Astrofisici nel cuore. Il suo amore per la fisica ha portato Claudia Antolini ad intraprendere una lunga e complicata via di studio e di lavoro.
Romana, classe ’86, dopo la Maturità Classica si è iscritta alla Laurea Triennale in Fisica presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, per poi concludere il ciclo universitario con la Laurea Specialistica in Scienze dell’Universo, sempre a Tor Vergata. Dopo una tesi sulla ricerca di materia esotica nei raggi cosmici nell’ottobre 2010 ha iniziato il mese successivo il corso di dottorato presso la SISSA di Trieste . Ne avrà ancora ancora per un paio d’anni durante i quali cercherà di farsi le ossa per poi procedere in modo più autonomo nel mondo della ricerca.
Cosa si deve fare per diventare astrofisica?
Questa è una bella domanda. Se avessi la risposta sarei un bel passo avanti!
Direi che bisogna studiare e impegnarsi abbastanza, mi capita a volte di rinunciare ad uscire o ad una breve vacanza per stare sui libri. E’ necessario inventarsi la propria strada, il proprio progetto di ricerca, interessandosi agli studi che man mano vengono pubblicati dagli esperti nei vari settori, partecipando a riunioni, conferenze, muovendosi il più possibile sia nello spazio che mentalmente. Mantenersi sempre attivi, svegli, curiosi e partecipi! E, secondo me, è necessario non prendersi troppo sul serio: ogni risultato va valutato e considerato secondo il metodo scientifico, che ci insegna a pensare criticamente. Non esistono verità assolute, tutto deve essere messo in discussione, ogni dubbio è lecito. Anche i risultati che si danno spesso per scontati possono rivelarsi poco accurati. E’ d’obbligo una generosa dose di autocritica e voglia di confronto, con gli altri scienziati e con i propri collaboratori. Io ho la fortuna di lavorare con un gruppo di persone estremamente preparate, disponibili e competenti. Poi, un po’ di voglia di viaggiare e di aggregarsi a gruppi di lavoro sempre nuovi, composti da persone provenienti da luoghi anche molto diversi l’uno dall’altro è essenziale secondo me: lo scienziato lavora spesso in gruppo e dallo scambio reciproco si apprende moltissimo, in termini personali naturalmente, e anche scientifici. Si impara ad adattarsi, ad osservare la realtà da diversi punti di vista; trovo molto utile questa capacità quando si parla di risoluzione dei problemi. Alle volte la soluzione è sotto i tuoi occhi, ma non la vedi perché stai adoperando un punto di vista sbagliato!
E quali sbocchi di lavoro ci sono?
Lo sbocco “naturale”, dopo il titolo di dottore di ricerca, sarebbe quello di cercare una posizione di post-doc in qualche Università o Ente di ricerca, e poi approdare ad un sospirato contratto di ricercatore… ma sempre più spesso si incontrano ragazzi e ragazze che dopo aver conseguito Laurea e Dottorato cercano un’occupazione anche molto diversa dal loro corso di studi. I fisici sono molto richiesti, ad esempio, nelle aziende di programmazione, nella finanza, nelle società di consulenza: le nostre abilità di “problem solving” sono capitalizzate per elaborare nuovi approcci a questioni già esistenti.
Molte le donne che la studiano?
Non siamo moltissime, al momento; nel mio istituto le aspiranti astrofisiche sono in un rapporto di circa 1:3 con i loro colleghi maschi. Ma in altri ambiti della scienza va decisamente peggio da questo punto di vista e la compagnia di una ragazza può essere merce molto rara! Negli ultimi anni la discrepanza numerica tra i sessi si va assottigliando nei vari stadi della carriera accademica, tuttavia ci sono ancora poche donne che occupano posizioni rilevanti in quest’ambito. Dalle persone esterne al mondo della ricerca mi capita di essere guardata con perplessità quando affermo di studiare astrofisica. Certamente non è una scelta comune né per uomini né per donne, però in un caso mi è capitato che un conoscente mi abbia risposto “ma sei una ragazza…” Ero quasi tentata di ringraziarlo, come se non mi fossi mai accorta prima del suo commento di essere di genere femminile! Capita purtroppo anche in ambiente lavorativo di sentire qualche commento un po’ discriminatorio nei confronti delle ragazze o, più generalmente, donne; ma sono sempre meno, e io confido nel buon senso della maggioranza. Dato che il numero delle immatricolate cresce sempre di più (dati MIUR 2010/2011 mostrano che la divisione per sesso per la facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali è al 50%, dati consultabili qui http://statistica.miur.it/scripts/IU/vIU1.asp) il problema della differenza di genere sarà affrontato con uno spirito di consapevolezza più profondo che in passato.
