Come far sparire le rappresentanze di genere dalle Università
Il convegno ”Vita pubblica e opportunità per le donne in Italia” che si è tenuto il 31 gennaio 2011 alla Bicocca mi ha aperto molte nuove panoramiche sul mondo delle pari opportunità, soprattutto quelle che a molte di noi, non addette ai lavori, ci sono precluse.
Ma l’argomento che mi ha intrigato maggiormente è stato quello riguardante la sparizione dei comitati di pari opportunità dalle università pubbliche per confluire nei Comitati Unici di Garanzia, voluti dal ministro Brunetta e dalla Consigliera nazionale di Parità, Alessandra Servidori.
Conoscendo la validità ed il duro lavoro che da queste commissioni è stato portato avanti finora, mi è sembrata una svolta rivoluzionaria, anzi reazionaria, atta a cancellare le rappresentanze di genere dalle università.
E per questo mi sono rivolta ad una specialista Fiorenza Taricone, Presidente Associazione Nazionale Coordinamento Comitati Pari Opportunità (UniCpo) perché ci spieghi meglio. Laureata in Filosofia e in Lettere, insegna Storia delle dottrine politiche all’università di Cassino, dove è stata Presidnete per otto anni del Comitato Parità dell’Ateneo ed è attualmente Presidente dell’Associazione Nazionale Comitati Pari Opportunità (UniCpo). Da più di venti anni si occupa di pensiero politico e questione femminile. Ha scritto molti libri, saggi e articoli sull’argomento, trattando in particolare l’evoluzione dei diritti civili e politici per uomini e donne, e soprattutto l’associazionismo femminile. in Italia. Può essere quindi a ragione considerata un’esperta del settore.
Perché non se ne è parlato mai finora?
Per i giornali impegnati attualmente in altro, come per tutti i media, l’Università, come ci hanno detto personalmente giornalisti televisivi, non fa in genere “notizia” e per la maggior parte dei Rettori, spesso siamo considerate solo un gruppo di donne che si occupano di cose di donne. Abbiamo cercato di rispondere criticamente alle insufficienze della legge n.183, che all’articolo 21 riforma i Comitati della Pubblica Amministrazione, ma finora l’ascolto è stato minimo. Del resto, la legge è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 4 novembre 2010 e le Linee Guida sono uscite, quindi siamo di fronte alla sua effettività. Ciò che critichiamo con l’UniCpo non è solo l’impianto per quel che riguarda i Comitati Pari Opportunità universitari, ma anche il fatto che precedentemente non è stato attivato alcun tavolo di discussione fra istituzioni politiche e mondo universitario impegnato in questo settore.
Del resto non è una sorpresa, perché la modalità di questi ultimi anni di governo è stata, oltre che attaccare frontalmente l’Università, delegittimando docenti e contenuti, svilire sottilmente il nostro lavoro, presentandolo come un aspetto del vetero femminismo, oppure come uno spazio graziosamente offerto.
I Comitati in realtà si sono spessissimo occupati di formazione e diffusione della storia relazionale fra i generi e delle politiche di pari opportunità, su cui poggia tanta parte delle politiche europee e quindi svolgendo un ruolo di aggiornamento, sia concettuale che lessicale, per tutti, studenti, studentesse, amministrativi e persino docenti. Per esempio, il Cpo dell’università di Bari ha più di venti anni di attività alle spalle.
Un bilancio culturale non da poco in questi anni segnati da un’amnesia generazionale dove tutto passa sulla nostra testa, senza che si abbiano talvolta gli strumenti culturali aggiornati per conoscerne le origini. Là dove le Università hanno dimostrato incomprensione, per fortuna solo in parte, essendo destinate alla formazione questo è per me decisamente grave.
Se questa legge passa all’università, passerà anche altrove? Alla Bocconi hanno da poco inaugurato un settore pari opportunità.
