Il progetto “Dare voce alle donne, dare vita alle strade”, che intende inoltre rafforzare il rapporto tra popolazione scolastica e istituzioni, prevede ricerche storiche guidate, laboratori di scrittura creativa e attività sportivo-culturale lungo i percorsi femminili di Villa Pamphili.
Tra i suggerimenti didattici anche un concorso scultoreo nazionale per la realizzazione di opere che possano celebrare le tante donne dimenticate della storia del nostro Paese. Roma, infatti, ha due grandi aree pubbliche che, con tratti fortemente connotati al maschile, si possono definire “Pantheon” delle glorie nazionali: il Pincio e il Gianicolo. Le numerose erme, realizzate nel corso dei decenni tra Ottocento e Novecento, raffigurano i grandi uomini d’Italia, mentre alle donne celebri vanno tre soli busti nei viali del Pincio (S. Caterina da Siena, Vittoria Colonna e Grazia Deledda), e uno soltanto al Gianicolo (Colomba Antonietti), ove si aggiunge la scultura equestre di Anita Garibaldi. Dare l’occasione a scultrici e scultori di cimentarsi con l’altro volto della storia è un modo di riequilibrare l’evidente sessismo delle scelte culturali del passato, un modo per dare volti ed espressioni a nomi cancellati e omessi, per restituire luce alle presenze femminili dimenticate.