Avevi questo desiderio fin da giovanissima?
La prima volta che ho pensato seriamente alla fisica come alla mia occupazione è stato durante gli ultimi anni delle scuole superiori. La scienza mi affascinava, come altri campi del sapere che ho avuto modo di coltivare finora, ad esempio amavo molto la filosofia e la storia dell’arte, e ho sempre avuto una buona propensione per le lingue. Poi un giorno sono rimasta fulminata, ho vissuto una scena da film in piena regola, con i violini in sottofondo e i contorni sfumati, solo che al posto di una coppia di innamorati c’eravamo io e un trafiletto sugli anelli di Saturno. Non so cosa darei per rileggerlo oggi o tra dieci anni! A quel punto in molti mi hanno consigliato di dedicarmi ad altro, incanalando le mie capacità in un campo meno astratto. Riflettendoci oggi, è stato un bene per me che in tanti abbiano tentato, in buona fede, di scoraggiarmi dall’intraprendere studi molto impegnativi: ciò mi ha permesso di capire che il mio interesse era sincero e determinato, e aumentato dalla consapevolezza, seppur parziale, delle difficoltà che avrei incontrato nel seguire la mia ispirazione. E molte ne ho ancora davanti da superare!
E’ meglio studiare in Italia o all’estero?
In Italia, come all’estero, ci sono Università ottime e Università pessime; gli studi di base svolti in Italia mi hanno dotato di una buona preparazione in diversi campi della fisica e dell’astrofisica, e al momento lavoro in un ottimo istituto italiano, riconosciuto a livello europeo come luogo d’eccellenza. Certo il futuro non è proprio roseo; oggi nella ricerca si assume sempre meno, i tagli sono all’ordine del giorno, quindi, anche trovando un posto in un istituto o ente di ricerca italiano, ci si deve adattare a far ricerca senza fondi. Il che vuol dire, in alcuni casi, a non poter fare ricerca! E qui arriviamo al famoso fenomeno della fuga dei cervelli; in molti vanno via ma in pochi dall’estero entrano a far parte del mondo accademico/scientifico italiano. La mobilità di cui avevo parlato prima è un requisito essenziale per lavorare con diverse persone e in diverse realtà! L’uomo e la donna di scienza sanno che potrebbero trovarsi a viaggiare molto e a cambiare città alcune volte nel corso del loro percorso lavorativo; è del tutto naturale che i giovani laureati italiani cerchino un percorso all’estero, il nodo è che l’Italia non attrae a sua volta giovani laureati da altri Paesi, “regalando” talenti prima ancora d’averli scoperti.
Se tornassi indietro lo rifaresti? Lo consiglieresti alle giovani?
Lo rifarei per tutta la vita! Dedicarmi alla scienza mi regala infinite soddisfazioni, mettersi alla prova e superare i propri limiti ogni giorno, un passo alla volta, e arrivare alla fine di una giornata di lavoro consapevole di aver imparato qualcosa (anche se non sembra quando le cose vanno male e l’unico desiderio è quello di spaccare il monitor del pc) è per me la migliore delle ricompense. Consiglio alle ragazze di interessarsi alla scienza, come all’arte, alla politica, alla meccanica, alla vita d’azienda, a qualunque campo venga loro in mente, senza lasciarsi demotivare da chi consiglia un lavoro “da donne”, e continuare con tenacia fino a raggiungere il proprio obiettivo, anche quando è al di là dei ruoli che ci vengono suggeriti ma che non siamo noi ad aver scelto. La scienza è un lavoro per donne, e ogni giorno le ragazze (e ragazzi) che la studiano contribuiscono a sfatare il mito di una scienza vecchia, noiosa, polverosa e misogina. Ogni mestiere può essere “da uomini” e “da donne”, basta trovare la scintilla che accenda il motore delle nostre ambizioni. Non c’è energia più pulita di questa!
5 commenti
“Ogni risultato va valutato e considerato secondo il metodo scientifico, che ci insegna a pensare criticamente….Anche i risultati che si danno spesso per scontati possono rivelarsi poco accurati”. Bello, applicabile anche alle scienze umane. “E, secondo me, è necessario non prendersi troppo sul serio”: posso dire che mediamente ciò è più difficile per gli uomini che per le donne? 😉
Paola, posso dirti che per me non prendermi sul serio è difficilissimo! 🙂
Onore al tuo merito, Claudia! Ed augurissimi per un futuro sempre pieno di scoperte dietro l’angolo, anzi, dietro l’atomo :).
ps. Nel mio personalissimo cielo, uno degli astri più brillanti è la nostra grande Margherita Hack.
Ok ci sono riuscita!
Ma sei sul magazine
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