Piemonte, Val d’Aosta, Liguria e Lombardia
Censimenti, rapporti con le istituzioni, dati emersi, prospettive.
Di Loretta Junk e Rosa Enini
Le quattro regioni che costituiscono quella che abbiamo chiamato la “macroarea” di Nord Ovest comprendono ben 3059 comuni, di cui poco più del 12% sono stati censiti, un dato modesto soprattutto se si tiene conto dell’impegno profuso per ottenere gli stradari necessari per i censimenti.
Per richiederli sono state infatti state spedite lettere a tutti i sindaci dell’area, in occasione della ricorrenza dell’8 marzo; tutti i comuni lombardi e la maggior parte di quelli piemontesi sono stati in seguito sollecitati anche con posta certificata. Inoltre sono state contattate le Consigliere di Parità di tutte le province del Piemonte e della Lombardia.
Qualche risultato in più è stato ottenuto dove le Consigliere si sono attivate, specialmente in alcune province lombarde, ma il problema di reperire gli stradari per la ricerca non è stato finora risolto in modo soddisfacente.
Si consideri poi il fatto che molti comuni dell’area (soprattutto nella Val d’Aosta, ma anche nell’entroterra ligure e nelle zone montuose in genere) sono piccoli o piccolissimi, sotto i mille, o addirittura sotto i cinquecento abitanti: si tratta di realtà rurali dove la presenza di odonimi, anche maschili, è scarsa e non esistono i nomi delle strade, ma solo quelli delle località e delle borgate, legati per lo più ad antichi cascinali o ai cognomi delle famiglie che le abitano o le hanno abitate.
Le risposte pervenute, poi, sono state di diverso tenore: si va da quelle chiaramente interessate e partecipi, a quelle di tono più burocratico, a quelle che rivelano una sostanziale incomprensione degli scopi del progetto. Alcune cordiali, altre meno, ma comunque risposte. Ma quando la risposta manca, ciò ci costringe a riflettere sui rapporti tra cittadini e istituzioni e sul problema della pubblicità dei dati in possesso delle amministrazioni.
Per quanto concerne i dati toponomastici, l’area non si discosta da quanto emerso a livello nazionale: nella maggior parte delle città, compresi i capoluoghi di provincia censiti, il numero degli odonimi femminili si situa in una fascia compresa tra il 3 e il 5% del totale. In tutte le realtà finora mappate le donne cui sono state intitolate strade, piazze, viali sono prevalentemente sante, beate, religiose fondatrici di ordini femminili e declinazioni varie della figura della Madonna.
Tra le laiche, frequenti ovviamente le benefattrici e anche le madri o mogli dei “padri della patria”, del recente passato storico ma anche del Medioevo (ad Asti, ad es., l’ultima moglie di Garibaldi, Francesca Armosino, a Torino Teresa Confalonieri, moglie del patriota risorgimentale, in Lombardia ; Maria Drago Mazzini, madre di Giuseppe Mazzini e Adelaide Bono Cairoli, madre dei fratelli Cairoli. C’è poi un pugno di scrittrici, poete, pedagogiste: i nomi che ricorrono più frequentemente sono quelli di Grazia Deledda, Ada Negri, Maria Montessori. In certe realtà, soprattutto rurali, si incontrano talvolta i nomi di donne che sono state riconosciute dalla comunità per l’opera svolta in ruoli tipicamente femminili, come levatrici o insegnanti di scuola elementare.
Esigua la percentuale di vie dedicate a figure femminili che abbiano travalicato tali ruoli, svolgendo funzioni tradizionalmente riservate agli uomini: a Milano si ricorda Rosina Ferrario, prima donna ad ottenere il brevetto di volo, e a Dongo, in provincia di Como, una via ricorda Francesca Scanagatta, ufficiale dell’esercito nelle guerre napoleoniche in Germania e in Francia. Né può essere considerato un’eccezione l’omaggio alle donne di Casa Savoia, che costituisce una peculiarità della toponomastica torinese, in cui vengono ricordate anche donne che ebbero delicati incarichi di reggenza come la celebre Madama Cristina, che rivelò notevoli capacità politiche. Si tratta infatti di regine, una categoria che non può essere assimilata al resto dell’universo femminile. Tanto più che anche questa particolarissima categoria ha, nelle targhe torinesi, esempi che rappresentano alla perfezione modelli femminili votati alla rinuncia, come l’infelice principessa Clotilde, figlia di Vittorio Emanuele II, sacrificata sull’altare della ragion di stato quando, nei patti di Plombières, fu promessa in sposa al famigerato Girolamo Bonaparte per suggellare l’alleanza con Napoleone III. Destino che due secoli prima era toccato anche a un’altra principessa di Savoia, Ludovica, forse non a caso ricordata a Torino, giusto per ribadire quale sia il posto che compete alle donne, anche se di ceto elevato.
Poche, soprattutto nei comuni lombardi, le donne ricordate per essersi distinte nella lotta partigiana o per aver preso parte ai lavori della Costituente, i momenti fondanti della storia del nostro Paese: su 278 comuni censiti in Lombardia, solo 7 sono intitolate a Nilde Iotti. Qualcuna di più in Piemonte, soprattutto nei comuni della “cintura” torinese e a Domodossola. A Torino solo Ada Gobetti Marchesini ( ma sarà per i suoi meriti o per essere stata moglie di Piero Gobetti?), mentre i nomi delle giovanissime partigiane Vera e Libera Arduino, trucidate insieme al padre Gaspare, cui pure è stata dedicata una via, scompaiono nel cognome collettivo della targa stradale: via Arduino.
Il deprimente quadro della memoria femminile non sembra destinato a mutare in modo autonomo: a Torino, per esempio,delle 114 nuove intitolazioni deliberate dal gennaio 2000 fino al luglio 2011 solo due portano il nome di una donna.
Tuttavia fa ben sperare che molti comuni abbiano aderito al progetto “8 Marzo 3 donne 3 strade”: hanno adottato delibere in tal senso o si sono impegnati a farlo Sesto San Giovanni, Rho, Novate Milanese, Cesano Maderno, Motta Visconti, Lecco, Erbusco, Masnaga in Lombardia; Asti, Fossano, Savigliano, Moncalieri, Pecetto Torinese in Piemonte. A Savigliano la consulta per le pari opportunità ha indetto un concorso di idee tra la cittadinanza per la scelta dei nomi. A Torino non c’è stata una esplicita adesione al nostro progetto, ma è significativo che delle 11 nuove intitolazioni deliberate dalla Commissione Toponomastica nel mese di marzo dell’anno in corso, ben sei siano femminili, e che nel verbale della riunione venga dichiaratamente sottolineata la volontà di ricordare esponenti del genere femminile, finora poco rappresentato nella toponomastica cittadina.
Un ruolo significativo è stato giocato senza dubbio dalla stampa, che ha dato ampia diffusione alle campagne che il gruppo di Toponomastica femminile ha lanciato, soprattutto a “ Tre donne tre strade”, e nel complesso sembra che la pressione che il mondo femminile è in grado di mettere in atto possa ottenere non solo risultati immediati ma anche, finalmente, una presa di coscienza del problema.
1 commento
Una bella sintesi ragazze ed un ottimo lavoro.Sono con voi