di Caterina Della Torre
Preparando l’intervento ad convegno che si terrà a Milano a giorni sulla cultura che trasmettiamo ai giovani ho scritto alcune note che vorrei dividere con voi.
La Tv per anni ci ha propinato l’immagine di una donna addomesticata e prona ai desideri di una società maschile.
Una donna vista con gli occhi di uomo. Una donna così avvezza a ritenersi oggetto che quando passano in TV immagini che la vedono scollacciata, se non smutandata, non se ne indigna, ma talvolta se ne compiace desiderando e mirando a diventare come ”lei” la donna oggetto. Ed il meccanismo rischia di travolgere anche il mondo del giornalismo femminile: dalla cronaca allo sport. Una figura invisibile anche nei talk show in cui la donna ed il suo pensiero brillano per la loro assenza.
E l’uomo sempre in giacca e cravatta o in maglioncino e camicia. E la sua presenza diventa onnipresenza, senza contraddittorio al femminile. E soprattutto, un uomo circondato da uomini.
Quando questa immagine riportata frequentemente e costantemente dai media influisce sulla società?
Un’analisi che rischia di essere solo pura filosofia ma in cui Pari o dispare insieme ad altre associazioni si è spinta ed è attiva. A cominciare dal Manifesto contro la pubblicità sessista e ad altre attività che mirano a riequilibrare la presenza dei genere nella società italiana.
Si è conclusa non molto tempo fa Miss Italia, alla sua esima edizione. Devo confessare di non averla guardata, forse non ho più l’età o forse non mi ha mai interessato. Eppure quando ero giovane, visto il fisico alto e longilineo c’era chi pronosticava: ‘’farà l’indossatrice’’. Invece no, ho scelto di lavorare e abbandonare parenti ed amici ed andare in giro per il mondo. E come me decenni fa ci sono molte ragazze giovani che lo stanno facendo o lo hanno fatto.
Il problema sorge quando proclamando la Miss di turno, bellina, affascinante e promettente, si dice: ha fatto il test d’ingresso a Medicina. Aggiungendo poi subito dopo (parole cronista tv) che difficilmente potrà coltivare gli studi, visto che gli impegni di miss Italia rendono impossibile una vita normale da studentessa. Infine, aggiunge il cronista, la novella miss aveva sempre proclamato di voler fare l’attrice.ed il fidanzato avrebbe dovuto adeguarsi a convivere con un’altra persona diversa da quella conosciuta.
Insomma il quadro è completo. Il quadro della società italiana rimasta indietro agli anni cinquanta.
La questo quadro non si ferma alle tre giornate di Miss Italia per cui questo sarebbe il minore dei mali, ma si allarga a tutta la società italiana dell’immagine, coinvolgendo anche il pensiero e la cultura.
Non molto tempo fa c’è stato il festival delle idee, dove su 54 oratori solo due erano done. Ma non tralasciamo nemmeno le trasmissioni televisive di intrattenimento (talkshow) in cui le apparizioni delle donne sono rare e spesso non in condizione di ‘’esperte’’ Eppure le donne studiano e le ricerche dimostrano, che hanno migliori risultati dei loro colleghi.
C’è sicuramente un intoppo tra la scuola, l’università ed il mondo del lavoro che le relega in posizione di comprimarie e mai di leader.
E la leadership a mancare alle donne o un sistema distorto che le vede solo come belle statuine e non come protagoniste? Eppure l’emancipazione dal ruolo femminile di eterna valletta è cominciato molto tempo fa con Sabina Ciuffini a ‘’Rischiatutto’’. Una valletta parlante. Ora le veline parlano, ma riportano la parola del ‘’maschio’’ perché si vedono con i suoi occhi, come afferma Daniela Brancati nel suo ‘’Occhi di maschio’’,
Quindi se da una parte è vero che le invitate donne alle trasmissioni di discussione politica e culturale sono poche, è anche vero che molte donne preferiscono sfoggiare l’abitino corto e scollato per far colpo sull’audience televisiva, piuttosto che apportare argomenti di valore contenutistico.
Quindi assisteremo ancora per molto a trasmissioni in cui la stragrande maggioranza maschile in giacca e possibilmente cravatta, parlerà anche per l’esigua minoranza femminile, in tacchi a spillo.
Quanto questa ‘’cultura’’ televisiva che quando è nato il tubo catodico in Italia era osannata come educativa cercava di alfabetizzare un popolo di analfabeti (il 50% degli italiani lo era a quei tempi) sia poi diventata dis-educativa ai nostri giorni, lo vediamo appena accendiamo la TV oppure.
Una cultura nata in tempi in cui tutta la società era modulata sui desideri maschili e veniva filtrata dai loro occhi a tal punto che nemmeno le donne spesso se ne accorgevano/accorgono, riperpetrando riti consumistici che le portano ad atteggiarsi a eterne comprimarie e veline.
Ho una figlia femmina, ormai maggiorenne (18 anni) e mi rendo conto parlando con lei che spesso alcuni argomenti per me off-limits come la pubblicità smutandata di una teenagers o la permanenza di temi aggressivi in tv viene quasi accettata dalla sua coscienza, come un panorama consueto.
L’aggressività inserita nei messaggi pubblicitari e ripetuta nei film e fiction perchè ritenuta ”di moda” e quindi innocua, spesso passa inavvertita sulle coscienze limpide dei giovani.
Ma che cultura è questa quella che porta ad omicidi ed atti di violenza sempre più frequenti verso il/la debole della catena umana? Una cultura dell’estinzione?