I Comitati pari opportunità nascono nel 1987, in virtù di un D.P.R. e riguardavano esclusivamente la parte amministrativa contrattualizzata. Poi i comitati sono passati per estensione a comprendere al loro interno anche la componente docente non contrattualizzata e in alcune Università anche quella studentesca. Il dialogo era quindi a tre voci e per quanto mi risulta unico in Italia: gli amministrativi contrattualizzati, i docenti e gli studenti. La legge n.125 del 1991 ha reso per prima obbligo di legge l’istituzione dei comitati pari opportunità nelle Amministrazioni pubbliche e private. Successivamente il corredo legislativo si è infittito e ulteriormente precisato, senza avere però un apparato sanzionatorio che ostacolasse le inadempienze; singolare che solo oggi l’apparato sanzionatorio venga previsto per la mancata istituzione dei Comitati Unici di garanzia.
Anche le Università quindi sono state inadempienti nel caso di mancata istituzione dei Comitati, rimanendo prive però di un potenziale umano motivato e gratuito. Trovo decisamente grave e con me l’Associazione che nella legge attuale siano eliminati di fatto docenti che potrebbero rientrare come esperti senza diritto di voto e studenti che sarebbero il motivo per cui l’Università rimane in piedi. Quindi la legge è senz’altro applicabile alle Amministrazioni Pubbliche con personale contrattualizzato, ma non può esserlo pari pari nelle Università, per la presenza di tre componenti diverse fra loro. Quindi l’UniCpo sta preparando una Mozione in cui propone che accanto ai Cug, i nuovi Statuti che si tanno predisponendo per effetto della legge Gelmini comprendano e rinforzino organismi che proponiamo di denominare Comitati per la parità. Prima di quest’ultima deliberazione, l’UniCpo aveva già predisposto una Mozione inoltrata alla Crui(Conferenza Nazionale Rettori Università), e ai Ministeri di competenza, quali il Ministero per le Pari Opportunità, che ci ha di fatto ignorato. Ma non era nato per applicare il mainstreaming?
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Mozione dell’UniCpo (Associazione Nazionale Coordinamento Comitati Pari Opportunità) sulla Legge n. 183/2010, Collegato Lavoro e i Comitati Unici di garanzia.
La recente approvazione del Collegato Lavoro, che interviene sul D.Lgs. 165/2001, modifica nome e composizione dei Comitati Pari Opportunità. L’intervento legislativo non può che riguardare i Comitati Pari Opportunità del personale tecnico amministrativo, senza incidere su organismi statutari ed accademici, i cui fini siano quelli di costruire pari opportunità per i professori, i ricercatori, le figure precarie della docenza e gli studenti.
Il D.Lgs. 165/2001 è infatti applicabile al solo personale contrattualizzato e quindi, per l’Università, al solo comparto tecnico-amministrativo.
La componente tecnico-amministrativo del CPO viene chiamata ad unirsi a quella del comitato contro il mobbing (laddove esistente) per la creazione di unico comitato che si occuperà di costruire garanzie antidiscriminatorie nelle relazioni di genere, contro il mobbing e le molestie morali, intervenendo sugli istituti contrattuali del CCNL dei dipendenti.
La composizione di questo nuovo organismo (metà rappresentanti dei sindacati e metà rappresentanti dell’amministrazione, con il vincolo di una presenza paritaria uomini-donne) dovrà essere decisa in sede locale, anche se si attendono da Roma alcuni primi orientamenti di carattere generale. Nel CCNL Università, (unico in tutto il pubblico impiego) la presenza della rappresentanza del personale nei CPO è elettiva. Di conseguenza, si presume che le OO.SS. rappresentative vogliano mantener fede all’impegno assunto in sede di contratto nazionale, riconfermandone l’elettività e mantenendo le attuali rappresentanze su richiesta dei CPO in ogni sede, almeno fino a scadenza naturale del mandato.
Successivamente, dovrà essere avviata una campagna di sensibilizzazione in tutti gli Atenei, volta a consolidare l’indipendenza degli organismi di garanzia e l’importanza strategica della loro elettività.
