di Antonio Turi
Il 2012 ha visto il cinema francese puntare i riflettori su un fenomeno che oltralpe sta prendendo dimensioni considerevoli, quello delle studentesse che per mantenersi agli studi affiancano ai libri un part-time da escort. Non che il tema sia nuovissimo, se già Bunuel nel suo Bella di giorno aveva avvicinato tematiche simili, salvo che là c’era anche una dimensione erotica che almeno nei film di cui parliamo manca.
Non mi soffermerò sul valore del film, dico solo che per quello che mi riguarda è uno dei capolavori di quest’anno, ma qualche parola il fenomeno in sé le merita.
Paese papalino per eccellenza, in Italia nessuno ha mai provato a studiare se la pratica di pagarsi gli studi con il sesso stia prendendo piede anche qui. Ma certo in altri paesi europei questa cosa esiste e la dice lunga sul modo in cui le giovani donne concepiscono il sesso e, soprattutto, sul rapporto che con esso hanno.
Quarant’anni di liberazione femminile (e maschile) hanno portato le giovani donne ad avere con il sesso un rapporto certamente libero, ma anche molto strumentale. Da fare sesso per il proprio piacere a utilizzare il sesso per ottenere comodità il passo è stato breve.
Questa pratica, inoltre, ha potuto prendere piede perché a fronte di donne libere e padrone del proprio corpo ci sono sicuramente degli uomini persi e indecisi, ma ancor più incapaci di approfittare di un’epoca tutto sommato libera per non dover pagare quello che pagavano da generazioni.
Nella sua lucida analisi, fra l’altro, la regista ci ricorda che a rivolgersi a questa nuova categoria di studentesse lavoratrici non sono solo degli adulti irrisolti ma anche giovanissimi maschi che per posizione economica, età e aspetto non ne avrebbero bisogno.
Resta da capire una cosa: siamo di fronte a una replica di vecchi schemi sociali che vedevano la donna sottomessa e, in senso metaforico, schiava, o il fenomeno delle studentesse escort è invece una bella tappa del percorso di liberazione femminile?