La notizia del suicidio della giornalista romana, che si è gettata da un ponte della Capitale nel giorno del suo compleanno colpisce profondamente e porta come sempre a riflettere sulla natura di quel male oscuro che molti si portano dentro…
E di come possa improvvisamente esplodere facendo perdere il senso del valore della propria vita e portarci ad ignorare qualsiasi appiglio capace di legarci ad essa.
In casi come questi non mi capacito mai del fatto che nessuno sia riuscito ad intercettare per tempo le emozioni, prima che le azioni suicida. Presi sempre di piu’ dalla rete dei social network abbiamo perso la capacità di tessere e costruire piuttosto quelle reti in grado raccogliere i nostri simili che si gettano nel vuoto, cosi’ come accade al circo per i funamboli ed ora probabilmente e’ giunto il momento di ricominciare a tesserle nuovamente. Una volta queste reti esistevano ed erano fatte di relazioni reali, concrete, della chiacchierata con il fruttivendolo sotto casa, del giornalaio che ti metteva da parte il tuo quotidiano preferito, della vicina di casa che ti prestava la tazza di zucchero e ti chiedeva dove eri stato se non ti vedeva per qualche giorno, della portiera che aveva la copia delle tue chiavi di casa.
Nel tempo tutto cio’ e’ stato abolito dalle nostre vite, spesso perche’ ritenuto una seccatura, una perdita di tempo, qualcosa di inutile e fastidioso anche per la privacy, ma a mio avviso queste abitudini non solo contribuivano ad esplicitare ed esprimere la nostra umanita’ in modo forse piu’ completo, ma potevano tessere quella rete di salvataggio utile a chi rischia perdere il filo e cadere dall’alto di una corda tesa.