Nelle Università, la creazione dei comitati unici di garanzia e quindi anche di uffici che si occuperanno del consolidamento di azioni e di indirizzi di pari opportunità all’interno della contrattazione, deve essere accompagnata da organismi che promuovano politiche più ampie e rivolte all’insieme della comunità. Questi organismi sono già presenti in molti statuti ed in altri possono essere inseriti nei prossimi sei mesi, durante la fase di adeguamento alla riforma prevista dalla legge Gelmini. Si verrebbero così a creare anche nelle Università, come nelle Regioni e nei Comuni, due organismi di parità: uno rivolto agli istituti contrattuali (il Comitato unico di garanzia) ed un altro alle politiche di pari opportunità (la Commissione o il Centro). Poiché la comunità universitaria è un unicum nel suo genere, essendo composta da docenti, amministrativi, dottorandi e dottori di ricerca, assegnisti, contrattisti, lettori, studenti, è di fondamentale importanza che quella tecnico-amministrativa non venga relegata soltanto all’interno di un comitato contrattuale e ci auguriamo che nella maggior parte degli atenei si trovino gli argomenti (in sede di revisione statutaria) per mantenere la sua rappresentanza all’interno della Commissione.
Di uguale importanza ci sembra mantenere l’elettività di tutte le sue componenti.
Alle molte domande che sono giunte alla nostra Associazione in queste settimane, aventi per oggetto lo scioglimento o meno degli attuali Comitati Pari Opportunità, dobbiamo rispondere in maniera articolata:
A) Comitati Pari Opportunità organi statutari di Ateneo.
La loro presenza elettiva, gli strumenti e gli obiettivi possono essere ridefiniti (cambio nome e funzioni) in sede di revisione statutaria, in applicazione della legge Gelmini.
B) Comitati creati sulla base delle disposizioni contrattuali.
Si trasformano in Comitati Unici di Garanzia, cercando di mantenere l’elettività dei componenti, previo accordo con le organizzazioni sindacali. Nulla impedisce che parallelamente, in questi mesi, si dia corso all’ipotesi A).
Come Associazione UNI CPO abbiamo chiesto un incontro con la CRUI per concordare un’omogeneità di indirizzo sul piano nazionale. Riassumendo la nostra posizione è dunque la seguente:
1) Chiedere ai Rettori di non sciogliere i Comitati Pari Opportunità, ma di transitarli in questi mesi di revisione statutaria verso una nuova forma, potenziandone gli strumenti e gli ambiti.
2) Creare una Commissione o Centro di Pari Opportunità, differenziandone i compiti da quelli del Comitato unico di garanzia (rivolto esclusivamente al personale tecnico-amministrativo e limitato agli interventi sugli istituti contrattuali quali orario, conciliazione, maternità, formazione, valutazione, ecc.). La Commissione dovrebbe essere composta su base elettiva e prevedere la partecipazione paritetica di tutte le componenti universitarie (studenti, dottorandi ed altre figure, personale tecnico-amministrativo, ricercatori, professori).
3) Mantenere il più possibile l’elettività delle componenti.
4) Chiedere alle organizzazioni sindacali di tenere fede al contratto nazionale sottoscritto che prevede l’elettività delle componenti tecnico-amministrative dei comitati pari opportunità, dichiarando di riconoscere la componente elettiva degli attuali CPO e riconfermandola fino a scadenza naturale del mandato.
Si ricorda infine che, nell’Adunanza del 14 aprile 2010, il Consiglio Universitario nazionale nel rilevare che nella maggior parte degli Atenei italiani, i Comitati Pari Opportunità sono organismi statutari formati da rappresentanti del personale docente, tecnico-amministrativo e degli studenti-studentesse eletti dalle rispettive componenti, che hanno tra i propri compiti non solo quello di operare per il benessere delle lavoratrici e dei lavoratori e contro le discriminazioni, ma anche quello di promuovere azioni positive e una cultura di genere,ha auspicato che le Università, nella propria autonomia statutaria, mantengano tali comitati con le proprie caratteristiche.